Storia del registaAntonio Marchi
prefazione diAdriano Aprà
nota critica diPaolo Simoni
con un ricordo diBernardo Bertolucci
con dvd, Kurumuny(Lecce, 2010)
pag. 155, euro16.00
Dal Salento per la memoria del registaAntonio Marchi. Non memoria in senso mortuario. Non è di ricordo in sensofunebre, che Mirko Grasso prova a parlare. Ma il volume di Grasso, “Cinemaprimo amore” è davvero uno studio con il quale si vuole cominciare a donare auna personalità della cinematografia, che collaborò con altre personalitàindimenticabili come per esempio Luigi Malerba, Attilio Bertolucci, GiorgioBassani e Pier Paolo Pasolini – solo per fare qualche nome – , meriti che glisono dovuti. Per chi non conoscesse Marchi. E per chi di Antonio Marchi hasentito parlare, eppure sempre poco. Proprio perché nonostante l’importanza delsuo impegno, la critica cinematografica (ma soprattutto la storia del cinema)ha davvero destinato meno del minimo a questa figura. Considerando, comunque,che il regista Marchi operò per un tempo breve rispetto a quella chenormalmente è la carriera’ dei registi. Già prima che finisse il secoloCinquanta, infatti, Antonio Marchi aveva abbandonato i suo lavori di ripresa inuna soffitta. Se pure visse fino al molto più recente 2003. Inoltre, il volumerealizzato con il contributo importante del Fondo Giorgio Bassani,dell’Archivio Nazionale Film di Famiglia e dell’Istituto Storico ParriEmilia-Romagna esce insieme a un dvd che mette nella stessa confezione undocumento amatoriale del regista e un’opera montata postuma e da altri amantidi Marchi che hanno voluto riprendere la parte recuperabile e recuperata delregista parmigiano. E’ un editore salentino, guarda caso, si pensi per esempioal film di Antonio Marchi “In Puglia muore la storia”, a permettere a Grassod’andare in libreria con l’interessantissimo e fondamentale studio che,servendosi perfino dell’apporto d’una intervista a Luigi Malerba una aFrancesco Maselli e una testimonianza di Mario Verdone, è uno di quei libri chenascono per essere utili a favore d’un progetto di spessore e di valenzastorica. Mirko Grasso fa capire a lettrice e lettore che vogliano piùdirettamente immergersi in spazi non proprio facili da visitare che AntonioMarchi è da riconsiderare, come si suol dire, per più motivi. Sia per lecapacità artistiche che per il ruolo d’intellettuale e di mecenate. Come dicritico. Per esempio, Marchi, oltre a essere riconosciuto a livellointernazionale quale valente regista di documentari, fondo e diresse la rivista”La critica cinematografica”. Infine, altri due motivi per riconsiderareMarchi. Il primo, ovviamente, rappresentato proprio dal materiale stesso ancoravivo del Fondo Marchi. Il secondo, che è più d’una curiosità e che questa voltaè ripreso nello scritto di Simoni posto a chiusura della pubblicazione, è moltoprobabile che proprio Antonio Marchi sia stato la mano che muoveva la macchinaservita a conficcare nell’obiettivo i corpi penzolanti di Benito Mussolini eClaretta Petacci.