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In visita a Chiusi

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In visita a Chiusi

L’ origine di Chiusi risale al primo millennio avanti Cristo. Nel VII secolo a. C. CLEVSIN o CAMARS (nomi etruschi di Chiusi) fu una delle più importanti città della dodecapoli etrusca e un secolo più tardi, con il re Porsenna, guidò la nazione etrusca contro Roma. I reperti archeologici, che si possono ammirare nel locale Museo Archeologico Nazionale, rendono perfettamente l’idea della grandezza della città, della squisita sensibilità dei suoi artisti e della maestria dei suoi artigiani.
Il declino di Chiusi ebbe inizio nel 391 a. C. con l’assedio subito ad opera dei Galli Senoni. Poco tempo dopo fu ridotta dai Romani al rango di provincia. Tuttavia la città, ribattezzata Clusium, ed il suo territorio, continuarono a rivestire un carattere di estrema importanza e, nel 89 a.C. ai suoi abitanti venne concessa la cittadinanza Romana.
Nel VI secolo Chiusi, occupata dai Longobardi, fu sede di Ducato, trasformato poi da Carlo Magno in Contea.
Terra di battaglie tra Firenze e Siena, della quale Chiusi fu fedele alleata, la città decadde e tornò a rivivere soltanto nel XIX secolo con la completa bonifica della sottostante vallata.
Oggi Chiusi è una fiorente cittadina, servita egregiamente dalla rete stradale e ferroviaria; si trova a meno di 150 Km da Roma, a poco più di 100 da Firenze e a circa 60 da Siena. Vicinissima a centri turistici importanti come: Chianciano, Montepulciano, Pienza. Orvieto, Cortona, rappresenta un valido punto di partenza per interessantissime escursioni a carattere storico-artistico; e la vicinanza ai laghi di Chiusi, Montepulciano e Trasimeno ed ai verdeggianti e incontaminati monti Cetona e Amiata consente una vacanza naturalistica in estrema comodità. La cucina è ovunque ottima e genuina, secondo la migliore tradizione della campagna toscana. La ricettività alberghiera confortevole. L’accoglienza amichevole e cordiale.
Il soggiorno a Chiusi offre la possibilità di interessantissimi, e spesso emozionanti, incontri con la civiltà del passato. In primo luogo con quella etrusca tramite l’importante Museo Archeologico Nazionale e le diverse tombe del territorio. In particolare si segnalano: le catacombe di Santa Mustiola e Santa Caterina, le mura etrusco-romane, la cattedrale paleocristiana di S. Secondiano, la chiesa di S. Francesco e il quartiere medievale.
Meritano di essere sottolineati la piazza del Duomo con l’annesso Museo della Cattedrale, che conserva – tra gli altri tesori – i famosissimi codici miniati olivetani (XVsec.), e i giardini del vescovo, con gli importanti scavi archeologici dai quali si accede ai cunicoli del labirinto di Porsenna che, attraversando tutta la piazza, conducono ad una grande cisterna romana del I secolo a. C. da dove si può agevolmente salire sulla torre campanaria (costruita nel XII secolo come torre di difesa) dalla cui sommità si domina, non solo la città, ma anche l’incomparabile paesaggio circostante nel quale spicca il lago di Chiusi che, ricco di antiche leggende, offre ancora oggi suggestivi panorami e la possibilità di godere piacevoli momenti di tranquillità, praticare sports remieri, pesca sportiva, nonché di degustare in alcuni locali lungo le sue sponde il pesce del lago cucinato in vari gustosissimi modi. Nelle sue vicinanze, a segnare il confine tra Umbria e Toscana, le torri di Beccati Questo e Beccati Quello.

IL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI CHIUSI

Il Museo Archeologico di Chiusi, istituito nel 1871, era inizialmente situato in due locali in via Mecenate, che il continuo incremento delle accessioni in seguito agli scavi della Commissione Archeologica appositamente costituita e alle donazioni dei collezionisti privati resero presto inadeguati, imponendone una ristrutturazione all’inizio del decennio successivo. La sede attuale, per cui era stato bandito un concorso già nel 1874, fu invece realizzata solo nel 1902 in seguito alle difficoltà economiche in cui versava la Commissione Archeologica per la miopia dell’amministrazione comunale: il progetto era firmato dall’ing. Partini e l’allestimento fu realizzato dall’allora Soprintendente alle Antichità Luigi Adriano Milani in collaborazione con Bartolomeo Nogara.
Il museo fu raddoppiato con la creazione di una nuova ala nel 1932 per ospitare i materiali della collezione Paolozzi, che il conte Giovanni aveva offerto già nel 1872 per la somma di L. 7500, ma che era passata al museo solo nel 1907 per legato testamentario. Nel 1934 Enrichetta Mieli Servadio donava al museo di Chiusi la collezione di materiali archeologici formata dal padre Leone Mieli in seguito alle ricerche effettuate nei terreni di sua proprietà ed in particolare nella necropoli di Castelluccio di Pienza e nell’insediamento di Casa al Vento.
Danneggiato da un cannoneggiamento durante la seconda guerra mondiale, il museo fu riaperto poco dopo con un allestimento curato da G. Maetzke. Il museo fu statalizzato nel 1963. L’allestimento attuale, inaugurato nel 1992, per cui è stata operata una severa selezione dei materiali peraltro assai ripetitivi, è condizionato dalla carenza di spazi adeguati al continuo incremento dei reperti a seguito degli scavi e dalla decontestualizzazione dei materiali delle vecchie collezioni, che ne costituiscono il nucleo più cospicuo.
Nell’atrio, oltre ad alcuni cippi, sono esposte urne cinerarie etrusche, iscrizioni latine, una copia romana di una statua di Niobide e, entro nicchie sulla facciata, sei statue dal monumento funerario della gens Allia rinvenuto a Montevenere (fine del I sec. a. C.).
L’esposizione è articolata in tre sezioni dotate di apparato didattico (pannelli esplicativi, plastici, planimetrie, filmati, etc.): quella introduttiva, allestita nei corridoio destro, è dedicata alla storia della ricerca archeologica a Chiusi nel secoli scorsi, caratterizzata dal saccheggio indiscriminato delle necropoli, alla formazione del museo, con una parziale ricostruzione della fisionomia delle principali collezioni confluitevi (la collezione di Giovanni Paolozzi, costituita per lo più con i materiali da lui rinvenuti nei terreni di sua proprietà nei dintorni di Chiusi, e quella di Leone Mieti), e alla documentazione dell’attività di restauro e falsificazione dei materiali archeologici, assai fiorente a Chiusi nell’800 in seguito all’incremento del mercato antiquario. In questa sezione si segnalano in particolare una serie di urne in marmo alabastrino del III sec. a. C. pertinenti alla famiglia Marconi dalla collezione di Ristoro Paolozzi costituitasi tra la fine del ‘600 e l’inizio del 1700, le urnette cinerarie fittili ellenistiche dalla tomba dei Cumni già facenti parte della collezione vescovile, il cinerario Paolozzi, un’urna decorata da teste di grifo e figurine di piangenti, con l’immagine del defunto raffigurata sul coperchio, databile sullo scorcio del VII sec. a. C., e due bei sarcofagi di pietra di età ellenistica con scene di galatomachia sulla cassa.
Nella sezione centrale, che occupa le restanti sale del piano terreno, viene delineato lo sviluppo dell’artigianato artistico locale, utilizzando i materiali decontestualizzati delle vecchie collezioni, ordinati secondo criteri cronologici e tipologici. Alcune classi di materiali sono esposte quasi integralmente, come i materiali dell’Età del Ferro (IX-VIII sec. a. C.) esposti nella prima vetrina, recuperati in parte nella necropoli di Poggio Renzo di Chiusi e in parte nei possedimenti di Bisenzio del Paolozzi: si tratta per lo più di vasi cinerari di forma biconica chiusi da ciotole, fabbricati a mano e decorati con motivi geometrici. Si noti il coperchio su cui sono raffigurate a tutto tondo due figure abbracciate (una scena di congedo funebre piuttosto che di lotta), uno dei più antichi esempi di plastica etrusca.
Nelle restanti vetrine della prima sala sono esposti materiali delta successiva età orientalizzante (VII sec. a. C.): vasi d’impasto (quelli chiusini si distinguono per le decorazioni teriomorfe applicate e le anse configurate) e bronzi laminati decorati a sbalzo nella seconda vetrina e i canopi, cinerari antropomorfi tipicamente chiusini, esposti nella terza vetrina, di cui si può seguire l’evoluzione dagli esemplari più antichi col volto appena accennato sulla parte anteriore del coperchio fino a quelli evoluti con la testa modellata a tutto tondo: il più famoso, il canopo di Dolciano, su trono in lamina di bronzo decorato a sbalzo con motivi floreali e zoomorfi, è frutto dell’assemblaggio di pezzi non pertinenti ad un unico monumento. E’ stata invece operata una selezione per le produzioni più cospicue e ripetitive come i vasi di bucchero decorati a cilindretto di produzione locale esposti nella quarta vetrina e i vasi etrusco corinzi, per lo più importati dall’Etruria meridionale, esposti in quella adiacente.
Nel corridoio centrale è esposta la raccolta di scultura funeraria in pietra fetida di età arcaica (VI – prima metà del V sec. a. C), costituita da statue di animali reali e fantastici, tra cui la nota sfinge, xoano (busti di donne nel gesto del compianto funebre), urnette, basi e cippi decorati a bassorilievo, tra cui si distingue quello purtroppo lacunoso decorato con scene di amazzonomachia.
Nella seconda sala sulla destra sono esposti i vasi di bucchero a stampo di produzione locale (VI sec. a. C.), caratterizzati da una decorazione sovrabbondante di gusto barocco che prolifera su tutte [e parti del corpo senza alcun rapporto con la forma. Nella vetrina successiva sullo stesso lato sono esposte le terrecotte architettoniche chiusine di età classica (seconda metà del V-IV sec. a. C.: antefisse a testa femminile o di satiro pertinenti ad edifici templari purtroppo scomparsi), frammenti di statue cinerario in pietra fetida e vasi e suppellettile di bronzo: purtroppo la collezione dei bronzi è stata pesantemente depauperata dal furto subito dal museo nel 1971.
Nella saletta sul fondo delta sezione centrate viene proiettato un documentario sulle due tombe dipinte superstiti di Chiusi, quella delta Scimmia e quella del Colle, attualmente chiuse per motivi di tutela. Nelle due vetrine sul lato sinistro della seconda sala sono esposte quasi integralmente te importazioni di ceramica attica figurata, tra cui si segnalano alcune grandi anfore a figure nere, i frammenti di uno stamnos del Pittore di Kleophrades con l’ingresso di Eracle nell’Olimpo e lo skyphos del Pittore di Penelope con scene del mito di Ulisse, e le imitazioni etrusche: a Chiusi si sviluppò una produzione di vasi a figure sia nere che rosse che sovradipinte di buon livello, parzialmente documentata nelle stesse vetrine.
Nel corridoio laterale sinistro sono esposti i materiali di età ellenistica (fine del IV-III sec. a. C.): vasi e specchi di bronzo, avori, oreficerie, vasi argentati presumibilmente di fabbrica orvietana, oltette cinerarie campanuiate, vasi a vernice nera, etc., una statua cinerario in travertino di esecuzione assai dozzinale, un sarcofago di marmo atabastrino incompiuto ed una scelta delle urnette cinerarie in pietra e terracotta di produzione locale: mentre le prime erano utilizzate dalle classi abbienti, le seconde, per lo più fabbricate a stampo in centinaia di esemplari, dovevano rispondere alla domanda dei ceti più poveri.
Sul fondo del corridoio è stata realizzata La ricostruzione della tomba dipinta delle Tassinaie (metà del Il sec. a. C.), utilizzando te copie delle pitture eseguite dal Gatti all’inizio di questo secolo. Significativa è la raccolta di terrecotte architettoniche esposte in due vetrine: mentre nella prima sono esposte quelle prive di provenienza, nella seconda sono state raccolte quelle di cui sono stati individuati i contesti di appartenenza; tra queste ultime si segnalano i resti della decorazione fittile di un tempio in loc. Badiota presso Chiusi e quelli di un edificio sacro in toc. Costalaiola nel comune di Sarteano. Nell’ultimo tratto del corridoio sono esposti i materiali di età romana, tra cui si segnalano il ritratto giovanile di Augusto come Pontefice Massimo e un emblema musivo policromo da Montevenere con scena di caccia al cinghiale. Nella terza sezione, quella topografica esposta nel piano seminterrato, che raccoglie i materiali venuti alla luce nel corso dei più recenti scavi effettuati dalla Soprintendenza Archeologica per la Toscana, è stato ricostruito il fenomeno articolato detl’urbanizzazione di Chiusi nel corridoio destro (particolare attenzione è stata dedicata al fenomeno della formazione dei primi insediamenti nell’area della futura città a cominciare dall’Età dei Bronzo finale in concomitanza con l’abbandono degli abitati sul Monte Cetona, alla documentazione di un insediamento arcaico in corso di scavo in loc. Petriolo, alla delimitazione della cinta muraria etrusca; significativi sono anche i materiali da una fornace ellenistica in loc. S. Erminia e dalla necropoli longobarda dell’Arcisa), dello sviluppo delle necropoli urbane nella sala centrale (si segnalano in particolare i nuovi corredi di età orientalizzante e classica e la bella base di travertino con scena di battaglia dalla loc. Penai) e nel corridoio sinistro dei modi del popolamento dell’agro chiusino, caratterizzato dalla presenza, accanto ad insediamenti che subirono continue flessioni, di centri satelliti di rilevanza notevolissima, la cui prosperità ininterrotta dal periodo orientalizzante recente alla romanizzazione attesta la continuità di presenza di un ceto aristocratico dalle possibilità economiche e dal livello culturale molto simile a quello di Chiusi. Le attestazioni più cospicue sono quelle da Chianciano Terme, ove era situato l’oppidum più importante dell’agro, ma va segnalato anche un corredo dell’orientalizzante recente da Sinalunga con uno ziro decorato da testine umane e vasi di bucchero imitanti prototipi greco orientali.
Tomba della Scimmia

Scoperta nel 1846 da Alessandro François la tomba più nota di Chiusi, alla quale si accede mediante una scala in mattoni costruita nel 1873. Databile tra il 480 ed il 470 a.C., ha pianta a crociera con tre camere intorno all’atrio.
Tutti gli ambienti hanno soffitti a cassettoni, intagliati e dipinti di rosso, e letti funebri. Il ciclo pittorico principale dipinto nell’atrio e raffigura giochi atletici ed equestri in onore di una defunta che vi assiste sotto un parasole. La rappresentazione di una piccola scimmia, accucciata su un arbusto, da il nome alla tomba che si trova a circa 3 km dal centro storico, in località Poggio Renzo, lungo la strada che conduce al Lago di Chiusi.

LA PIAZZA DEL DUOMO

La Piazza del Duomo costituisce il cuore monumentale dell’attuale città di Chiusi. Attorno ad essa, nel raggio di poche decine di metri, sorgono infatti la Cattedrale di 5. Secondiano (VI sec.), col suo museo; il Palazzo vescovile (XV sec.) con le lapidi murate nel portico, la Torre campanaria (XII sec.) e il Museo Archeologico Nazionale.
Alla fine dell’Ottocento era opinione degli studiosi che in quest’area fosse localizzato il Foro della città romana, che i rinvenimenti recenti sembrano invece voler collocare nella più centrale Piazza XX Settembre. In ogni caso vi dovevano sorgere importanti edifici pubblici, come dimostrano le epigrafi che essa ha restituito, accanto ad abitazioni private di grande prestigio, i cui resti sono stati rinvenuti negli scavi sotto l’abside della Cattedrale.
Gli scavi condotti nella seconda metà degli anni ’80 dalla Soprintendenza Archeologica per la Toscana hanno messo in luce tratti consistenti delle cinte murarie di età ellenistica, romana e medioevale, posti a pochi metri di distanza dall’ingresso del ricco sistema di cunicoli, che si estende sotto tutta la collina. Scavati nel banco sabbioso, i cunicoli hanno sicuramente assolto a funzioni drenanti e di approvvigionamento idrico, sfruttando la capacità del conglomerato, con cui si trovano a contatto, di trattenere e di restituire l’acqua, come una gigantesca spugna. Le acque venivano poi convogliate all’esterno o raccolte in grandi bacini sotterranei. Si tratta di un sistema idrico particolarmente esteso ed ingegnoso, che testimonia la proverbiale perizia degli etruschi nel garantire l’approvvigionamento idrico delle loro città. I cunicoli di Perugia, Todi e di Orvieto sono simili per scopi e struttura. A Chiusi, peraltro, la rete sotterranea si presenta distribuita su più livelli, con molti pozzi ascendenti capaci di favorire il drenaggio e di garantire anche l’aerazione degli ambienti. Altri pozzi furono invece scavati per attingere le acque di falda.
Gli oggetti recuperati nello scavo archeologico permettono di affermare che il sistema fu attivo sicuramente in epoca etrusca e che alla fine del I sec. d.C., almeno in una parte del tratto messo in luce nel settore dell’Orto Vescovile, esso non assolveva più alle sue finalità originarie di "miniera d’acqua". I cunicoli diventano, infatti, la discarica della soprastante città, interrotti qua e là anche dalla costruzione di cisterne in muratura, che raccoglievano le acque piovane provenienti dai tetti degli edifici.
Il complesso sistema di cunicoli, da tempo immemorabile, lega la sua fama al nome del re etrusco Porsenna ed alla descrizione favolosa della sua tomba, tramandata da Plinio, secondo cui:… "il re fu sepolto sotto la città di Chiusi, in un monumento dal basamento quadrato di circa 90 metri dilato, che racchiudeva un labirinto inestricabile ed era sormontato da piramidi e da una copertura a larghe falde di bronzo."
La tradizione popolare ha sempre riconosciuto il Labirinto della leggenda, proprio con queste gallerie.
Gli scavi dei cunicoli, iniziati negli anni ’20 da Doro Levi, sono stati ripresi dal Gruppo Archeologico "Città di Chiusi", che con l’autorizzazione della Soprintendenza Archeologica della Toscana, negli anni compresi tra il 1989 ed il 1995, ha reso accessibile al pubblico un tratto di oltre 120 m., che dall’ingresso, situato a lato della cinta muraria, raggiunge una grande cisterna a pianta circolare, con pilastro centrale e volte a botte in blocchi di travertino. Costruita nel I sec. a.C., si ritiene possa aver costituito la riserva d’acqua del Collegiumn Ceuztonuriorunt, una corporazione di "pompieri" la cui sede, come suggeriscono le epigrafi, era forse in un edificio attiguo.
Dalla cisterna si risale all’interno del campanile del Duomo, già torre di difesa eretta agli inizi del XII secolo. La cella campanaria venne fatta costruire nel 1585 dal vescovo Masseo Bardi.
Dalla sua sommità, a 27 metri sul livello della piazza, il panorama spazia dal Monte Amiata al Cetona, alla lontana Orvieto, a Città della Pieve, ai laghi Trasimeno, di Chiusi e di Montepulciano, a tutti i paesi vicini, fino a Cortona.

Anna Rastrelli

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