C’è un libro interessante di un saggista inglese del secolo scorso, C.S. Lewis, famoso al grande pubblico per avere scritto anche le Cronache di Narnia, con le loro recenti trasposizioni cinematografiche, che si chiama “Le lettere di Berlicche”. In questo libro, l’autore descrive in modo parodistico, tramite il dialogo epistolare fra un diavolo anziano e il suo inesperto nipote, i modi in cui il Male riesce a tentare l’uomo; con uno stile ironico e spassoso, Lewis fa capire come il male morale che l’uomo commette spesso è frutto, più che di crudeltà, di un razionalismo giustificatorio e assolutorio che porta l’uomo a fare il male, continuando a vivere serenamente bene e pensando pure di “fare la cosa giusta”.
Devo dire che il sottotitolo di questa ultima opera di Bandura sul disimpegno morale (“come facciamo il male continuando a vivere bene”) mi ha proprio richiamato allo stesso tema presente in quel libro letto qualche anno fa…
In realtà la prospettiva di Bandura, psicologo di origine canadese, tra i più importanti rappresentanti della teoria di psicologia sociale cognitiva, in un saggio sicuramente più denso e più scientificamente fondato, si muove in un’ottica psicologica di studio della mente umana, per arrivare a dimostrare che la moralità umana, intesa come capacità nell’uomo di “agire” in modo compassionevole e che promuove il bene degli altri individui, è spesso insidiata da ragionamenti “assolutori” che cercano di giustificare invece, sia a livello individuale che sociale, pratiche crudeli e inumane perpetrate per ottenere il massimo profitto in ogni situazione.
Il volume consta di più di 600 pagine, di cui si può evidenziare anche un congruo numero di pagine dedicate alla bibliografia (ci sono più di 50 pagine di bibliografia). E’ frutto quindi di un lavoro enorme che l’autore ha compiuto partendo da una semplice proposta di raccogliere in un unico libro diversi saggi che aveva già pubblicato sull’argomento; eppure dalla redazione dei capitoli, lo stesso autore si è accorto dell’importanza di pubblicare non più solo una raccolta antologica, quanto piuttosto un lavoro ex-novo che non solo raccogliesse il materiale già precedentemente esposto, ma un’opera nuova che rappresenta una sintesi attualizzata delle riflessioni maturate da Bandura su questo tema.
Un altro aspetto da notare è la triste coincidenza fra il lavoro sul libro e la concomitante morte della moglie, a cui viene dedicato il volume, per la stesura del quale ha impiegato molto tempo, che segna perciò per l’autore un momento di riflessione personale importante.
Alla base di questo testo troviamo la teoria dell’”agentività” (agency come si preferisce lasciare in questo testo), che è un punto centrale della teoria sociale e cognitiva di Bandura, secondo la quale l’uomo è il soggetto principale delle proprie azioni, aldilà di qualsiasi determinismo biologico o sociale ed è in grado di valutare l’auto-efficacia dei propri comportamenti in costante dialogo con i condizionamenti esterni ed ambientali.
In questo senso il giudizio morale sul proprio agire costituisce una fase importante dell’azione umana e quando, per ragionamenti personali o per induzione sociale, questa parte di riflessione sui propri comportamenti viene a essere “messa a tacere” l’uomo diventa capace progressivamente di compiere le azioni più crudeli o immorali senza percepirne la gravità producendo una disumanizzazione di massa.
Sia che si tratti del ciclista che usa sostanze dopanti perchè si sente inserito in un contesto di competizione in cui le sostanze rappresentano la normalità, oppure lo stato che lucra sulla vendita del tabacco auto-assolvendosi con il semplice marchio di avvertenza sui pacchi di sigarette, oppure il gerarca nazista che compie le più atroci crudeltà delegando la propria responsabilità sugli ordini da eseguire o il terrorista che uccide identificando nel civile inerme il nemico delle proprie convinzioni pseudo-religiose, il filo rosso dei comportamenti dannosi e disumani spesso sta nella capacità della psiche umana di disimpegnarsi moralmente tramite dei ragionamenti o il condizionamento del vedere che alcuni comportamenti non vengono sanzionati socialmente, anzi si amplificano grazie a una generale diffusione nella società.
Il libro in otto capitoli si può dividere in due parti: una prima parte (i primi due capitoli) consiste nell’introduzione teorica che mostra la natura dell’”agency umana” e i meccanismi diversi di disimpegno morale; in questa parte Bandura offre una sintesi del proprio pensiero e della propria teoria sociale cognitiva che viene presentata in modo completo, con un linguaggio chiaro e ricco di esempi presi dall’attualità e permette di farsi un’idea aggiornata di una teoria psicologica che viene considerata fra le più innovative per “sdoganare” la visione antropologica contemporanea da qualsiasi determinismo biologico o sociale e restituire all’uomo stesso una corretta idea di libertà situata nel proprio cervello e nella propria corporeità.
La seconda parte costituisce l’applicazione della teoria sui meccanismi del disimpegno morale a diversi ambiti della vita sociale contemporanea, includendo temi di strettissima attualità e riflessioni molto interessanti su quello che influenza il comune sentire di tutti noi: i titoli di questi capitoli possono dare un’idea della ricchezza di questa parte che prende in esame appunto l’industria dell’intrattenimento, quella delle armi, il mondo aziendale, la pena capitale, il terrorismo e l’anti-terrorismo, la sostenibilità ambientale.
Anche questa seconda parte è ricchissima di spunti tratti dall’attualità, citazioni di fatti di cronaca, esempi presi da avvenimenti di politica internazionale. La lettura dei capitoli permette di “aprire la mente” alle questioni morali che spesso sottendono a tante questioni sociali, politiche, mediche, economiche, commerciali.
Per espressa precisazione dell’autore il libro è rivolto non solo ad esperti di psicologia, ma ha l’intenzione di raggiungere un vasto pubblico; questa intenzionalità è raggiunta presentando un testo che riesce a offrire contenuti molto profondi e eccezionalmente aggiornati con un linguaggio e un taglio costantemente “giornalistico” e legato all’attualità.
In questo senso il libro è un contributo importante per ridare dignità anche alla disciplina morale, alle domande sul bene e sul male, che troppo spesso vengono ignorate in nome di un facile pragmatismo e utilitarismo di cui spesso tutti noi siamo “figli”. La moralità non viene più relegata alla dimensione privata e individualista; si sottolinea al contrario come la moralità debba recuperare una profonda connotazione sociale, sia perchè è soprattutto nella socialità che l’uomo apprende e vive la dimensione morale, sia perchè solo promuovendo pratiche basate sull’umanità e sulla compassione la società potrà progredire ed evitare quella implosione che ha sempre portato nella storia terribili conseguenze.
Il lavoro di Bandura offre quindi un preziosissimo contributo per riflettere sulla dimensione morale della vita e per avere uno sguardo più completo su tanti comportamenti sociali che spesso ci influenzano in modo inconsapevole.
Come facciamo del male continuando a vivere bene