Pensavo fosse più facile, ma mi sbagliavo. Scrivere una recensione su un libro di Maurizio Cometto è diventata un’impresa ardua. Me ne ero già accorto nelle passate occasioni, sia con Il costruttore di biciclette che con Lo scaricamento della bara, e torno ora ad affrontare lo stesso problema con la nuova edizione de L’incrinarsi di una persistenza.
Perché? Perché il libro, come pure i precedenti, merita davvero una lettura, è frutto di una scrittura precisa e quasi ingegneristica, scorre e appassiona, tiene con il fiato sospeso in attesa che i fili della trama trovino compimento in un’invenzione letteraria che, immancabilmente, arriva a stupirci. E quindi rientra a pieno tra i titoli da promuovere e da mettere di corsa a scaffale.
E allora dove sta la difficoltà? La difficoltà è tutta mia e non c’entra né con il libro né con l’autore. È mia perché mi rendo conto di non essere un recensore super partes. Ho perso autonomia e capacità critica dopo aver letto Il costruttore di biciclette. Da quel momento sono affetto della malattia che colpisce tutti i lettori seriali: il mio subconscio ha deciso che qualunque cosa scriva Cometto mi debba piacere, soprattutto quando le pubblicazioni, come in questo caso, sono davvero di qualità. Ma per fortuna, tanto per recuperare un po’ in fatto di credibilità, non sono l’unico a pensarla così.
“Se mi chiedessero, a bruciapelo, qual è l’autore italiano di narrativa fantastica che preferisco, risponderei: Maurizio Cometto”. L’ha affermato Valerio Evangelisti, come ricordano le parole vergate sulla copertina dell’edizione riveduta e ampliata de L’incrinarsi di una persistenza pubblicata dalle Edizioni Il Foglio nella collana “Fantastico e altri orrori”.
Cometto considera la riedizione de L’incrinarsi come un libro in divenire, una sorta di creatura che muta e cambia con lui e che è frutto di revisioni e ripensamenti. Credo che sia proprio per questo continuo confronto con il testo che nelle sue pagine si possa trovare il vero e proprio “distillato” dell’autore piemontese, a partire da quella personalissima visione del fantastico che si accompagna a qualcosa di pienamente normale e quasi banale, ma che muta improvvisamente di direzione e si svela per quel che è: tanto incredibile da risultare assolutamente credibile.
Lo si capisce sin dall’inizio, con quella Maglia a pois che trova il suo apice proprio nell’ultima riga del testo, o più avanti con La stanza dei filtri e La città. Molto è cambiato rispetto alla prima edizione del libro: un numero maggiore di racconti (dagli otto originali agli attuali tredici), modifiche ragionate e a lungo soppesate anche grazie ai consigli del curatore Vincenzo Spasaro, alcuni inediti come l’ottimo Sepolto in terra straniera o lo psicanalitico L’orizzonte degli eventi.
Ma non per questo L’incrinarsi deve essere considerato un libro onnivoro. Esso non contiene, infatti, tutte le opere brevi pubblicate da Cometto nel corso degli anni. Molte hanno trovato posto mentre altre, forse la maggioranza, sono state lasciate fuori. Così non incontreremo tutti i testi apparsi sulla rivista Inchiostro (sopravvivono solo il già citato Maglia a pois e Insonnia) come nemmeno i racconti lunghi pubblicati dagli editori Chimera prima e Magnetica poi (Lo scaricamento della bara è stato preferito a Il distributore di volantini).
Ed è proprio concentrandosi non tanto su ciò che ha superato il vaglio dell’autore ed è confluito ne L’incrinarsi, ma su quei tasselli che mancano all’appello, che si comprende il senso del lavoro celato dietro alle pagine di questo libro: una ricerca e un’analisi autocritica che, dopo quattro anni di stagionatura, mette nelle mani del lettore il meglio della produzione di Cometto. Perché non approfittarne?
Maurizio Cometto – L’incrinarsi di una persistenza (e altri racconti fantastici)
Edizioni Il Foglio – 2008 – ISBN 978-88-88515-88-5
Pag. 223 – Prezzo di copertina € 15,00