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Intervista con Daniele Nasi

13 min read

GleAM Records è orgogliosa di annunciare l’uscita di 

Live at Parma Jazz Frontiere,

il nuovo album della formazione BSDE 4tet

GleAM Records è orgogliosa di annunciare l’uscita di Live at Parma Jazz Frontiere, il nuovo album della formazione BSDE 4tet, disponibile in formato CD e digital download/streaming dal 13 dicembre 2024 e distribuito da IRD International e Believe Digital.

I BSDE 4tet registrano il loro primo album “Elevating Jazz Music Vol. 1” nel 2021. La musica, interamente composta dal sassofonista emiliano Daniele Nasi, vedrà la pubblicazione nel gennaio 2022 tra le prime opere del catalogo di GleAM Records. Dopo aver raccolto consensi positivi dalla critica italiana ed esser stato valutato tra i migliori album del 2022 sulle riviste di settore, il lavoro di questa formazione vedrà una piccola pausa e il cambio di un membro della band, il batterista Andrea Bruzzone, sostituito da Mattia Galeotti. Nel frattempo a Daniele Nasi viene assegnato il Premio Internazionale Giorgio Gaslini, giunto alla

sua IX° edizione, premiato da una giuria composta da Franco D’Andrea, Roberto Bonati e Bruno Tommaso, avendo così la possibilità di mettere in luce la propria capacità solistica e la propria cifra compositiva.

Inizia così una nuova stagione per i BSDE 4tet che li vede impegnati in una lunga serie di concerti tra l’autunno del 2023 e l’inverno del 2024 in Italia, Germania e Svizzera. Il concerto contenuto in questo album, a cui la rivista Musica Jazz ha dedicato un articolo nel dicembre del 2023, si è tenuto il 14 ottobre 2023 alla Casa della Musica di Parma per la 28° Edizione del Festival Parma Jazz Frontiere. La particolarità di questo concerto risiede non solo nell’alchimia tra i musicisti, il calore del pubblico e le specifiche condizioni acustiche del luogo, ma anche perché contiene una eccellente testimonianza live della musica del loro primo album, unita a un paio di brani nuovi. Daniele Nasi, Jung Taek Hwang, Giacomo Marzi e Mattia Galeotti hanno scelto in questa occasione, su proposta del direttore artistico del festival Roberto Bonati, di farsi ispirare e ispirare il lavoro di Action Painting dell’artista Alberto Reggianini, di cui nell’album è possibile in alcune occasioni sentire il fruscio dei pennelli sulla tela trasformarsi in musica.

Angelo Mastronardi

 

Personnel

Daniele Nasi – tenor & soprano saxophone

Jung Taek “JT” Hwang – piano

Giacomo Marzi – doublebass

Mattia Galeotti – drums

Recording Data

Recorded Live on October 14th, 2023 at Parma Jazz Frontiere in Parma (Italy)
Live Recording: Corrado Cristina

Mixed & Mastered on September 30, 2024 at Sorriso Studios in Bari (Italy)

Sound Engineer: Tommy Cavalieri

Artwork: Alberto Reggianini
Graphics: Studio Clessidra

Executive Producer: Angelo Mastronardi

Produced by GleAM Records

Printed in Italy 2024

Intervista

Davide
Ciao Daniele. Iniziamo dal nome del quartetto, poiché BSDE non corrisponde alle iniziali dei vostri nomi, ma piuttosto mi rimanda alla Backward Stochastic Differential Equation, una equazione stocastica differenziale usata per studiare l’andamento dei fenomeni che seguono leggi casuali o probabilistiche. Questa scelta ha a che fare con la musica e alla sua componente aleatoria, specialmente quando improvvisata? Oppure, cos’altro significa questo acronimo?

Daniele
Ciao Davide. Nonostante l’idea dell’equazione stocastica differenziale sia molto intrigante, l’acronimo in realtà ha tutt’altro significato. Più che uno studio probabilistico, potrebbe riflettersi in uno studio sociologico. Le iniziali starebbero per “Bolognese Sauce Doesn’t Exist”, una frase d’effetto pronunciata durante la conversazione tenutasi a Groningen, nei Paesi Bassi (dove è nato il quartetto), alla ricerca del nome del progetto stesso. Questo acronimo vuol esser giocoso e al contempo provocatorio, strappando un sorriso nell’esprimere una critica velata alla globalizzazione e il suo tentativo di appiattire tutto, mettendo a repentaglio la bellezza che si può riscontrare nelle piccole differenze presenti in ogni creazione e l’autenticità delle stesse. Vuol essere un invito a riscoprire e valorizzare le peculiarità di ogni cultura, senza però fossilizzarsi in tradizionalismi, ma cercando di creare nuove possibilità con attenzione ai dettagli, invece di omogeneizzare ciò che già esiste, con inevitabile perdita di qualità, solo per il profitto. Che si parli di opera culinaria, d’arte o d’artigianato, il concetto non cambia.

Davide
Già descritte, nella presentazione di Angelo Mastronardi, le ragioni che vi hanno portato alla pubblicazione di un live come secondo vostro lavoro, contenente quindi quattro composizioni dell’album d’esordio “Elevating Jazz Music vol. 1” e due nuovi brani, i quali, suppongo, siano stati pensati per un volume 2 di “Elevating Jazz Music”. Innanzi tutto, come si è trasformato il materiale precedente nel corso del tempo, determinando e incontrando il nuovo? O il viceversa…

Daniele
Il materiale del primo disco ha sicuramente subito un po’ di variazioni nel tempo, sia per alcuni cambi a livello di struttura, ma soprattutto perché, essendoci parti di improvvisazione molto aperte, questi sono in continua evoluzione e ogni performance dal vivo permette sviluppi diversi. I nuovi brani hanno determinato alcune delle scelte relative alle modifiche strutturali di quelli del primo lavoro, ma soprattutto, pur rimanendo abbastanza in linea con un’idea di suono caratteristico del progetto, prendono spunto anche da generi e sonorità meno presenti in precedenza, andando ad aggiungere materiale ritmico e armonico alla palette espressiva del quartetto, utilizzabile in tutte le composizioni.

Davide
Due nuove composizioni… “Oddly enough”… Cos’è stato strano ma vero?

Daniele
Il nome di questo brano e la sua descrizione sono un gioco di parole. In inglese i tempi dispari sono detti “odd meters”, il brano si evolve in un modo abbastanza (“enough”) particolare/strano (“odd”), sia a livello armonico che di struttura, e l’espressione inglese “oddly enough” rispecchia quest’insieme di aspetti. Essendo un brano abbastanza complesso ed essendo soddisfatti della sua resa nel live, abbiamo voluto usare, ironicamente, la frase d’effetto “Oddly Enough …we made it through!”, ovvero “Strano ma vero … ci siamo arrivati in fondo!”; questo perché, essendo un brano che non si ispira a questioni socio-politiche, abbiamo voluto creare un momento di leggerezza che facesse risaltare i temi degli altri brani.

Davide
E “Nord Scream 2, South Scream too”, ispirata agli eventi del conflitto russo-ucraino… Insieme a due composizioni che si ispirano l’una alla infinita guerra israelo-palestinese, dedicata al popolo palestinese, e l’altra ai migranti dispersi nel Mediterraneo sulla rotta più letale del mare, forma una terna di musiche ispirate a temi odierni particolarmente drammatici. Cosa può fare in merito la musica dal tuo punto di vista? E, a proposito di “elevating jazz”, può, per altro, oltre che sensibilizzare e appagare, elevare l’animo umano?

Daniele
Questo è sicuramente un tema molto complesso e sfaccettato, quindi premetto che nel rispondere non potrò che esser un po’ riduttivo…

La musica ha dimostrato in tante occasioni di poter essere un fattore importante per i movimenti di protesta, o comunque di cambiamento, a livello sociale e politico; penso al ruolo che ha avuto il Free Jazz nelle lotte degli afro-americani negli Stati Uniti, ai canti della Resistenza nella lotta al fascismo e se ne potrebbero elencare tanti altri.

Il nostro obiettivo, nel nostro piccolo, è quello di portare questi temi in contesti in cui solitamente non vengono trattati e di suscitare, attraverso la musica, delle sensazioni che possano portare a una riflessione più profonda su queste situazioni drammatiche, che spesso vengono sminuite dalla narrazione dei media, o comunque digerite in modo quasi passivo. Credo infatti che la musica e il suono, soprattutto quando creati e percepiti in un contesto “live”, abbiano la forza di toccare corde che le immagini e le narrazioni di cronaca, per quanto tragiche, stanno perdendo, per via della continua esposizione a cui siamo sottoposti a queste ultime.

Le composizioni si sviluppano in più parti, con durate particolarmente lunghe, proprio perché crediamo che questi temi, dalle tante sfaccettature, abbiano bisogno di tempo per essere affrontati con serietà. Oltre alla musica in sé, cerchiamo di supportare realtà che agiscono direttamente sul campo, sia individualmente che come BSDE 4tet, con raccolte fondi o altri mezzi.

Il titolo del nostro primo disco “Elevating Jazz Music Vol. 1” in contrapposizione alla “elevator jazz music” e alle relative compilation (da lì il “Vol. 1”, messo con intenzione sarcastica) delle varie piattaforme di streaming musicale, vuol raccogliere tutti gli aspetti esposti in precedenza. Provocazioni del titolo a parte, elevare l’animo umano è sicuramente un concetto al di fuori della nostra portata, ma provare a trasmettere un messaggio e delle emozioni che possano eventualmente aiutare il processo di elevazione (almeno dello sguardo) dell’ascoltatore, questo sì…

Davide

“Callin'” è un brano dedicato a Colin Stetson, sassofonista jazz sperimentale che per altro ha suonato con alcuni dei più grandi nomi della musica, diciamo, più trasversale, tra cui Tom Waits, Laurie Andreson e David Byrne, ma anche gruppi alternative rock come Arcade Fire e TV on the Radio o cantautrici come Jolie Holland. Cos’è per te la trasversalità del linguaggio musicale?

Daniele
Credo che l’accostamento delle parole “musica” e “linguaggio” sia azzeccato, ma credo che a volte possa creare confusione. È da intendersi “linguaggio” nel suo significato più ampio, e non come sinonimo di “lingua”. Difatti, una peculiarità che la musica ha, rispetto alla comunicazione verbale, a mio avviso, è quella di esser sempre riuscita a eludere una codificazione ferrea che invece le lingue hanno sviluppato nel tempo. Questo permette molta più flessibilità e rende la comunicazione molto più diretta ed emotiva, lasciando più spazio all’interpretazione, spesso anche più viscerale. Le vibrazioni create hanno un range più ampio, che porta a più possibilità espressive. In questa flessibilità vedo anche molte più aperture a sovrapposizioni di stilemi, quasi come fossero dei non confini. I generi sicuramente esistono e sono codificati, ma credo che questa sia puramente una sovrastruttura dettata dal bisogno umano di riconoscersi in qualcosa di definito, e che dia sicurezza, in cui alcuni cercano rifugio. Credo che la musica in sé vada ben oltre questo, e benché vadano valorizzate le peculiarità di ogni genere musicale (con le proprie caratteristiche tecniche e stilemi), credo che queste non debbano diventare un limite all’esplorazione, bensì uno strumento da usare per nuove creazioni che puntino ad un concetto di “Musica Totale”, come inteso dal Maestro G. Gaslini. Ovvero, la musica come un flusso unico e continuo, in cui ogni elemento contribuisce alla creazione di un’opera organica, e non come un insieme di strutture separate. Un’integrazione delle diverse tecniche e generi musicali, con l’intento di superare la separazione tra le varie tradizioni musicali e di creare un’esperienza sonora complessa e poliedrica.

Tutto ciò, ovviamente, implica che sia stata fatta in precedenza un’esplorazione approfondita delle tecniche e degli stilemi delle varie tradizioni musicali utilizzate.

Davide
Quali sono stati i sassofonisti che ti hanno maggiormente appassionato al tuo strumento e che ancora ti incitano a esplorarlo?

Daniele
Ho deciso di iniziare a suonare il sax a 9 anni. Avevo studiato pianoforte per tre anni, in precedenza, ma un’esperienza negativa in una scuola di musica dopo il rientro dagli Stati Uniti, dove sono cresciuto, mi aveva fatto allontanare brevemente dagli studi musicali. In quel periodo ascoltavo comunque molta musica, che è sempre stata presente in casa; in particolar modo, mi affascinavano il giradischi e i vinili. Mia madre aveva una collezione di vinili di Jazz e io mi ascoltavo Charlie Parker e Cannonball Adderley a ripetizione. Loro sicuramente sono stati i sassofonisti che mi hanno introdotto e fatto appassionare allo strumento. Nel tempo poi, mi sono avvicinato alla musica di tanti altri sassofonisti, tra cui sicuramente hanno avuto un ruolo fondamentale John Coltrane, Sonny Rollins e Rashaan Roland Kirk, su cui ho fatto anche la tesi del triennio di jazz. Altri che mi hanno ispirato a esplorare possibilità diverse sullo strumento sono stati Michael Brecker e Bob Berg, James Carter e Joshua Redman. Mentre successivamente sono stati molto d’ispirazione, e continuano ad esserlo (insieme a tutti quelli citati e tanti altri), Mark Turner, Colin Stetson, Soweto Kinch, Steve Coleman, Ornette Coleman, Chris Potter e la lista potrebbe andare avanti…

Davide
Tutta l’anima mia / rabbrividisce e trema e s’abbandona / al saxofono rauco. / È una donna in balìa / di un amante, una foglia / dentro il vento, un miracolo, / una musica anch’essa… Estratto da “A solo di saxofono” di Cesare Pavese. Cos’è per te il sassofono?

Daniele
Se la musica è il linguaggio, lo strumento è il tramite con cui esprimere il messaggio. Sento il sassofono come una voce attraverso la quale poter esternare emozioni e pensieri all’interno dell’espressione musicale. È un prolungamento del corpo, ma comunque di natura diversa, per cui non sempre la risposta risulta immediata. Ci sono momenti o periodi in cui è più naturale, altri in cui è quasi faticosa nonostante i tanti anni di studio. Insomma, un rapporto di amore e odio, ma ormai una parte essenziale della mia espressività, a cui molto difficilmente sarei in grado di rinunciare.

Davide
E veniamo a “7 is the new 5″… Credo che questo titolo possa avere a che fare con un nuovo modo di pensare alla scala da 1 a 10 in cui 7 è la media di ciò che è accettabile poiché 5 è solitamente il minimo richiesto, quindi non così buono, e tutto ciò che è al di sotto è negativo. Perciò 7 sarebbe a metà strada tra la sufficienza e il capolavoro… O qualcosa del genere? Perché questo titolo?

Daniele
Il titolo di questo brano si rifà al titolo della serie “Orange Is the New Black”, gioco di parole che fa riferimento al concetto di “tendenza” nel mondo della moda. In questo caso però, il riferimento è alla ritmica del brano e all’evoluzione, con tendenze annesse, della metrica in ambito jazzistico.

Come la frase “Orange is the new black” gioca sul cambiamento del paradigma che vorrebbe il colore nero come simbolo di eleganza e neutralità, suggerendo che il colore arancione (che nel contesto della serie è il colore delle tute da prigione) sta prendendo il suo posto come nuovo simbolo di “tendenza” o “normalità”, così il titolo “7 is the new 5” gioca sul fatto che il 7/4 abbia preso il sopravvento sul 5/4, soprattutto nel jazz, come nuovo tempo dispari preferito da usare per riarrangiare standard o comporre brani più moderni.

Pur presentando all’interno della sua metrica il 7/4 (o meglio 7/8), “7 is the new 5” gioca con cambi di metro e cerca di usare questi tempi dispari con un’idea più vicina alla musica popolare dei paesi Balcanici e del Medio-Oriente, dove molta musica folkloristica e danze popolari si sviluppano su clavi in tempi dispari. Il brano si ispira a questa tradizione, cercando di rendere un ritmo complesso un qualcosa di semplice, una danza, e non un esercizio di stile.

Davide
Per la copertine avete scelto il lavoro dell’artista Alberto Reggianini, ispirato alla Action Painting , o pittura d’azione o espressionismo astratto, un genere di pittura che enfatizza l’atto fisico della pittura stessa, oggettivo ma anche inconscio, e che inevitabilmente rimanda a Jackson Pollock e a Willelm De Kooning. Quale parallelismo con la musica da voi creata?

Daniele
Oltre ad ammirare molto il lavoro di Alberto Reggianini, la scelta è stata molto naturale perché Alberto ci ha accompagnati durante il concerto in questione, a Parma Jazz Frontiere, con una performance di Action Painting, su consiglio di Roberto Bonati (direttore artistico del festival). Mentre noi eseguivamo i brani, lui creava e disfaceva immagini su una tavolozza nera, con una sostanza malleabile bianca, che venivano proiettate dietro di noi; una performance interdisciplinare, in cui la nostra musica e l’arte visiva estemporanea di Alberto si sono influenzate vicendevolmente per tutta la durata dello spettacolo.

Ci è sembrata la cosa più logica chiedere ad Alberto se fosse disposto a lasciarci usare una sua opera per la copertina, e tra quelle proposte “Immagine che passa” era sicuramente quella che rendeva meglio l’idea di movimento e di azione dell’action painting. Lo sfondo nero e l’immagine bianca, inoltre, richiamavano le immagini che venivano create durante la performance e la vespa in posizione di attacco, un bel riferimento ai messaggi “pungenti” contenuti nei brani…

Davide
Torniamo indietro e parliamo della vostra formazione. Come vi siete incontrati e quali obiettivi artistici avete finora condiviso?

Daniele
Il quartetto è nato a Groningen, nei Paesi Bassi. È stato un incontro in parte fortuito e in parte premeditato, ma quando ci siamo trovati nella stessa sala a provare alcuni dei brani che ora potete sentire nei nostri dischi, la formazione del quartetto è stata abbastanza inevitabile. Era esattamente il suono di cui quei brani avevano bisogno per prendere forma!

Da lì ci sono stati alcuni cambiamenti, ma il suono e la direzione è sempre rimasta abbastanza chiara a tutti. Siamo riusciti nel nostro intento di suonare in vari locali e festival in Italia ed in Europa, e il portare in giro la nostra musica, con i temi contenuti e le conseguenti riflessioni, ed esplorare nuove possibilità sonore e compositive a ogni concerto, rimarranno sempre al centro dei nostri obbiettivi.

Davide
Il disco è stato registrato dal vivo al Parma Jazz Frontiere… Quando per te il pubblico diventa una fonte di energia e come ne restituisci al medesimo?

Daniele
Credo che la musica sia comunicazione, e che sia importante questa si manifesti tanto tra i musicisti quanto con il pubblico. Quando il pubblico è partecipe, allora c’è dialogo e si crea un momento magico di condivisione e di crescita; viene dato peso alla musica e tutte e tutti ne giovano.

Quando il pubblico si presta alla musica, sento molta più energia nel suonare, le possibilità dinamiche diventano molto più interessanti e tutto ciò torna indietro come ampliamento dello spettro di colori nel dipinto musicale finale.

Davide
Cosa seguirà?

Daniele
Sicuramente continueremo ad esplorare musicalmente, e speriamo anche geograficamente con tanti tour a venire…! Non è da escludere un secondo lavoro in studio nel prossimo anno, ma intanto stiamo lavorando sull’organizzazione di concerti che faremo nei prossimi mesi. Per scoprire dove saremo e quando, rimandiamo ai nostri social e al nostro sito, dove pubblicheremo tutte le informazioni a tempo debito.

Davide
Grazie e à suivre…

Daniele
Grazie mille e grazie per le domande molto stimolanti e ben pensate.

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