La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo
L’Europa1, la sua unione economica, monetaria e politica, è ormai divenuta una realtà quotidiana per ognuno di noi, che ne è anche cittadino.
In questa sede mi vorrei occupare, in particolare, di un aspetto poco conosciuto, perché ritenuto a torto meno rilevante rispetto a quelli riguardanti, per esempio, l’integrazione commerciale, la libera circolazione di capitali, servizi e persone, o la creazione di una unità monetaria unica per i paesi membri.
Mi riferisco alla tutela Giuridica e Giurisdizionale2 dei Diritti Fondamentali dell’Uomo, tutela che oltre ad essere sancita dalla Carta delle Nazioni Unite3 e dalle singole Costituzioni e leggi di quasi tutti i Paesi del Mondo, è anche assicurata da specifiche norme ed istituzioni a livello europeo.
Tale contributo si è realizzato soprattutto nell’ambito di due organizzazioni: la Comunità Europea4 e, in misura più marcata, il Consiglio d’Europa. Quest’ultimo, soprattutto, è stato la prima organizzazione internazionale a livello europeo, che è stata creata con finalità di ordine generale (essa è, dunque, totalmente autonoma rispetto alle Comunità Europee).
Nell’intenzione dei promotori la sua istituzione (avvenuta il 5 maggio 1949), doveva portare all’affermazione del nuovo spirito di democrazia, che si voleva instaurare in Europa dopo le tragiche vicende della Guerra.
Per “diritti dell’uomo” s’intendono, innanzitutto, quei diritti connessi alla natura stessa della persona umana; essi rinviano al concetto di “Identità Universale dell’Uomo” secondo cui la persona umana ha gli stessi attributi ed aspira alle stesse libertà, quali che siano “la razza, l’etnia, il sesso, le opinioni, la nazionalità5“.
Ciascuno degli Stati membri del Consiglio d’Europa6 ha dunque voluto porre la tutela di tali diritti sotto l’egida di una istanza internazionale che unisse gli Stati Europei anche nel raggiungere questo scopo.
La “Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali” (C.E.D.U.) è stata firmata a Roma il 4 novembre 1950, ed è entrata in vigore nel 1953, dopo la sua ratifica da parte del decimo Paese europeo membro del C.d’E.
Nella prima parte della Convenzione (art.1/18) sono enunciati i diritti fondamentali che ogni stato contraente si impegna ad assicurare a “tutte le persone sottoposte alla sua giurisdizione7“: diritto alla vita, alla libertà personale, e di pensiero, alla libertà di riunione, al divieto di tortura, diritto a subire un regolare ed equo processo svolto in tempi ragionevoli, etc. etc.8
La seconda parte invece (art.19/66), è di carattere procedurale in quanto prevede l’istituzione di due organi- la Commissione e la Corte Europea dei Diritti Umani, e la predisposizione di meccanismi di controllo.
La Commissione9 (che ha sede a Strasburgo) è un organo indipendente dagli Stati. I membri siedono, per tanto a titolo personale, e non rappresentano gli interessi dei Governi di appartenenza.
Esso è l’organo deputato al primo esame dei Ricorsi in caso di violazione della Convenzione ad opera di uno Stato che l’abbia ratificata.
Il ricorso, ed è questa la particolarità più unica che rara (nell’ambito delle Convenzioni e Trattati internazionali), può essere prodotto, oltre che da un altro stato Contraente (art.24 CEDU) che “accusa” di violazione un’altra nazione, anche da una singola persona fisica, o gruppo di individui (art.25 CEDU), ancorché tale ricorso sia subordinato ad una dichiarazione espressa dello Stato “convenuto” in giudizio, di accettazione della giurisdizione dell’organo internazionale.
Quindi, quando siano stati esauriti da parte del singolo cittadino i mezzi di ricorso interni (Appello e Giudizio di Cassazione nell’ordinamento italiano), se la controversia che lo vede come parte, integra una violazione della Convenzione, egli può direttamente ricorrere alla giustizia sovranazionale europea.
Questo è un esempio piuttosto sconosciuto alla generalità della opinione pubblica, in cui le istituzioni internazionali non rimangono ad un livello superiore ed irraggiungibile dai singoli, ma si avvicinano alla realtà quotidiana.
Gli individui, infatti, secondo la migliore e più consolidata dottrina internazionalistica, non possono essere soggetti di Diritto Internazionale10.
La Commissione (composta da giuristi di provata qualità e attitudini) svolge una prima valutazione di ordine giuridico sulla ricevibilità del ricorso e si mette a disposizione delle Parti (che possono anche essere un cittadino contro il proprio Stato Nazionale) al fine di pervenire ad una conciliazione.
In ogni caso la Commissione redige un rapporto e lo trasmette al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa11.
A questo punto, se non vi è stata Conciliazione, ed entro il termine di tre mesi, il caso non è deferito alla Corte, il Comitato adotterà una decisione (vincolante) a maggioranza dei due terzi12, sulla questione di sapere se vi è stata o meno una violazione della Convenzione. Solo, dunque, gli Stati membri del C.d’E. e la Commissione hanno la facoltà di adire la Corte Europea dei Diritti Umani13.
La competenza della Corte si estende a tutti i casi concernenti l’interpretazione e l’applicazione della Convenzione (art.45 CEDU). Se infatti la Corte dichiara che una decisione o una misura presa da una Autorità Giudiziaria o da ogni altra autorità di uno Stato membro, contrasta in tutto o in parte con le norme della Convenzione, emetterà una sentenza “vincolante” che potrà prevedere un’equa soddisfazione14 alla parte lesa (art.50 CEDU).
La vincolatività della Sentenza della Corte per gli Stati è sancita dall’art.54 della CEDU che dispone: “la sentenza… è trasmessa al Comitato dei Ministri, che ne sorveglia l’esecuzione.”
Per concludere vorrei richiamare l’attenzione su di un ulteriore aspetto15 che rende la Convenzione uno strumento legislativo di livello internazionale, capace di modificare la vita organizzata dello Stato, dei cittadini comuni.
Mi riferisco al disposto dell’art.57 della CEDU che impone agli Stati membri di procedere ad un progressivo adattamento dei propri ordinamentio interni alle disposizioni della Convenzione, al fine di assicurare l’effettivo godimento di quei diritti che,essendo stati riconosciuti dalla maggioranza degli Stati Europei, costituiscono un patrimonio generalmente acquisito dalle Nazioni Civili.
Alberto Monari
[1] La più piccola parte del mondo (Australia esclusa), che prese il nome da una eroina della mitologia greca. Figlia di Agenore, fu rapita per la sua bellezza da Zeus, che si trasformò in toro per avvicinarla.
[2] Cioè assicurata da organi composti da Magistrati, idonei ad emettere provvedimenti decisori vincolanti, sulla base di norme giuridiche poste dall’ordinamento giuridico (positivo).
[3] Sottoscritta principalmente dai Paesi vincitori del secondo conflitto mondiale, il 26 giugno 1945, a San Francisco (USA), e in seguito da quesi tutti gli altri Paesi del Mondo. L’art.1 della Carta ONU dispone che, fra i fini dell’Ente, vi è quello di promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell’Uomo.
[4] Le Comunità europee sono tre: la C.E.C.A. (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) istituita a Parigi nel 1951, la C.E.E. (Comunità Economica Europea) ora denominata Comunità Europea o Unione Europea in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Maastricht (1/11/1993), l’EURATOM (Comunità Europea dell’Energia Atomica-C.E.E.A.) istituite entrambe a Roma nel 1957.
[5] Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, New York 10/12/1948, risoluzione ONU n.217 IIIa.
[6] Nel 1993, oltre ai 12 membri dell’U.E., facevano parte del C.d’E.: Austria, Cecoslovacchia, Cipro, Finlandia, Islanda, Liechtenstein, Malta, Norvegia, San Marino, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria, Polonia, Estonia, Lettonia e Slovenia.
[7] Potestà pubblica ed autonoma, di dare applicazione concreta alle norme dell’ordinamento giuridico, attribuita al potere giudiziario.
[8] Fonte: Michele De Salvia (segretario aggiunto della Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo-Strasburgo Francia) “Lineamenti di diritto europeo dei diritti dell’Uomo” PROXIMA SCIENTIFIC PRESS. Trieste 1993, pp. 303/309.
[9] Fonte: Benedetto Conforti “Diritto Internazionale” VI ed. Editrice Scientifica Napoli, 1992, pp.170 ss.
[10] La “Soggettività Giuridica” è l’astratta attitudine di un ente a divenire titolare di diritti ed obblighi previsti dalle norme dell’ordinamento giuridico internazionale. Ancor oggi, per tradizione storica, si suole attribuire la qualifica di soggetti di Diritto Internazionale (solo) agli Stati ed Organizzazioni Internazionali. Più controverso appare il tentativo di includervi le Persone Fisiche, anche se l’evoluzione del Diritto Internazionale contemporaneo va nella direzione di attribuire sempre più importanza e protezione ai singoli.
[11] La struttura del C.d’E. comprende tre organi Istituzionali:
-Comitato dei Ministri, composto dai Ministri degli Esteri dei Paesi Membri
-Assemblea Consultiva, composta dai rappresentanti dei Parlamenti dei Membri
-Segretariato, con a capo un Segretario Generale
[12] C.D. (così detta) “qualificata” (art.32 CEDU)
[13] Composta di 29 giudici (uno per ogni Paese Membro del C.d’E.) nominati per 9 anni dall’Assemblea Consultiva (art.38/39/40 CEDU)
[14] Risarcimento del “danno patrimoniale” e del “danno morale”, l’uno soggetto a valutazione economica, l’altro stabilito con equità dal Giudice.
[15] Fonte: “Rivista Internazionale dei Diritti dell’Uomo”, Università Cattolica Milano, Anno VI, n.3-1993