KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Intervista con Lewis Saccocci

8 min read

Da domenica 2 marzo 2025, disponibile il nuovo disco Inceptum sulle piattaforme digitali e in copia fisica.

Dato alle stampe dall’etichetta Wow RecordsInceptum è il nuovo disco dell’organista jazz Lewis Saccocci, disponibile sulle piattaforme digitali e acquistabile anche in formato fisico da domenica 2 marzo. Lewis Saccocci è un giovane leone del jazz nazionale, pianista e organista di puro talento che si sta ritagliando uno spazio importante nel panorama jazzistico italiano grazie alle sue indubbie qualità. Questo suo nuovo capitolo discografico, che ha previsto l’uscita di due singoli, Il Prenestinato e One for Sara, consta di otto composizioni originali frutto della creatività di Saccocci, concepito in solco contemporary jazz.

Un CD da cui, in modo preponderante, emergono soluzioni melodiche, armoniche, ritmiche e timbriche ardite, scaturite da una profonda ricerca stilistica volta a una riconoscibilità; oltre a un ricco interplay che ne impreziosisce il valore. Ad accompagnare Lewis Saccocci in questo viaggio sonoro, due musicisti assai talentuosi: Enrico Bracco (chitarra) e Valerio Vantaggio (batteria). L’autore di Inceptum racconta la genesi e descrive il mood della sua nuova creatura discografica: «Inceptum significa inizio, ma anche progetto. Questo il titolo del mio nuovo lavoro, il primo in cui esploro le possibilità compositive ed espressive dell’organo Hammond. Il disco contiene otto brani originali, attraverso cui ho cercato vie espressive diverse, con uno strumento solitamente associato a sonorità più tradizionali in ambito jazzistico. In questo nuovo inizio, appunto inceptum, con me sono presenti musicisti di chiara fama quali Enrico Bracco alla chitarra e Valerio Vantaggio alla batteria».

Biografia Lewis Saccocci

Pianista jazz, organista jazz e compositore particolarmente interessante, Lewis Saccocci è un musicista dal futuro luminoso. Il suo stile, sempre supportato da un’ottima padronanza strumentale, si fonda su contagioso vigore espressivo, inventiva armonica e improvvisativa, ricerca timbrica e inclinazione alla sperimentazione. Nato a Roma nel 1989, Saccocci inizia giovanissimo lo studio del pianoforte classico, si perfeziona presso il conservatorio Santa Cecilia di Roma dove si laurea “Cum Laude” in Pianoforte Jazz. Grazie al suo talento condivide palco e studio di registrazione con numerosi jazzisti di caratura nazionale e internazionale come Bruce DitmasRoberto GattoGabriele MirabassiFabrizio BossoEttore FioravantiFranco PianaPaolo DamianiMarcello RosaAntonello SalisMassimo MoriconiMaurizio GiammarcoRobertinho De PaulaReinaldo SantiagoMatthew Herbert, solo per elencarne alcuni. Inoltre, è presente in diversi e prestigiosi festival come Umbria JazzRoccella Jazz FestivalPozzuoli Jazz FestivalTuscia in JazzIl Jazz Italiano per le Terre del SismaMaratea Jazz FestivalBari in JazzMuntagninjazzPiacenza Jazz FestFara Music Festival e altri ancora.

Intervista

Davide

Ciao Lewis. Iniziamo dal titolo “Inceptum”, che può avere diversi significati: inizio, impresa, progetto, compito, soggetto tema. Rispetto alla tua storia musicale è dunque l’inizio di qualcosa? E cosa comunque riprende, ampia e sviluppa del tuo percorso e del tuo progetto complessivo?

Lewis

Il titolo “inceptum” ha una doppia valenza. In primo luogo questo è il mio primo lavoro da leader, ed inoltre è il primo album che incido suonando l’organo Hammond, strumento che suono da molti anni ma che non ho mai portato in studio. Quindi è un duplice battesimo, che ho voluto sottolineare con questo titolo che può riassumere questi due aspetti.

Davide

In che modo hai esplorato l’organo Hammond e le sue sonorità?

Lewis

Ho cercato all’interno delle otto tracce di sfruttare le (quasi) infinite possibilità timbriche di questo fantastico strumento, tentando una via più aperta, in quanto l’organ trio è una formazione che canonicamente porta a suonare più “straight” o “groovy”, a seconda del contesto

Davide

Il fatto di far suonare l’Hammond in un certo modo ha influito sulla scrittura musicale delle composizioni? O è stato il viceversa? O entrambe le cose si sono intrecciate?

Lewis

Direi l’intreccio delle due cose. La maggior parte sono composizioni pensate ad hoc per questa formazione, partorite con dettagliati timbri in mente, altre invece sono frutto di una selezione di brani che avevo nel cassetto. Scrivere un brano davanti al pianoforte e poi cercare di renderlo organistico può essere stimolante, ti spinge a cercare altre vie dell’Hammond che magari ad un primo approccio sottovaluteresti.

Davide

Come hai condiviso questo lavoro con Enrico Bracco (chitarra) e Valerio Vantaggio (batteria)? Come è nata questa formazione e che tipo di intesa c’è stata, ovvero come descriveresti il vostro interplay intercorso durante la nascita del materiale, le prove e finalmente la registrazione?

Lewis

Con Enrico e Valerio ci conosciamo da molto tempo, nell’ambiente del jazz romano ci siamo “frequentati” in varie formazioni. Appena ho deciso di intraprendere questo cammino sono state le prime persone che ho visualizzato affianco a me, il loro approccio musicale sui miei brani è risultato perfetto sin dall’inizio. C’è anche il lato umano che non è secondario, “l’interplay” che c’è sul palco c’è anche fuori, e questa per me è una cosa importantissima.

Davide

Perché, oltre alla ritmica della batteria, hai scelto di far dialogare l’organo Hammond con un chitarra elettrica e non altro? Come è stato da te inteso questo specifico incontro di strumenti e sonorità?

Lewis

Nella storia del jazz l’organ trio più “tradizionale” è formato da organo, batteria e chitarra. Se rimaniamo nel contesto del trio la chitarra può essere sostituita da un fiato (tromba, sax, ecc). Sono due formazioni che ovviamente amo molto, ma per i miei brani ho preferito l’organo sostenuto da un altro strumento armonico (la chitarra appunto) che può accompagnarlo e affiancarlo nei momenti di solismo (e non solo).

Davide

La sonorità dell’organo Hammond nel jazz personalmente le ho ormai strettamente associate a Fats Waller. Oppure a Dr. Lonnie Smith. Quali sono stati i tuoi riferimenti rispetto ad organisti jazz che hanno usato questo strumento in particolare o, comunque, l’organo?

Lewis

Il mio punto di riferimento è sicuramente Joey DeFrancesco, il più grande di sempre. Senza bisogno di citarli amo tutti i grandi del passato del jazz, dei contemporanei un posto speciale nel mio cuore ce l’ha Sam Yahel, che trovo sempre di grande gusto armonico e estremamente stimolante dal punto di vista ritmico.

Davide

Scorriamo qualche titolo. Tra i singoli che hanno anticipato l’album c’è “Il prenestinato”, opening track tra l’altro. Suppongo sia un calembour tra un “predestinato” il quartiere Prenestino a Roma; è quindi un predestinato che viene da Prenestino? Sei forse tu? In ogni caso, cosa ti ha predestinato alla musica e al jazz in particolare?

Lewis

È un gioco di parole per rendere omaggio al quadrante geografico dell’urbe capitolina nel quale sono cresciuto… ascoltando moltissima musica, e sicuramente molto Jazz, grande passione di mio padre, che io ho ereditato. Sono stato molto fortunato perché sin da piccolo ho potuto esplorare la discografia di questo genere infinito fra le sue raccolte.

Davide

“Lament for JDF”… Un lamento o “lament” è un’espressione appassionata di dolore, spesso in forma di musica, poesia o canzone, che nasce solitamente da un rimpianto o da un lutto. I lamenti costituiscono alcune delle più antiche forme di scrittura in tutte le culture umane, anche in forma musicale breve dal barocco al romanticismo, con precise regole di variazioni armoniche, su fino al blues e al jazz (tra le composizioni più note al riguardo credo vi sia “Lament” di Miles Davies). Come nasce il tuo “Lament for JDF”?

Lewis

È un mio piccolo omaggio alla figura di Joey DeFrancesco, che ci ha purtroppo prematuramente lasciato nell’agosto del 2022, a poco più di 50 anni. Un mio (e non solo immagino) punto di riferimento, una certezza. Una personalità musicale che ha riportato luce sull’organo Hammond con il suo incredibile talento, che ho voluto celebrare con questa mia composizione.

Davide

Come nasce per te un titolo a una musica strumentale? Come distilli e suggerisci in un titolo una suggestione, qualcosa di descrittivo del pezzo stesso, di ciò che vi hai sentito e vissuto tu, o anche studiato e ricercato?

Lewis

A volte un brano può nascere con un’identità precisa (vedi Lament for JDF), altre una melodia o una progressione armonica vengono appuntate di getto, senza il tempo di collocarne l’ispirazione. È in questo secondo caso che la faccenda si complica, perché la genesi del titolo viene dalla musica e non viceversa, il che spesso mi lascia in un limbo nel quale lascio le parti senza titolo, o chiamando i brani con nomi volutamente fittizi, attendendo il momento nel quale un guizzo mi regali il giusto binomio… questa fase può durare anche molto nel mio caso purtroppo! Credo questa sia la forza di un brano strumentale: l’assenza di un testo che inevitabilmente indirizza l’ascoltatore.

Davide

Anche se di altro genere musicale, il grande organista e compositore – nonché improvvisatore – francese Jean Guillou ha detto che l’organo è lo strumento del Creatore per eccellenza. Cos’è per te?

Lewis

Da pianista ho sempre guardato all’Hammond con rispetto ed ammirazione. Quando decisi di approfondirne il meccanismo ricordo con piacere la sensazione di immediata dipendenza che mi creò averne uno in casa, la gioia dello studiare il più possibile. Jazzisticamente parlando suonare l’organo è sempre stimolante, svolgere anche il ruolo del bassista e (attraverso i vari settaggi dei drawbar) gestire la sua enorme escursione dinamica rende l’organista quasi un piccolo arrangiatore estemporaneo, specialmente nelle formazioni con più elementi. Cos’è per me? Un grande amore che ha mi ha reso un musicista migliore e più consapevole.

Davide

Il disco è chiuso infine dal pianoforte (“One for Sara”). Perché, dunque, dopo aver suonato l’organo Hammond in tutti i brani, hai deciso di chiudere al piano?

Lewis

Sarò breve stavolta… One for Sara è dedicata a mia madre, che non cela una preferenza di me come pianista rispetto alla mia versione organistica. Suonare un reprise di piano alla fine del disco è una piccola dedica a lei, a questo gioco di preferenze…

Davide

Cosa seguirà?

Lewis

Porterò “Inceptum” un po’ in giro, cercando di dire la mia… Un disco è una fotografia di un momento, quando il momento sarà propizio magari ci sarà un altro “scatto”…

Davide

Grazie e à suivre…

 

Commenta

Il materiale presente, se originale e salvo diverse indicazioni, è rilasciato come CC BY 4.0 | Newsphere by AF themes.