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Italiani, brava gente? – Angelo Del Boca

4 min read
Un culto duro a morire
Neri Pozza Editore
Storia
Pagg. 320
ISBN 9788854500136
Prezzo € 16,00
 
 
Autoassoluzione
 
 
Nei ricordi dei pochi vecchi che sono rimasti in vita e che hanno conosciuto il fascismo riaffiora ogni tanto una frase, allorchè si parla dei crimini nazisti: noi italiani eravamo diversi, tanto che nei paesi occupati dicevano sempre “Italiani, brava gente”. E per quanto sembri strano, si è creato un culto di questa frase, tanto che a volte riaffiora, soprattutto quando si vuole distinguere il nostro comportamento, in certe circostanze, da quello tenuto da altri popoli.
La domanda che mi pongo e che si è posta anche lo storico Angelo del Boca è se questo modo di dire risponda a verità. Ne è uscito un libro, ricco di fonti, da cui sembrerebbe che quell’italiani brava gente sia un modo per autoassolversi, poiché, sia in guerra che in pace, non solo non siamo stati esenti da critiche, ma addirittura sovente i nostri comportamenti sono risultati devastanti, in questo in verità in linea con quelli di altre nazioni, fatta eccezione per i tedeschi, che in materia di violenza e brutalità sono su un piano decisamente superiore.
L’analisi storica di Del Boca è relativa a un secolo e mezzo, dalla lotta al brigantaggio, compiuta con metodi brutali alla conclusione della seconda guerra mondiale, con una proiezione più ridotta fino a quasi i giorni nostri.
C’é semplicemente da inorridire, perché non poche volte le nostre azioni politiche e militari si sono tradotte in un genocidio, come accaduto per la rivolta dei libici appena conquistati, per la guerra d’Etiopia e per la nostra occupazione dei Balcani nel corso della seconda guerra mondiale,. Ma questi comportamenti scellerati non hanno colpito solo altre popolazioni, ma anche degli italiani, come appunto nella guerra al brigantaggio, e con l’ordine, impartito da Cadorna e dal Presidente del Consiglio, e avallato dal re, di non far giungere pacchi viveri ai nostri soldati prigionieri degli austriaci, così che molti morirono di stenti. C’è spesso una cattiveria nei nostri capi che mi è incomprensibile, cattiveria che raggiunge le vette più alte durante il fascismo, con il trio Mussolini, Badoglio e Graziani che avrebbe fatto la gioia di Belzebù.
Tutti e tre si credevano dei geni, ma erano meno di niente, così che anche vincere la guerra d’Etiopia, il cui esercito era poco armato, diventò un problema a cui si sopperì con il ricorso ai gas asfissianti e con il terrore che colpiva soprattutto la popolazione. Non sto a raccontare quel che accadde quando ad Addis Abeba Graziani fu oggetto da un attentato, da cui uscì ferito, con orde di italiani, militati e civili, che diedero la caccia ai neri per tre giorni, facendo scempio dei cittadini etiopici, e che successivamente investì tutti i notabili e i monaci, oggetto di esecuzioni di massa e sommarie. Nel Balcani non andò diversamente e, soprattutto in Slovenia, il paese fu messo a ferro e fuoco, con il chiaro intento di eliminare quelle genti. Il generale Roatta, responsabile militare, un uomo viscido come un’anguilla e crudele come uno sciacallo, si lagnava ogni giorno che il numero dei fucilati era troppo basso e che pertanto non si doveva andare molto per il sottile, bastando il sospetto, non la prova.
Quel che è peggio, però, è che a guerra finita sia Graziani che Roatta, benchè da più nazioni si reclamasse la loro estradizione come criminali di guerra, furono protetti, e non mi si dica che questo trattamento di riguardo dipendeva dall’avvio della guerra fredda e che agli americani risultavano graditi due simili personaggi in quanto anticomunisti, perché nel loro caso non è vero. Li protessero, infatti, la Democrazia Cristiana, il Vaticano e indirettamente perfino Togliatti con la famosa amnistia. Graziani e Roatta potevano così certamente dire, per il trattamento ricevuto: Italiani, brava gente.
Dunque, questo motto è quasi sempre stato usato a proposito e Del Boca conclude, trovandomi d’accordo, che se si deve parlare di italiani come brava gente questo deve riguardare l’esercito del volontariato che, disinteressatamente, ogni giorno presta la sua assistenza a chi ne ha bisogno.
Ne raccomando, pertanto, vivamente la lettura.
 
Angelo del Boca (Novara 1925), saggista e storico del colonialismo italiano, ha insegnato storia contemporanea all’università di Torino. È stato insignito di tre lauree honoris causa dalle università di Torino (2000), Lucerna (2002) e Addis Abeba (2014). Tra le sue numerose e importanti opere ricordiamo: L’altra Spagna (1961), I figli del sole (1965), Giornali in crisi (1968), I gas di Mussolini. Il fascismo e la guerra d’Etiopia (1996), Il mio Novecento (2008), La guerra d’Etiopia. L’ultima impresa del colonialismo (2010), Da Mussolini a Gheddafi: quaranta incontri (2012).

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