KULT Underground

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N.I.L.O.

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drammaturgia e regia di: Manuela Cherubini e Simona Senzacqua
 
Cleopatra, presidente di una multinazionale: la N.I.L.O. s.p.a., è una donna in carriera bella e seducente, avvezza al potere, solo un po’ distratta, JUST FALL IN LOVE – come canta la sigla di apertura dello spettacolo – per Antonio, consigliere delegato dell’azienda TIBER, che come dopo si viene a sapere ha acquistato illegalmente la N.I.L.O. lasciando Cleopatra sull’orlo del baratro: di fronte al tracollo economico.
Ecco allora Cleopatra entrare in scena:  cerca il suo Signore…: “Avete visto il mio Signore? Non era qui? – dice – Arriva il mio Signore? Non lo voglio vedere. Non lo voglio vedere”. Isterica e indomabile Cleopatra si siede sulla sua scrivania dopo aver interpretato le parole di uno Shakespeare che ritroviamo piacevolmente nostro contemporaneo.
Shakespeare, infatti, è la linea guida della drammaturgia sviscerata da Manuela Cherubini (direttrice artistica di Psicopompo) e da Simona Senzacqua (ex Travirovesce), due donne che Shakespeare lo rivestono di ironia, di aggressività o di seria compartecipazione, necessaria per condurre il personaggio femminile a considerare il suicidio grande valore morale: unica via d’uscita mentre: “La mia disperazione mi scopre un più alto senso della vita.” – afferma la protagonista sollevando il braccio in un port de bras trattenuto, che dona magnifico splendore alla figura intraprendente, mondana e sofferente della famosa regina. Ma questo é purtroppo uno dei pochi momenti in cui le gestualità da ballerina della Senzacqua si fanno vedere. Peccato. Siamo sicuri che l’interprete ci avrebbe donato splendidi arabesque contenutistici. Ad ogni modo lo spettacolo funziona e anzi denota una ricerca nell’arte della scena contemporanea a cominciare dall’uso della spazio: la scena è divisa in due: a destra la scrivania di Cleopatra e a sinistra un tavolino con mixer audio, sintetizzatori e microfoni, dietro al quale Roberto Fega in scena riveste il ruolo di “operatore”, termine che tanto piaceva a Deleuze. L’attrice invece sperimenta inflessioni vocali, spesso tratte da quei “classici” esercizi di laboratorio di ricerca, che però inseriti all’interno del discorso contenutistico ne sottolineano i mutamenti d’umore della protagonista. Sempre suggestiva a riguardo è l’azione bulimica di parlare ingozzandosi di pane, azione che ha segnato un certo tipo di teatro underground e che rivive nell’esperienza di oggi con la naturalezza concessagli dal tempo. 
Bella operazione. Da provare.

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