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Revolutionary Road

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Revolutionary Road è, prima di ogni altra cosa, uno di quei romanzi che rimangono impressi a fuoco nella mente e nella memoria. Un vero e proprio atto di accusa, scritto in maniera esemplare da Richard Yates, contro il conformismo della middle-class americana degli anni cinquanta e soprattutto contro il nucleo familiare, che diventa una gabbia di ipocrisie e fallimenti in cui le persone si rinchiudono senza neanche accorgersene. Lo scrittore americano analizza con incredibile lucidità i meccanismi psicologici di una coppia di trentenni, sposati, con due figli, che attraverso una serie di avvenimenti vedono crollare le loro piccole certezze borghesi per la dolorosa consapevolezza del vuoto (emotivo e umano) nel quale sono costretti a vivere. Yates disintegra con estrema calma l’esistenza di Frank e April Wheeler, lasciando che siano i piccoli fatti, gli atteggiamenti quotidiani, le frequenti menzogne a erodere il rapporto tra i due, fino ad una tragica conclusione che, come un crudele epitaffio, sotterra una volta per tutte l’idea della coppia e del matrimonio come base fondante della società. Essenziali nella struttura del romanzo sono tutti i personaggi che gravitano intorno alla famiglia Wheeler. I Campbell che sono allo stesso tempo specchio e metro di giudizio per i Wheeler, che vedono in questa coppia tutto quello che non vorrebbero mai essere ma anche quello che stanno diventando. Con i Campbell si consumano i rituali delle amicizie borghesi. Le chiacchiere sul divano, gli aperitivi e i cocktail (nel romanzo l’uso di alcol raggiunge livelli inquietanti), i pettegolezzi.
I coniugi Givings, più vecchi dei Wheeler, rappresentano invece una porta aperta sul futuro, su una vita ormai assuefatta al conformismo, in cui dei sogni, delle illusioni, dell’amore e della passione della giovinezza non rimane più nulla. Per colmare il vuoto in cui si muove la signora Givings parla in continuazione e il marito, nel momento in cui si stanca di sentirla, abbassa il volume del proprio apparecchio acustico e cade in uno splendido isolamento sonoro, simbolo definitivo della morte di qualsiasi comunicazione. John Givings è il loro figlio, ha la stessa età dei Wheeler e ha subito un grave esaurimento nervoso. Yates utilizza questo personaggio come unica voce capace di dire in faccia a tutti la verità, è infatti tramite le sue parole che i Wheeler vengono messi davanti a quello che realmente sono ed è tramite le sue parole che i loro tentativi di scappare dalla vita in cui sono rimasti intrappolati crollano miseramente.
A distanza di quasi cinquanta anni, il libro è del ’61, la potenza narrativa e di analisi della società e dei rapporti umani di questo libro è ancora intatta. Presente nel nostro mondo è lo stesso vuoto esistenziale, la stessa ipocrisia, lo stesso conformismo. I Wheeler inventano vari modi per riappropriarsi della loro esistenza (il trasferimento a Parigi, il tradimento, le lunghissime discussioni), ma tutto risulterà inutile e sarà poi una inaspettata gravidanza (che avrebbe ancor di più dovuto unire la coppia) a far crollare definitivamente quel che restava del loro rapporto.
Sam Mendes sceglie di dirigere il film in maniera classica, prestando molta attenzione agli ambienti (gli interni delle case e gli spazi semiurbani della provincia americana) e ai volti degli attori, dove il campo e il controcampo, nelle scene di dialogo, trovano una loro rinnovata forza espressiva. Indispensabile era la presenza di un’alchimia tra gli attori che avrebbero interpretato i Wheeler e la scelta di Di Caprio e della Winslet sembra più che mai indovinata. I due riescono a trasportare sulla superficie dei loro volti e dei loro copri le sofferenza interiore che entrambi i personaggi provano e che nel libro è abilmente descritta dalla voce disincantata di Yates. Il passaggio difficile, quello dalla narrazione verbale a quella visiva, è compiuto da Mendes con estrema naturalezza e anche se la sceneggiatura elimina alcune parti del libro, le svolte cruciali dello sviluppo della trama sono tutte toccate e il crescendo tragico della storia rimane inalterato.
Revolutionary Road è un’opera indispensabile per capire la nascita della società dei consumi e come essa ha trasformato le persone che vi hanno aderito e creduto. Un intero modo di vivere viene ridicolizzato da Yates e allo stesso tempo annichilito, completamente distrutto. Tra le macerie di esistenze intrappolate nel conformismo l’unico modo per uscirne sembra essere la morte, la pazzia o la resa. Come quella del marito della signora Givings, che abbassa ancora una volta a zero il volume dell’apparecchio acustico, per non ascoltare la moglie, per non dovere sentire ancora una volta la voce di chi ha fatto della propria ipocrisia uno stile di vita.

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