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Gabriele D’Annunzio nelle lettere a Giancarlo Maroni

3 min read
(1934)
Ruggero Morghen
Edizioni Solfanelli
Saggistica
Collana Micromegas
Pagg. 88
ISBN 978-88-7497-703-1
Prezzo € 8,00 

 

D’Annunziomeno mito 

 

Chi sia Gabriele D’Annunzio penso,  espero, lo sappiano tutti, mentre assai meno noto è Giancarlo Maroni, tanto cheviene lecito chiedersi chi fosse mai costui che, fra l’altro, potevapermettersi una fitta corrispondenza con il grande poeta abruzzese.
Giancarlo Maroni (Arco, 1893 – Riva delGarda, 1952) è stato un architetto, anzi l’architetto del Vittoriale, la dimoraMausoleo di Gabriele D’Annunzio a Gardone, ove si ritirò dopo l’esito infaustodell’impresa fiumana.
Quindi, fu in virtù di questo incarico chesi avviò un’intensa corrispondenza fra i due, reperita da Ruggero Morghen e dicui si disserta in questo breve, ma interessante saggio.
In effetti può sorprendere come unepistolario possa gettare nuova luce su un artista tanto amato dagli italianida venerarlo, spesso senza mai aver letto qualcosa di suo. In queste lettere,in cui si esprimono giudizi su alcuni lavori realizzati, si formulano ipotesisu altri, si chiedono e si rilasciano consigli, si rileva un progressivoaffiatamento che porta al sorgere di una vera e propria amicizia, masoprattutto si notano caratteristiche dell’uomo D’Annunzio che, nel separarloda quell’alone di mito di cui lui stesso si era circondato, lo rendono piùsimpatico evidenziando una comune vulnerabilità.
Il poeta è tutto lì, è carne e ossa,sentimenti e affetti non da dio, ma da umile mortale, e in questa riscoperta diuna dimensione normalmente umana in un’artista che finì con il diventareprigioniero del suo mito sta tutta la sua reale grandezza; ha fretta chel’opera sia conclusa, perché sa di essere mortale, e infatti, quattro anni dopole lettere di questo epistolario che risalgono al 1934, Gabriele D’Annunziomorirà per un’emorragia cerebrale.
Sorgono spontanee molte domande, vista ladifferenza fra il D’Annunzio uomo e il D’Annunzio vate, ma una sopra tutte: fufascista? Si può rispondere tranquillamente che non lo fu, benché il fascismogli dovette molto. Se posso esprimere una personale opinione, dico solo cheGabriele D’Annunzio fu certamente uomo di destra, conservatore, ma libertario,non inquadrabile in nessuna ideologia politica, amante dell’ordine, ma anche dicomportamenti fuori dei canoni, insomma un personaggio complesso in cui luci eombre si alternavano con sorprendente rapidità.
Il saggio di Morghen è quindi un elementoprezioso per conoscere di più il poeta abruzzese, ma lo è anche per avere unaltro angolo di visuale di un anno del ventennio che inevitabilmente siriflette, è presente in quelle lettere.
Da leggere, quindi, perché ne vale la pena.
 
Ruggero Morghen (1957) di Riva delGarda, laureato in sociologia all’Università di Trento con una tesi sullarappresentazione dell’ambiente montano nella cinematografia, è pubblicista ebibliotecario. Da anni lavora presso la Biblioteca civica della sua città, dovesi occupa in particolare di catalogazione ed acquisizione di nuovi documenti alCatalogo bibliografico trentino.
Ha pubblicato varie opere di letteratura e satira – tra cui il “Dizionariodel Belpensante“– e sue poesie sono apparse in forma antologica. Nel 2007 ha pubblicato “La perdutissima setta” (Solfanelli, Chieti), sullerappresentazioni della massoneria nei documenti pontifici.

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