POSSANZA CALABRA
Un bel romanzo, una saga del cuore, una voce di speranza in meccanismi socioeconomici spesso disperati e tanto, tanto, primitivi.
Peccato però che, se l’autore non avesse esordito in Germania, l’Italia lo avrebbe conosciuto poco e male, nella migliore delle ipotesi…
Basta leggere attentamente la nota biobibliografica in bandella per rendersi conto di quanto oscuro provincialismo alligni nella cosiddetta grande editoria nostrana.
E, detto fra noi, mai avrei preso dallo scaffale quest’opera se non in virtù di un’iniziativa promozionale – atroce ma efficiente – tutta da ipermercato: vi vendono i “libri a peso”, sissignori! e testi che costavano circa quindici euro se non di più, te li ritrovi tuoi alla modica spesa di 2 euro o poco più.
E prezzati tale e quale come fanno le macchinette-bilancia nel reparto ortofrutta: stesso cliché preconfezionato che tra l’altro riporta la dicitura da consumarsi pref. entro il...
Due note sul romanzo, adesso: una saga, dicevo.
Una delicata e avita saga che si sviluppa intorno ad un sogno di ricostituzione e risanamento sociofamiliare: la ricostruzione della locanda di famiglia: “Il Fondaco del Fico”.
Locanda che cessò bruscamente la sua carriera mercé le atrocità introdotte dalla repressione piemontese (non italiana; piemontese!) del brigantaggio; e le infernali conseguenze sue che passeranno alla storia come “questione meridionale”.
Questione meridionale che, con tutto il rispetto per le analisi storico-socio-economiche preziosissime che da quella mole di studi (si pensi a Giustino Fortunato, a De Viti De Marco, a Salvemini; fino a Giuseppe Di Vittorio) scaturiscono, a volte sono tanto precise ed esaustive da paradossalmente celare quanta forza e desiderio di ricostituzione alligni in queste nostre terre del Sud; Calabria, nello specifico letterario in commento.
Chi scrive ha miracolosamente potuto constatarne, per esperienza diretta in loco assieme alla propria compagna, sostanza e terribile forza.
Giorgio Bellusci, protagonista vero del romanzo (anche se “flitrato” dall’io narrante meticcio di suo nipote Florian) è un eroe calabrese, meridionale, italiano.
Fino all’ultimo, cattivissimo ma purtroppo quasi scontato, finale.
Un finale che però non fa altro che rafforzare l’idea della resistenza all’abuso, la pervicace volontà ricostitutiva e ricostituente.
Il lato “tosto”, eroico, del patriarcato.
E, credetemi: detto da una femminista omosessuale innamoratissima della propria Donna, questo è davvero più che un complimento.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.
Carmine Abate (Carfizzi, Cosenza, 1954), romanziere italiano.
Emigrato da giovane in Germania, oggi vive in Trentino. Ha esordito nel
Per avere cognizione del successivo percorso editoriale, culminato col presente imprimatur-Mondadori, vi rimando alla bandella del testo esaminato.