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Villaggio Maori Edizioni

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Villaggio Maori Edizioni

email: redazione@villaggiomaoriedizioni.it

sito internet: www.villaggiomaoriedizioni.it

 

“La Villaggio Maori Edizioni è una piccola casa editrice nata per pubblicare soltanto autori emergenti, senza chiedere loro alcun contributo economico. Le nostre edizioni costano soltanto un euro, sono tascabili di una trentina di pagine e vengono distribuite a Catania, Siracusa e Roma. Siamo attivi da poco più di un anno, alla continua ricerca di buoni, sconosciuti autori di racconti.”

Quali sono al momento i Vostri punti di forza?

Il basso costo delle edizioni, un mercato di settore ma sufficiente alle nostre esigenze, molta passione e onestà.

I Vostri consigli a un autore esordiente?

Sicuramente evitare gli editori a pagamento.

Nel contratto di edizione l’autore mette già parecchi mesi di lavoro e fatica: spetta all’editore mettere i soldi.

Oltretutto queste pubblicazioni non vengono quasi mai distribuite e ancora più difficilmente vengono pubblicizzate.

Un esordiente come deve presentarVi un manoscritto?

Noi pubblichiamo soltanto racconti: le dimensioni dei testi sono sul nostro sito (www.villaggiomaoriedizioni.it).

Basta mandare il testo per posta elettronica o “cartacea”.

Purtroppo non possiamo rispondere a tutti, e se dopo sei mesi non c’è stato nessun contatto, probabilmente il lavoro non è stato accettato.

Vi sentite di indicare qualcosa di particolare a un emergente circa la revisione dei suoi testi?

Quasi sempre meglio togliere che mettere.

Rendere i periodi più agili, eliminare le scene non funzionali al racconto.

Scrivere un testo in “Formato Maori” è anche un buon esercizio stilistico: c’è giusto lo spazio per tutti gli elementi utili, e bisogna rinunciare agli altri.

Aiuta a fare una distinzione.

Quando è il momento per un autore esordiente di spedire la sua opera agli editori?

Appena sente d’aver scritto qualcosa di maturo.

Semplicemente.

Ritenete che sia fondata l’utilità dei corsi di scrittura?

Possono essere utili, ma il mestiere s’impara sopratutto leggendo tantissimi classici e scrivendo in continuazione.

Scrivere, ovviamente, badando a quel che si fa: la scrittura istintiva e incontrollata raramente è bella e quasi mai utile da un punto di vista “didattico”.

 

Cosa consigliereste di leggere a un autore esordiente per migliorare la sua formazione?

Classici.

I russi ed i francesi dell’ottocento, i romanzieri siciliani del novecento (da Verga a Brancati almeno…), i sudamericani per quanto riguarda i nostri giorni.

Domanda cruciale: Scrittori si nasce o si diventa? In breve quanto conta il talento di base rispetto a quanto si può eventualmente acquisire in seguito a livello di tecnica?

La passione ti porta a non smettere l’esercizio.

L’esercizio ti insegna a scrivere.

Chi ha talento utilizza gli strumenti stilistici in modo innovativo rispetto agli altri, chi non ne ha può diventare un ottimo mestierante (che non è affatto male).

Autori continui, regolari, costanti, che scrivono con regolarità e che si suppone possano crescere fino a raggiungere un alto livello di professionalità e di bravura. Potrebbe essere questo l’identikit del Vostro autore ideale?

Ci interessano autori sconosciuti, magari acerbi, ma che abbiano intenzione di lavorare sulla loro scrittura racconto dopo racconto, perfezionandosi, acquisendo uno stile sempre più delineato, sviluppando le proprie tematiche.

E quando ne incontrate uno da cosa siete in grado di riconoscerlo? E soprattutto siete veramente certi di essere in grado di riconoscerlo?

Non siamo assolutamente certi di riconoscerlo.

Se sbagliamo troppe volte, probabilmente falliremo: tutto qui.

Eppure nonostante tutto sugli scaffali delle librerie ancora si continuano a vendere solo e soltanto i bestsellers di autori affermati, questa tendenza non si prevede invertibile,  o forse qualcosa sta cambiando?

Non vedo grossi cambiamenti.

Forse in peggio.

Il Villaggio sta tentando di creare un mercato di settore, composto da lettori curiosi ed interessati ad autori nuovi e completamente liberi dal punto di vista creativo.

Se un nostro autore vende tre copie, bene comunque: i nostri costi sono bassi e possiamo permettercelo.

 

Ultimamente quali sono gli autori esordienti sui quali avete deciso di investire particolarmente?

Sta per uscire la prima raccolta di poesie del Villaggio: “Quando farò a meno dei tacchi”, di Roberta Baldaro; ed il primo fumetto, “Antonio Miller Self Made Serial Killer”, di Ignazio Mistretta.

Questi nomi non vi dicono niente, ovviamente.

E per questo ci interessano.

Quali sono le modalità per inviare un manoscritto alla Vostra casa editrice?

E’ tutto indicato sul sito del Villaggio.

Spesso gli editori parlano degli autori esordienti come di un “male necessario”, possiamo capire che alcuni autori possano essere particolarmente invadenti, o permalosi in caso di un rifiuto, ma continuiamo a pensare che gli autori esordienti, bravi o meno bravi, siano fondamentali per lo sviluppo dell’editoria, e che le case editrici dovrebbero forse costruire una specie di ponte virtuale per aiutarli ad attraversare il vasto mare agitato della tentata pubblicazione. Voi a tale proposito come la pensate?

Siamo nati per pubblicare esordienti.

Molti redattori sono a loro volta autori esordienti.

Il Villaggio serve a questo.

La Vostra posizione sul fenomeno oramai tanto diffuso della Pubblicazione con Contributo o a Pagamento?

La ritengo sinceramente incomprensibile.

Se un libro si vende,è interesse dell’editore investirvi dei soldi, e poi distribuirlo.

Se non si vende, stamparlo e tenerlo in magazzino non ha senso.

Di solito gli autori pagano le spese di stampa, il libro viene prodotto, inscatolato, lasciato a marcire.

Se si vuole qualche copia da regalare agli amici, tanto vale passare in tipografia…

Noi pubblichiamo tascabili a basso costo perché il mercato non accetterebbe di pagare più di un euro per leggere un esordiente: bisogna prenderne atto, e fare l’editoria che la cultura italiana ci permette di fare al momento.

Almeno con i nostri mezzi attuali.

Altre soluzioni ci sembrano disoneste, e quindi inaccettabili.

Una volta deciso di investire su un particolare autore, quali sono i meccanismi di promozione che adottate per incentivare l’iniziativa?

La nostra distribuzione è locale, e quindi presentazioni, reading, volantinaggi, recensioni.

Capita invece che qualche nuovo autore, dopo la prima opera, Vi proponga un nuovo lavoro per la pubblicazione, e che Voi vi troviate a rifiutarlo a causa dei risultati non soddisfacenti di vendita finora ottenuti? Vi trovate a volta a dover dire di no a un Vostro pupillo?

Mai.

I nostri costi ci permettono di rischiare.

Parliamo di percentuali, su centinaia di manoscritti inviati a una casa editrice quanti sono ragionevolmente proponibili e quanti di quelli accettabili giungono poi alla pubblicazione? Insomma su che numeri viaggia la selezione di un nuovo autore? I nostri lettori sospettano che la probabilità di riuscire sia paragonabile alla vincita dell’Enalotto, è davvero così?

Per chi scrive in un certo modo, la probabilità è vicina alla certezza.

Almeno per noi.

Molto del materiale che ci arriva è francamente illeggibile, e per loro direi che la probabilità è minore di quella di una vincita all’Enalotto.

Se troviamo un autore bravo, e siamo abbastanza svegli da rendercene conto, lo pubblichiamo.

Non dovreste essere Voi a cercare gli autori, e non essere viceversa sottoposti da questi ultimi a un costante ed asfissiante corteggiamento?

Siamo noi, che asfissiamo gli autori…

Come fa un autore a sapere che sorte ha avuto il suo manoscritto inviato in lettura presso di Voi?

Dopo sei mesi di silenzio, a meno di ripescaggi, non è andata.

Meglio mandare il prossimo racconto, magari è più vicino ai nostri gusti.

La politica editoriale non è mai incentrata su un solo libro, ma è rivolta generalmente alle potenzialità dello scrittore, ma come si può con un esame frettoloso di poche pagine di ogni manoscritto individuare non solo il valore letterario di un’opera ma anche le capacità di sviluppo di chi scrive e che potrebbe diventare un buon autore?

Come dicevo prima: noi ci proviamo.

Se sbagliamo troppe volte, prima o poi chiuderemo i battenti.

Il sodalizio tra autore ed editore quanto è importante nei rapporti futuri lavorativi e professionali? Insomma credete che sentirsi coperto alle spalle da una casa editrice che lo sostiene o lo incoraggia possa aiutare un autore nella sua attività di scrittore, lasciandolo libero da pressioni e da incertezze?

Certamente.

I nostri esordienti sanno di poter pubblicare il prossimo racconto.

Quindi lo curano con più attenzione, iniziano a chiedersi qual è il messaggio più generale che vogliono trasmettere con la propria opera.

Fanno cultura, insomma.

Come mai le presentazioni degli autori in libreria vanno spesso pressappoco quasi deserte? La gente ha paura di aggregarsi, di farsi coinvolgere, di rapportarsi personalmente con un autore, famoso o meno che sia?

La gente, il più delle volte, non è molto interessata alla letteratura.

Almeno in Italia.

Credo che questa sia una buona spiegazione.

Come spiegate il grande successo editoriale delle opere allegate in vendita in edicola con quotidiani e periodici settimanali? Forse la gente ha paura di entrare in una libreria?

Costano poco, sono classici, spesso sono belli da vedere.

Non so, poi, quanti di quelli acquistati vengano letti e quanti finiscano a fare arredamento…

Parlando delle basse medie di lettura del nostro paese, si assiste invece a un forte incremento degli aspiranti scrittori, forse perché è più facile essere un abile scrittore che un buon lettore?

Scrivere è facile: lo si impara alle elementari.

Farlo ti rilassa, e spesso gratifica l’idea che altri leggano.

Purtroppo, se non si legge il triplo di quel che si scrive, di solito si scrivono idiozie.

Diceva Oscar Wilde che non esistono libri “buoni” e libri “cattivi” ma molto più semplicemente libri scritti “male” o scritti “bene”. Fondamentalmente è una grande verità, ma ancora assistiamo al fenomeno, francamente preoccupante per il nostro panorama letterario, di assoluti sconosciuti scrittori “famosi” in qualche altro campo che si cimentano con la scrittura.  Al di là degli indiscussi ritorni economici dovuti a una sensazionale campagna promozionale, come si può ragionevolmente ritenere che comici, attori, calciatori, cantanti e uomini politici si possano cimentare validamente con la scrittura? E’ come se un meccanico decidesse di emulare Rembrandt, tanto per fare un esempio, senza mai essersi cimentato prima con un’analoga esperienza artistica.

E’ gente che non legge, e quindi non sa scrivere.

Come dicevo prima, di solito per questi autori è più probabile vincere all’Enalotto che pubblicare qualcosa.

A meno che non siano famosi.

In quel caso, è un guaio.

L’ultimo rapporto italiano sulla lettura dipinge il nostro paese come un grosso animale indolente e pigro, da che cosa deriva secondo Voi questo fenomeno? Colpa delle scuole, della cultura, dell’educazione, della mancanza delle istituzioni o delle strutture che non riescono a sostenere come dovrebbero e a incrementare la lettura nell’età scolare?

A scuola si insegna a odiare la letteratura: non c’è alcun aspetto ludico nei “Promessi Sposi” vivisezionati e fatti ingoiare a forza.

Eppure se quel romanzo è arrivato fino a noi, l’unica spiegazione è che era bello da leggere.

Se si leva il piacere alla lettura, perché un ragazzo dovrebbe aprire un libro?

Così, semplicemente, non lo fa.

Poi, odiando la lettura, la farà odiare anche al figlio.

La famiglia può creare lettori appassionati, ma soltanto a patto che i primi ad amare la letteratura con sincerità siano i genitori.

Allora si può rimediare ai danni della scuola.

 

Sabina Marchesi

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