Si è svolto nel periodo dal 18 al 22 gennaio 2006 a Bologna, l’ottava edizione del Futur Film Festival, dedicato al cinema d’animazione. Dopo una positiva ma breve presenza giornaliera nel 2005, quest’anno ho deciso di viverlo un po’ più seriamente, concedendomi il fine settimana di chiusura in veste di inviato di kult. Questo nuovo interesse verso il cinema di animazione non è casuale, già negli ultimi anni i maggiori Festival Internazionali hanno portato in concorso e fuori concorso come eventi speciali, titoli che hanno avuto grande successo sia di critica che successivamente di pubblico: da ricordare fra tutti i capolavori del Maestro giapponese Hayao Miyazaki (Orso d’Oro al festival di Berlino 2002 con “La città incantata” e Leone d’Oro alla carriera all’ultimo Festival di Venezia), oppure titoli come “Shrek – Shrek II” prodotto dalla Dreamworks o “Gli Incredibili” prodotto da Pixar/Disney. Non è un caso che a Venezia quest’anno il film forse più applaudito sia stato “La Sposa Cadavere” di Tim Burton. Ovviamente questa è solo la punta dell’iceberg di un immenso movimento di autentici appassionati del cinema di animazione, che utilizzano la rete come scambio di informazioni (e vi esorto a verificarne l’incredibile professionalità).
Il Futur Film Festival, come altri festival simili all’estero, rappresenta, rispetto alle rassegne di cinema tradizionale, dove spesso non c’è una vera ricerca di nuove espressioni stilistiche o di contenuti, ma solamente una vetrina dove poter meglio vendere il proprio prodotto, l’occasione per fare un autentico punto sulla situazione delle attuali tendenze del cinema di animazione e del futuro di questa forma cinematografica. Questo settore è quello che negli ultimi anni ha offerto i maggiori progressi qualitativi e le maggiori innovazioni, per numerosi motivi. Sicuramente le potenzialità tecniche offerte oggi dall’animazione 3d, ha enormemente migliorato la qualità dei lavori, e di conseguenza svincolato, chi crea animazione, dalla primaria preoccupazione di confezionare un prodotto accettabile, indirizzando gli sforzi invece nella direzione di creare un proprio stile particolare e dai contenuti importanti. Visionando proprio i corti in concorso a questo Futur Film Festival, mi ha stupito la varietà di linguaggi e di segni utilizzati per presentare le proprie opere, opposta alla mia idea preconcetta che vi fosse una ricerca di soluzioni grafiche, avendone i mezzi e le possibilità, le più realistiche possibili. In sintesi aver acquisito una qualità tecnica così grande, da poterla accantonare per occuparsi della poesia dell’animazione. Uno dei vantaggi del cinema di animazione è di essere sì in grande progresso, ma non ancora abbastanza da essere considerato, mediamente, un business ed un prodotto da vendere negli ipermercati cinematografici o televisivi, per cui mantiene ancora quella “purezza” di contenuti, quella incontaminazione dai virus produttivi e distributivi che lasciano libertà espressiva agli autori. È per questo che oggi in questo genere si possono trovare idee meno banali e più coraggiose, anche prodotti irriverenti e politicamente scorretti. Difficilmente pellicole come “Team America: World Police” dagli autori di South Park, feroce satira sul potere, o “Terkel” commedia danese ambientata negli ambienti scolastici adolescenziali, visionati a questo Futur Film Festival, avranno uno spazio distributivo nelle sale, se non a seguito di tagli e censure massacranti.
Il Futur Film Festival ben rappresenta il pubblico di appassionati del cinema di animazione italiani, per questo un largo settore è occupato dagli “anime” provenienti dall’oriente, specialmente giapponesi. Anche quest’anno si sono viste numerose anteprime di serie Tv tratte dai manga, dai temi più differenti: anime fantascientifici come “Ghost in the Shell: Stand Alone Complex”, proseguimento ideale dello splendido primo film di Mamoru Oshii, o “KakuRenBo” di Morita Shuhei, uno dei più interessanti esperimenti di animazione digitale; serie giocate sulla simpatica demenzialità come “Dokkoider”, o serie dal carattere più psicologico-filosofico, come l’intrigante “Ali Grigie (Haibane Renmei)”, evento speciale maratona di tutti i 13 episodi che la compongono; ma si sono viste anche serie legate alle problematiche sociali giapponesi come “Rozen Maiden”, un anime che fonde magia e fantastico al preoccupante fenomeno degli “hikikomori”, giovani del sol levante che accedono al mondo solo attraverso internet.
La giornata evento “Inuyasha Day” (a mio parere la meno interessante di quest’anno), la famosa serie che va in onda su MTV, ha rappresentato il culmine di questa sezione del Festival, e si sono viste anticipazioni ed approfondimenti su questo anime di successo, il tutto condito dal “The Cosplay Contest”, che ha premiato i migliori costumi ad esso ispirati. Ma l’animazione giapponese non è fatta solo dai classici anime che nel corso degli anni siamo stati abituati a vedere in televisione: l’anteprima italiana di “Mind Game” di Yuasa Masaaki, ci ha mostrato una carrellata di incredibili soluzioni creative, in uno stile che ricorda il cinema di Quentin Tarantino.
Il Futur Film Festival 2006 ha presentato anche due retrospettive dal titolo “Macchine del tempo” che ha raccolto diverse pellicole fantascientifica sull’idea del viaggio nel tempo, e “Storie di fantasmi giapponesi: spettri e spiriti del folklore nipponico”, omaggio alla ricchissima tradizione giapponese del cinema di fantasmi e spiriti, che Venezia aveva curiosamente anticipato con la pellicola di Miike Takashi “Yokai Daisensou”, proiettata anche qui a Bologna.
Infine omaggi a Jannik Hastrup, autore danese molto conosciuto in Europa e quasi sconosciuti in Italia, Jiri Trnka, grande maestro dell’animazione di pupazzi della Film School Famu di Praga, ed un’ampia sezione sull’animazione made in UK. Ultima considerazione, assolutamente personale e non supportata da elementi oggettivi, ma solo da sensazioni, è che in Italia l’animazione sia considerata, a torto, prodotto di nicchia e quindi economicamente poco vantaggiosa, settore quindi verso il quale è inutile investire. Impressionante invece vedere nei corti in concorso, la grande presenza di opere di eccezionale qualità provenienti dalle scuole di animazioni europee, (francesi, belghe, spagnole ecc..) presumibilmente create da giovani autori. L’animazione made in Italy, anche quella di un certo livello, sembra gestita in maniera autodidatta, con investimenti in proprio, supportata solo dalla propria passione. In Italia la distribuzione cinematografica di prodotti di animazione (anche quelli di altissima qualità) è pressoché nulla, tranne i rari casi delle major americane o dei prodotti natalizi per l’infanzia, spesso invece di pessima qualità, la produzione per il mercato cinematografico inesistente e per quello televisivo rivolta ad un pubblico di bambini (anche la distribuzione dei prodotti esteri creati per un target adulto, vengono trasmessi con tagli per essere adeguati alla visione per i più piccoli) o per la pubblicità. Ma riguardo queste considerazioni, anche il cinema tradizionale in Italia risente degli stessi problemi, e quindi a maggior ragione anche il cinema d’animazione.