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Ludovico Antonio Muratori: erudito, giurista e…“santo” (?)

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Ius est realis ac personalis proportio hominis ad hominem,

quae servata, servat societatem et corrupta corrumpit[1].

Dante Alighieri

Un breve trafiletto, apparso su un giornale locale qualche settimana fa, dava notizia della risposta “interlocutoria”, per non dire in sostanza negativa (forse per mancanza di qualche requisito previsto dalla procedura…), giunta dalla Segreteria di Stato Vaticana e relativa ad una istanza, partita dalla città di Modena, diretta a promuovere la beatificazione di Ludovico Antonio Muratori[2].

L’eclettico “erudito” (intellettuale diremmo oggi), di cui si tratta, nacque a Vignola, nell’allora Ducato di Modena e Reggio, il 21 ottobre 1672, da una modesta famiglia contadina[3]. Studiò “grammatica” nella sua cittadina natale, e dal 1685, “lettere” a Modena presso il Collegio gesuitico; quindi “filosofia” e “diritto” nella facoltà giuridica dell’Università, che aveva allora sede nel “Collegio dei Nobili di San Carlo[4]”, conseguendo la laurea in filosofia nel 1692 e in utroque iure, diritto civile e diritto canonico, nel 1694[5]. Sotto la guida del monaco benedettino Benedetto Bacchini (1651-1721), archivista e bibliotecario ducale e studioso di storia ecclesiastica e medievale, il giovane Muratori iniziò a coltivare, sin dal 1691, l’ideale di una conoscenza enciclopedica capace di comprendere e soprattutto collegare organicamente la sapienza degli antichi e dei moderni[6].

A pochi mesi dalla laurea, nel febbraio 1695, su invito del conte Carlo Borromeo, Muratori si trasferì a Milano, dove, votato alla vita consacrata fin dall’adolescenza, venne ordinato sacerdote e rimase per un quinquennio con il titolo di “dottore” nella Biblioteca Ambrosiana[7]. A Milano compì importanti scoperte antiquarie e strinse legami, per via diretta o epistolare, con vari letterati e studiosi in Italia e in Europa[8].

Avendo trovato a Milano condizioni di lavoro ideali e il prestigio dello status di “letterato”, nel 1700, con rammarico accettò l’invito del duca Rinaldo I d’Este di rientrare a Modena, per succedere proprio a Bacchini col grado di “archivista e bibliotecario ducale”[9]. La Corte estense gli offrì ogni comodità di studio: il Muratori trovò a Modena le condizioni di tranquillità necessarie al suo lavoro soprattutto di storico. Da allora la sua vita si svolse tra la produzione scientifica, straordinaria per continuità, per mole e per metodo e un’esemplare attività sacerdotale, tra alterne vicende storiche[10]. In seguito all’invasione di Comacchio a opera dell’imperatore Giuseppe I (1708), Muratori intraprese un sistematico vaglio di antiche fonti al fine di certificare i fondamenti giuridici delle pretese imperiali ed estensi su quell’area del ferrarese che era stata annessa allo Stato pontificio nel 1598[11]. Si trattava di rintracciare negli archivi, qualche prova che consentisse alla casa d’Este di rivendicare diritti feudali sul delta del Po, nella speranza di assicurare al Ducato uno sbocco sul mare. L’esito sfortunato della controversia su Comacchio, che procura a Muratori non poche antipatie nella curia romana (nonché l’accusa infamante di essere ‘ghibellino’ e ‘giansenista[12]’), non impedisce tuttavia alla fama del giovane giurista e letterato di raggiungere le corti di mezza Europa[13].

Dopo alcuni anni trascorsi anche a far da precettore al principe ereditario, il futuro Duca Francesco III, che conserverà sempre per Lui una grandissima stima e gratitudine, il Muratori ottenne, nel 1716 la “prepositura” di Santa Maria della Pomposa, la parrocchia più povera di tutta Modena. L’esercizio religioso che ne seguì fu intenso e lo assorbì nella vita quotidiana affiancandosi al lavoro intellettuale. Restaurò la chiesa affidatagli, creò la “Compagnia della Carità per l’assistenza ai bisognosi”, e incrementò la produzione di testi di carattere teologico iniziata nel 1714[14].

Il contributo più alto offerto dal Muratori alla cultura italiana ed europea fu senz’altro quello relativo alla ricerca storica, tuttavia furono importanti anche le opere di natura giuridica (e politica). Al Muratori giurista si deve soprattutto l’opera “De codice carolino sive de novo legum codice instituendo” (1726), in cui propose un progetto di riforma legislativa di ampio respiro destinato all’imperatore Carlo VI d’Asburgo, a cui il testo avrebbe dovuto essere indirizzato in forma di epistola, peraltro mai recapitata né edita[15]. Vi si prefigurava una codificazione “semplificatoria” che, promulgata con il consenso degli Stati soggetti e con la collaborazione dei massimi Tribunali dell’Impero, avrebbe dovuto comunque tener conto, salvaguardandoli, dei diritti locali.

L’opera più nota con la quale Muratori affrontò, in modo articolato, il tema di un necessario “rinnovamento giuridico” rimane comunque “Dei difetti della giurisprudenza” (1742), un saggio della sua maturità, in cui furono ripresi gli spunti polemici di opere precedenti sul sistema giuridico vigente e fu messa a frutto la sua formazione legale. Fin dall’inizio del secolo XVIII nell’ordinamento giuridico si era verificato un accumulo di norme destinate a regolare i rapporti giuridici, con una conseguente estrema confusione che spesso provocava la paralisi nella circolazione dei rapporti giuridici. Da un lato si erano moltiplicate le opinioni dei giureconsulti, sulla base dello studio approfondito del diritto romano e del diritto canonico, d’altra parte non si erano ancora formati i Codici moderni, destinati a portare certezza al diritto e orientamento tra contrastanti opinioni. Accanto alle nuove leggi dei diversi Sovrani “locali”, emanate man mano che se ne avvertiva l’esigenza, vigevano tutti i testi delle leggi antiche, che lo sviluppo della civiltà aveva portato ad una pratica applicazione. Anzitutto c’erano i testi del diritto (romano) giustinianeo (Corpus Iuris Civilis), che formavano il “diritto comune”, poi c’era l’altrettanto importante Corpus Iuris Canonici (norme dirette alla organizzazione e funzionamento della Chiesa, ma con importanti influenze sulla vita civile), c’erano i testi del diritto feudale, che erano tutti in pieno vigore[16]. E tutte queste norme, a cominciare da quelle dei testi giustinianei, erano commentate e discusse in poderosi apparati di giuristi e di pratici, che venivano continuamente allegati nelle scuole giuridiche e nei Tribunali, come elementi indispensabili nello studio e nell’applicazione del diritto[17]. Questo processo di commento, interpretazione e integrazione delle leggi (dovuta alla necessità di norme adeguate ai tempi) si è protratto per secoli, generando una profonda complicazione del diritto, con moltiplicazione e accavallamento di disposizioni che compromettevano la chiarezza e la certezza del diritto[18].

Contro questo stato di cose, non vi era che un rimedio radicale: semplificare l’ordinamento legislativo e le regole dell’applicazione del diritto. L’opera di Muratori, pertanto, rispose ai problemi individuati in quel momento storico particolare: “Dei difetti della giurisprudenza” è un’opera che ricopre una posizione di primo piano nell’evoluzione del diritto moderno, perché offrì un possibile itinerario di riforma e modernizzazione, attraverso un mutamento graduale e progressivo delle strutture giuridiche. Si tratta di un pamphlet scritto in italiano, che si rivolgeva direttamente all’opinione pubblica per denunciare i mali della giustizia[19]. Il rimedio a tutto ciò, secondo Muratori, è da auspicare in un intervento del Sovrano che raccolga le soluzioni normative in un Codice, e che si faccia aiutare in questa redazione da “Giudici abili e onesti”[20]. L’analisi della storia del diritto e delle dottrine coinvolse naturalmente anche il Corpus Iuris Civilis, di cui Muratori esamina pregi e difetti: da una parte esso è da ammirare, dall’altra è ritenuto oscuro, contraddittorio e pieno di «superfluità»: occorre dunque, secondo Muratori, che i Sovrani dei vari Stati italici facciano redigere un compendio, in lingua volgare, chiaro e sistematico del diritto romano, selezionando solo le norme adeguate ai tempi ed eliminando tutte le altre[21].

Il risultato di questo processo avrebbe dovuto portare alla formazione di un “piccolo codice nuovo di leggi“, compilato da una commissione di dotti e saggi, su cui andavano riunite le soluzioni dei casi più controversi, e su cui andavano raccolte le opinioni ritenute preferibili, le sole che in seguito si sarebbero dovute applicare da parte dei Tribunali[22]. La razionalizzazione delle fonti sembrava così costituire un valido rimedio alla crisi dell’ordinamento: si intravede, in prospettiva, già tracciata la strada che porterà alle codificazioni vere e proprie di fine Settecento ed inizio Ottocento[23]. Sicuramente questo aspetto, della richiesta di una codificazione da parte dell’autorità, è uno degli aspetti più interessanti dell’opera, anche se il riformismo (basato sull’esperienza) che propone Muratori non mira a un superamento del “diritto comune”, ma a un suo risanamento: egli è infatti, consapevole che il diritto romano è perfettibile, ma non si spinge oltre questo, ed è lontano dal dichiararlo “sostituibile”[24].

Muratori è considerato uno dei precursori del dibattito sulla codificazione in Italia, anche se parte della storiografia ne mette in dubbio il valore originale e innovativo. Egli era animato da buon senso sì, ma intriso di una radicata sfiducia nei confronti del diritto e per niente convinto dell’esistenza di un “ordine giuridico naturale[25]”, riteneva che l’unica strada percorribile fosse quella della “riforma parziale”, al solo fine di riparare una disastrata realtà giudiziaria.

Muratori si limitò a delineare un percorso minimale, non certo destinato a sostituire in toto l’ordinamento vigente, né tanto meno a prescindere dall’apporto che il diritto romano, se ben maneggiato con l’ausilio di ragionevolezza ed equità, poteva ancora fornire quale fonte sussidiaria. L’importante non era superare drasticamente il sistema, ma ridurre l’indeterminatezza, l’incertezza, l’arbitrio. Tuttavia, nella sua opera non mancarono proposte legislative dotate di sufficiente dettaglio tecnico (specie in materia testamentaria), tanto da ispirare alcune norme del futuro “Codice Estense”, promulgato nel 1771 dal duca Francesco III d’Este, di cui lo stesso Muratori fu precettore come detto sopra[26].

La morte colse Muratori ormai anziano, a Modena, il 23 gennaio 1750, preceduta da una breve malattia che lo privò dell’uso di entrambi gli occhi ma non della lucidità.

Per alcuni modenesi, appassionati di Storia patria e “promotori” della sua beatificazione, Muratori è già Santo, non perché raffinato erudito, sapiente storico o esperto giurista, ma come “Parroco” e Pastore della sua piccola comunità, anche se “…benevolmente critico con i suoi superiori”, che rimproverava di usare troppe parole nelle prediche, mentre, come lui diceva e scriveva “i poveri non hanno bisogno di parole ma di pane, perciò di lavoro[27].

Il Muratori con la sua voce critica forse diede “fastidio” alle Autorità ecclesiastiche del suo tempo? Sono trascorsi quasi tre secoli, ma Ludovico Antonio, probabilmente, santo non lo sarà mai…

Volete delle buone leggi?

Bruciate le vostre e fatene delle nuove.

Voltaire

  1. De monarchia, II, 5. “Il diritto è rapporto reale e personale tra uomo e uomo, che osservato conserva la società, inosservato la corrompe”.
  2. Lodovico Antonio sia santo”. Modena scrive, Vaticano risponde”, di Ferruccio Veronesi, in “ilrestodelcarlino.it” Cronaca di Modena, 25/09/2023.

    Nell’immagine: sarcofago e monumento funebre di Ludovico A. Muratori (Ludovico Pogliaghi, 1931), chiesa di S.Maria della Pomposa, Modena.

  3. Cfr. “21 Ottobre 1672 – Nasce Ludovico Antonio Muratori” in https://massimedalpassato.it, “giornopergiorno”, 21 Ottobre 2020
  4. E’ curioso pensare che la città di Modena ha dedicato al Muratori un prestigioso Liceo Classico, per decenni “in concorrenza” con l’altro Liceo Classico cittadino, il Ginnasio statale “San Carlo”, erede diretto del “Collegio dei Nobili San Carlo”, scuola superiore (privata), statalizzata solo nel 1970. Da qualche anno i due istituti sono stati unificati nel Liceo Classico e Linguistico “L.A. Muratori-San Carlo”.
  5. Cfr. la voce “Muratori Ludovico Antonio” di Elio Tavilla, in https://www.treccani.it/ enciclopedia, diritto, e di Francesco Boldizzoni, economia.

    In utroque iure o jure è una locuzione latina, che tradotta letteralmente, significa “nell’uno e nell’altro diritto”. In Europa nelle prime università veniva conferito questo titolo ai dottori laureati in diritto civile e in diritto canonico.

    Il titolo viene ancora conferito dalla Pontificia Università Lateranense e dall’Università di Friburgo in Svizzera che dà l’opportunità agli studenti di ottenere la menzione utriusque iuris nel quadro delle licenze e dei dottorati.

  6. Si compì in quegli stessi anni un avvicinamento appassionato alla letteratura, alla storia, alle arti, per amore delle quali non volle mai inseguire una carriera opportunistica. Si dedicò anche volontariamente allo studio della lingua greca. Lesse gli autori italiani e della classicità greca e romana. Fonte Wikipedia.
  7. Fonte “Cathopedia”, l’enciclopedia cattolica, it.cathopedia.org.
  8. ll cosiddetto “Canone muratoriano” è la più antica lista pervenutaci dei libri del Nuovo Testamento.

    Era scritto in lingua greca e fu redatto attorno al 170 d.c. Ci è pervenuto in un manoscritto mutilato (mancano inizio e fine) dell’VIII secolo, scritto in latino probabilmente a Bobbio (PC), ma conservato nella Biblioteca Ambrosiana.

    Fu scoperto e pubblicato da Ludovico Antonio Muratori, da cui il nome “muratoriano”.

  9. Ottenne sei mesi di proroga… ma nell’agosto 1700 dovette rientrare in patria, da cui non si allontanò praticamente più.
  10. Modena venne anche occupata militarmente dai francesi tra il 1702 e il 1707. L’intero archivio ducale, appena riordinato dovette essere trasferito e fu Muratori a prendersene cura.
  11. Anno in cui gli Estensi dovettero abbandonare la città e il dominio su Ferrara.
  12. ll giansenismo fu un movimento religioso, filosofico e politico che proponeva un’interpretazione del cattolicesimo in base alla teologia elaborata nel XVII secolo da Giansenio (Vescovo-teologo olandese).

    L’impianto di base del giansenismo si fonda sull’idea che l’essere umano nasca essenzialmente corrotto e, quindi, inevitabilmente destinato a commettere il male. Senza la grazia divina, l’uomo non può far altro che peccare e disobbedire alla volontà di Dio; ciononostante, alcuni esseri umani sono predestinati alla salvezza, mentre altri non lo sono (doppia predestinazione).

  13. La “Piena esposizione dei diritti imperiali ed estensi sopra la città di Comacchio” (1712) diede inizio a una serie di monumentali opere storiografiche che fecero guadagnare a Muratori una solida fama europea: dalle “Antichità estensi ed italiane” (1717-40) ai “Rerum italicarum scriptores” (1723-38), dalle “Antiquitates italicae medii aevii” (1738-42) agli “Annali d’Italia” (1744-49).
  14. La canonica della chiesa della Pomposa (Aedes Muratoriana, oggi casa-museo sede “Centro di studi muratoriani e dell’alta cultura del primo Settecento” www.centrostudimuratoriani.it), divenne così quasi un laboratorio di politica sociale per la città e il Ducato.
  15. L’opera fu pubblicata solo nel 1935.
  16. C’erano poi gli statuti delle città e delle classi, oltreché i decreti e le grida delle varie magistrature locali.
  17. Lo studio del diritto, divenuta quasi intollerabile dopo il conseguimento della laurea, aveva confermato in Muratori la severa valutazione che già Giovanni Battista De Luca aveva avanzato nel suo “Dottor volgare” (1673) a carico di una scienza fondata sulla molteplicità e incoerenza delle opinioni dottrinali e giurisprudenziali, di cui gli avvocati apparivano voraci utilizzatori (voce “Muratori Ludovico Antonio” in Treccani di E. Tavilla, op. cit.).
  18. Allora gli “esperti” (Avvocati e Giudici dell’epoca), chiamati a patrocinare o a giudicare l’applicazione del diritto, divenuta complessa, escogitarono nuovi processi interpretativi sempre più complicati, provocando solo una sempre maggiore oscurità del diritto.
  19. La pubblicazione del volumetto (Venezia 1742), fu rallentata per timore delle censure pontificie, e anche per questo l’opera fu dedicata a Papa Benedetto XIV, peraltro grande amico di Muratori, con il quale egli aveva a più riprese discusso dei problemi della codificazione. Benedetto XIV, nato Prospero Lorenzo Lambertini (Bologna, 31 marzo 1675 – Roma, 3 maggio 1758), è stato il 247º vescovo di Roma e Papa della Chiesa cattolica dal 17 agosto 1740 (giorno dell’elezione al 255º scrutinio) alla sua morte. Il suo pontificato, considerato uno dei più significativi della storia del papato in età moderna, attuò una serie di riforme pastorali nello spirito dell’illuminismo cattolico di stampo “muratoriano”.
  20. Una delle prime considerazioni che muovono l’opera di Muratori si basa sulla sua concezione ampia della “Giurisprudenza”, in cui egli comprende la scienza del diritto (dottrina) e l’applicazione concreta del diritto (giurisprudenza come prodotto dell’attività degli organi giudicanti).
  21. Secondo Muratori, come del resto sosterranno anche i riformatori più maturi, l’iniziativa non poteva che provenire dal Sovrano, non essendo praticabili, né tanto meno desiderabili, vie di autoregolazione interne al mondo degli operatori del diritto, interessati al mantenimento dello status quo.
  22. Il punto di partenza era rappresentato dal disastroso caos che regnava nel mondo della giustizia civile, dove l’arbitrio giudiziario e la contraddittorietà delle leggi vigenti e delle opinioni dottrinali si rivelavano con grande evidenza, rendendo l’esito dei processi imprevedibile nel merito e indefinito nei tempi. Muratori riteneva preliminare a qualsiasi riforma l’introduzione dell’obbligo generalizzato della motivazione delle sentenze, che fino allora era previsto solo in casi particolari e limitatamente ai Tribunali superiori.
  23. Cfr. Alberto Monari, Kultunderground n.111-SETTEMBRE 2004: “Code Napoléon 1804/2004” https://kultunderground.org/art/14339/
  24. Cfr. Adriano Cavanna, Storia del Diritto moderno in Europa, Giuffrè Milano, 1982, pag. 310 ss.
  25. I filosofi “illuministi”, a partire dal XVIII secolo, affermarono l’esistenza di un “diritto naturale” (espressione della natura razionale dell’uomo). Tale diritto è universale e sovraordinato a qualsiasi legislazione storicamente realizzata. A differenza dei giusnaturalisti, tuttavia, “l’illuminismo giuridico” ritiene che la razionalità delle norme del diritto naturale possa realizzarsi solo nel diritto positivo (posto dallo Stato). Essi affidano alla volontà razionale del legislatore e quindi alla legge il compito di tradurre in “diritto vigente” le norme del “diritto naturale”.
  26. Cfr. Alberto Monari, Kultunderground n.55-ESTATE 1999: “Il Codice Estense” https://kultunderground.org/art/15921/
  27. “…E poi i meriti maggiori Muratori li ha acquisiti come pastore di anime. La sua povera canonica alla Pomposa era sempre aperta a tutti i disoccupati, malati, prostitute in disarmo. Una parola buona (come lui conosceva) c’era per tutti…

    Lodovico Antonio sia santo” cit.

 

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