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Unione Europea e Nuova Governance

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Unione Europea e Nuova Governance

"L’Europa è il mito positivo in atto nel mondo in cui viviamo;
è probabilmente, tra i miti politici, quello più affascinante"
(Alberto Monari)

Il fenomeno europeo, oramai, riguarda tutti noi molto da vicino: il 1° gennaio del prossimo anno l’Euro, la moneta unica dell’Unione, diventerà una realtà nei borsellini di milioni di cittadini europei in dodici dei quindici
Stati membri1, e si compirà così un ulteriore passo verso quell’unità politica che il Vecchio Continente ha sempre anelato e temuto al contempo, unità da molti auspicata e incoraggiata, da alcuni vilipesa e tacciata di ogni vituperio, da altri rifuggita come la peggiore delle sciagure.

Finalmente, l’Unione Europea, questa entità strana e apparentemente lontana, arriva ad avere una moneta propria che avrà corso legale e circolerà
veramente2; dunque, l’obiettivo del "battere moneta", prerogativa delle entità statuali tipica delle concezioni del XVIII sec. insieme al territorio, alla lingua e all’esercito (aspetti in divenire per quanto riguarda l’UE), si concretizzerà dandoci almeno una pallida illusione di far parte di questi Stati Uniti d’Europa che ci fan sentire grandi pure quando non ne capiamo bene il perché.

Ho detto entità strana perché, come riconoscono molti studiosi di diritto internazionale, le Comunità Europee prima e l’Unione ora hanno presentato tali e tante particolarità da essere considerate delle organizzazioni internazionali atipiche, a metà strada tra un raggruppamento di Stati a fini associativi (le organizzazioni internazionali classiche) e una confederazione o Stato federale vero e proprio.

Ho usato poi l’espressione apparentemente lontana perché, nonostante le
tre capitali europee 3sembrino distanti dalla nostra Italia, dandoci l’opportunità di trastullarci nel nostro provincialismo, le decisioni che lì vengono prese, e che si trasformano in atti normativi vincolanti o meno per Stati membri e cittadini, arrivano presto o tardi sino a noi, sino alla più remota stalla della più remota valle della ancor più remota provincia del nostro Bel Paese.

Atti che, dunque, regolano e condizionano la nostra vita e i nostri comportamenti quotidiani e che, volenti o nolenti sono "nostri" e debbono essere da noi padroneggiati.

Proprio per farsi sentire per così dire "più vicino" ai cittadini, la Commissione Europea ha
pubblicato4, lo scorso 12 ottobre, un libro bianco 5dal titolo "La governance europea" nel quale si affronta questo delicato e attualissimo tema.

Cosa si intende per governance

Con il concetto di governance, innanzitutto, questo documento designa "le norme, i processi e i comportamenti che influiscono sul modo in cui le competenze sono esercitate a livello europeo, soprattutto con riferimento ai principi di apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia e coerenza" e riconosce già dall’apertura che i responsabili politici di tutta Europa oggi si trovano davanti a "un vero paradosso: da un lato, gli europei chiedono loro di risolvere i grandi problemi della nostra società, dall’altro, questi stessi cittadini nutrono sempre minor fiducia nelle istituzioni e nelle politiche che queste adottano, o finiscono per disinteressarsene".

La Commissione riconosce pure che, "malgrado tali atteggiamenti, i cittadini si aspettano che l’Unione sia in prima linea nel cogliere le possibilità di sviluppo economico e umano offerte dalla globalizzazione e nel trovare risposte adeguate ai problemi ambientali, alla disoccupazione, ai timori relativi alla sicurezza alimentare, alla criminalità e ai conflitti regionali" e, dunque, "vi è l’aspettativa che l’Unione agisca con la visibilità che caratterizza un governo nazionale".

Purtroppo, pero, l’Unione Europea non è uno Stato unico e unitario e, quindi, le sue istituzioni non sono ancora in grado di agire veramente come se rappresentassero un governo nazionale, ma "possono e devono saper creare i legami tra l’Europa e i suoi cittadini […], presupposto indispensabile per rendere le politiche più efficaci e più adeguate ai bisogni".

Perché riformare la governance

Gli ultimi cinquant’anni di storia europea sono stati vissuti all’insegna della stabilità politica, della pace militare e della prosperità economica, mentre il resto del mondo vedeva il moltiplicarsi di movimenti indipendentisti e rivoluzionari e di situazioni caoticamente instabili che hanno prodotto i cento e più conflitti armati succedutisi dalla fine della II Guerra Mondiale ad oggi; caos e conflitti che sono andati ad aggravare la già terribile situazione del Sud del mondo, ove il bisogno si trasforma in povertà e, questa, diviene presto
miseria6.

Il processo di integrazione europea ha, invece, contribuito inequivocabilmente ad alzare il tenore di vita e ad instaurare un florido mercato interno, rendendo al contempo più forte la voce dell’Unione all’interno della comunità internazionale: risultati impensabili da raggiungere per i singoli Stati che si fossero mossi uti singuli, tant’è che il processo di allargamento ora in atto coinvolge almeno altri dieci Paesi e prevede di arrivare a venticinque membri entro il 2010, risultato che farà diventare l’Unione veramente continentale e, al contempo, oggetto di attenzioni (e di tentativi di imitazione) dal resto del mondo.

Simili obiettivi, inoltre, sono stati raggiunti con mezzi democratici, "l’Unione infatti è fondata sul principio di legalità, si basa sulla Carta dei diritti fondamentali ed è investita di un doppio mandato democratico, tramite il Parlamento europeo che rappresenta i cittadini dell’Unione e il Consiglio che riunisce i governo eletti degli Stati membri".

Ma tutto ciò non è sufficiente!

Molti cittadini non si considerano ancora europei e, parafrasando una celebre frase del Cavour alla vigilia della proclamazione del Regno d’Italia, "abbiamo fatto l’Europa, ora dobbiamo fare gli europei": questi sentimenti rendono urgente una riforma della struttura che costituisce questa nostra Europa per fare in modo che non ci senta fagocitati dall’euromostro ma compartecipi alla costruzione di una nuova casa comune, genitori putativi di un nuovo bambino (che pur ha quasi cinquant’anni!).

Secondo l’analisi del libro bianco, il divario crescente tra cittadini e Unione ha differenti indicatori, tra cui non ultimo la bassa affluenza alle urne in occasione delle elezioni del Parlamento europeo; in aggiunta, si possono ricordare:

  • la percezione di inefficacia dell’azione istituzionale in settori sensibili quali la disoccupazione, la sicurezza alimentare (il caso mucca pazza ne è stato un esempio eclatante), la criminalità (si vedano i continui sbarchi di clandestini sulle coste italiane e i rimpalli di responsabilità tra Roma e Bruxelles), il ruolo che l’Unione dovrebbe assumere sulla scena internazionale (Kossovo e Afganistan sono solo gli ultimi esempi);
  • la mancanza di credito che ottengono quelle politiche che, invece, vengono condotte efficacemente e, spesso, la non riferibilità diretta di simili azioni a centri decisionali sovranazionali (vale a dire: spesso crediamo che questa o quella bella cosa dipendano da iniziative locali e non sappiamo, o non ci viene dato di sapere, che invece provengono dal nostro essere europei);
  • legato al precedente aspetto, vi è poi la carenza di visibilità positiva data all’Unione, e alla sua opera, dagli Stati membri e da se stessa;
  • da ultimo, l’ignoranza perdurante dei cittadini europei sul funzionamento della macchina Europa e delle sue parti e componenti.

    I cittadini dell’Unione vogliono, molto probabilmente, un’Europa più vicina a loro, più umana, più abbordabile, più facile da capire e con la quale interloquire più facilmente: ed è questo obiettivo che le istituzioni si sono prefissate lanciando questo proclama per l’introduzione di un nuovo modello di governance.

    Principi della buona governance

    Cinque sono i principi che istituzioni e organi dell’Unione e Stati membri, ai loro differenti livelli (centrali, periferici, locali), dovranno far propri e applicare perché considerati alla base di un modello di buona governance:

  • apertura, nel senso di accessibilità, per accrescere la fiducia dei cittadini in istituzioni complesse quali quelle europee;
  • partecipazione, intesa come collaborazione di tutti (società civile, rappresentanti dei vari settori, istituzioni pubbliche centrali e locali, etc. a seconda delle differenti tematiche) nella elaborazione e attuazione delle politiche dell’Unione;
  • responsabilità, quale risultato di una maggiore definizione di ruoli e competenze all’interno dei processi decisionali europei per quanto riguarda le istituzioni e, in seconda battuta, per l’attuazione che compete ai singoli Stati membri;
  • efficacia, come capacità di produrre gli effetti desiderati nel momento richiesto, ma pure come possibilità di verifica di simile capacità;
  • coerenza, dal momento che le dimensioni oramai assunte dal sistema europeo rischiano di dar vita a manifestazioni che possono parere schizofreniche e che necessitano di attenzione e coordinamento tra le diverse parti di questo tutto affinché si presenti quanto più possibile organico e non contraddittorio al suo interno.

    Questi devono poi affiancarsi e combinarsi con i classici principi di:

  • proporzionalità e sussidiarietà, caratteristiche per le quali ogni politica elaborata deve potersi realizzare al livello più adeguato (europeo, nazionale, locale) per raggiungere il miglior risultato perseguito, valutandone l’effettiva necessarietà.

    Con l’ampliamento e l’evoluzione in atto, l’Unione non verrà più giudicata solo in quanto capace di creare tra i suoi aderenti un virtuoso spazio economico, ma la sua legittimazione dipenderà sempre maggiormente dalla capacità di creare veri ambiti di partecipazione e di coinvolgimento di tutte le sue parti, a tutti i livelli, dalla definizione delle politiche fino alla loro
    attuazione7.

    Riforme proposte

    In quest’ottica, le riforme proposte mirano a raggiungere obiettivi concreti per realizzare una maggiore partecipazione, rendendo più trasparente il funzionamento dell’Unione, arrivando ai cittadini attraverso la democrazia regionale e locale, implementando la partecipazione della società civile, ponendo al centro dell’elaborazione delle politiche dell’Unione consultazioni più efficaci e creando delle reti europee.

    Inoltre, si intendono migliorare le politiche elaborate e le normative adottate nella prospettiva di raggiungere risultati effettivi, magari combinando i diversi strumenti politici e giuridici che l’Unione ha sviluppato o creandone di nuovi, e migliorandone sicuramente l’applicazione a livello nazionale.

    Un simile cammino dovrebbe porre l’UE tra i protagonisti del panorama internazionale nel tentativo di attuare una sorta di governance globale, oggi più che mai insistentemente sollecitata da più parti (anche da chi la contesta, come il caso del cosiddetto popolo di Seattle).

    Da ultimo, pur se di primaria importanza e urgenza, e quindi da avviare sin da subito, risulta imprescindibile per un modello di buon governo dell’Unione una ridefinizione delle politiche e delle istituzioni europee: vale a dire, una completa riforma istituzionale o, con un termine caro agli europeisti, una riforma "costituzionale", dal momento che si tratterebbe di porre le basi per la costruzione di quell’ossatura su cui verrebbe poi a formarsi quella vera Unione, anche politica, tra gli Stati europei: gli Stati Uniti d’Europa!

    Questa, in sintesi, la strada che stiamo imboccando: a noi tutti di prenderne coscienza e di operare, nei rispettivi ambiti di competenza, al fine del raggiungimento effettivo degli obiettivi condivisi.

    L’Europa, in definitiva, sarà nostra solo se noi avremo contribuito a crearla.

  • Davide Caocci
    "Noi non coalizziamo degli Stati,
    ma uniamo degli uomini"
    (Jean Monnet)

    1
    I Paesi aderenti all’area della moneta unica sono: Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna; restano fuori, per il momento: Danimarca, Regno Unito e Svezia.

    2
    L’Euro ha iniziato ad esistere come moneta unica europea il 1° gennaio 1999, ma fino al 31 dicembre 2001 sarà una valuta contabile, smaterializzata.

    3
    Strasburgo, sede del Parlamento Europeo, Bruxelles, sede della Commissione, e Lussemburgo, sede della Corte di Giustizia.

    4
    Cfr. GUCE serie C n.287, del 12.10.2001.

    5
    Nella terminologia dell’UE un libro bianco costituisce una serie ufficiale di proposte in un determinato settore della politica. Un libro verde, invece, si limita a esporre un insieme di idee che debbono servire da base di discussione per il raggiungimento di una decisione.

    6
    Cfr., per alcuni dati che possono tornare utili, dello stesso Autore, Tra Mondialità e Globalizzazione: la IV Guerra Mondiale è scoppiata!, in KultUnderground n. 72-2001, e Come indebitarsi fino alla settima generazione e morire di fame, in KultUnderground n. 66-2000.

    7
    Segno tangibile di questa volontà di coinvolgere tutte le parti attrici dello scenario europeo al processo di riforma del quadro istituzionale è la possibilità data a chiunque di presentare osservazioni e proposte in merito all’attuazione di questa nuova governance. Difatti, come espressamente previsto dal Libro bianco, chiunque può far pervenire alla Commissione le proprie osservazioni entro il 31 marzo 2002 utilizzando i seguenti canali:
    sito web,
    http://europa.eu.int/comm/governance/index_fr.htm
    indirizzo di posta elettronica,
    sg-governance@cec.eu.int
    indirizzo postale, Libro bianco sulla governance – Commissione europea
    C80 05/66
    Rue de la Loi/Wetstraat 200
    B-1049 Bruxelles
    Le osservazioni ricevute saranno rese pubbliche nel sito web, salvo richiesta contraria da parte del mittente.

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