Una trama narrativa articola e complessa, “popolata” da una miriade di personaggi, caratterizza questo libro che si inserisce, a pieno titolo, nella tradizione letteraria siciliana. La scrittrice tratteggia egregiamente svariati personaggi della famiglia Rubbeni, ricchi possidenti siciliani per i quali l’ozio è una virtù in quanto consente di leggere libri, ascoltare musica, frequentare buoni amici, al contrario del lavoro definito dagli stessi faticoso. Nel libro, le cui vicende si snodano dall’ottocento al novecento, si alternano, egregiamente, vicende personali e collettive. Ai litigi, spesso aspri, dei ricchi possidenti, la Bruno alterna l’emigrazione in Germania delle povere famiglie intente a rifarsi una vita decorosa, sottraendosi alla più totale miseria, anche se non si tratta di un libro di impronta marxista, o non solo, perché alla scrittrice interessa evidenziare i contrasti umani, le passioni dei personaggi, le lotte cruente per la proprietà, lotte che porteranno al declino economico e morale gli agiati possidenti. Non manca, ed era inevitabile in un’opera complessa come questo libro, il contesto socio-politico che fa da sfondo alle vicende personali. I Rubbeni temono la riforma agraria, il Papa povero Giovanni XXIII, identificando il mutamento della storia collettiva come segnali del proprio destino personale. La famiglia sarà decimata non solo dai fallimenti economici, dalle dipartite di diversi suoi componenti e dal corso inevitabile della Storia, che finisce per prevalere sulle storie individuali dei Rubbeni. La scrittrice si avvale di un plot narrativo robusto, la narrazione scorre fluida anche se, a causa dei numerosi personaggi, stenta, ogni tanto, il passo narrativo. Diverse le figure caratterizzate nel libro: la nonna Costanza, “che generò donna Martina e Donna Martina che partorì una dovizia di figlie”, lo zio Angelino, suicida dopo aver dilapidato un patrimonio al tavolo da gioco e con ballerine, gli zii Santo e Santina che finiscono in miseria spendendo ingenti cifre per sostenere il referendum sulla monarchia. Su tutte, oltre quella della nonna Costanza che “per tutta la sua vita aspettò che la cicas sotto l’olmo diventasse una grande palma”, quella dello zio Ugo, fatalista, colto, ironico, scapolo, l’ultimo dei “Gattopardi”. Il libro presenta pagine di autentica poesia come quando la scrittrice descrive l’olmo della casina, pianta che, desiderata da nonna Costanza nell’incipit del libro, attraversa tutte le vicende descritte e, in senso lato, tutta la storia. Il suo abbattimento, ad opera di ignoti, rappresenta la metafora della fine di un’epoca, tanto da indurre i contadini, a salutare i rampolli della famiglia rivolgendo loro la frase: “Ciao Rubbeni, adesso siamo tutti uguali”.
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