Strani questi italiani:
sono così pignoli che in ogni problema cercano il pelo nell’uovo.
E quando l’hanno trovato, gettano l’uovo e si mangiano il pelo.
Benedetto Croce
Una lettura semplice e letterale, articolo per articolo, del testo della Costituzione così come esce dalla legge di riforma Costituzionale approvata definitivamente dalla Camera dei Deputati il 12 aprile 2016, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.88 del 15-4-2016
[1], senza nessun’altra elaborata considerazione in merito, ad esempio, agli aspetti più vantaggiosi che la riforma intenderebbe perseguire, come i risparmi di spesa pubblica ottenuti dal nuovo assetto degli organi costituzionali, oppure alla opportunità “politica” nell’avere una certa procedura nella formazione delle leggi, o ancora sulla interazione fra riforme costituzionali e nuova legge (ordinaria) elettorale (c.d.
italicum) del “nuovo” Parlamento “monocamerale”. Questi ultimi aspetti sono al centro del dibattito pubblico, che porterà al prossimo
Referendum confermativo di ottobre (?) 2016, dunque ampiamente valutati da giuristi, commentatori politici e giornalisti, ben più attrezzati rispetto a noi e addentro alle logiche dell’attività nei palazzi romani delle istituzioni
[2]. Il fine unico di questa operazione, che non è detto che riesca in quanto a leggibilità e comprensione da parte dei lettori
[3], è quello di capire se il
quadro istituzionale che esce dalla più imponente riforma della nostra Carta fondamentale (si modificano in modo più o meno esteso ben 46 articoli su 139) dalla sua entrata in vigore (1 gennaio 1948), sia più semplice e lineare, le procedure più fluide, rapide ma ugualmente democratiche, o se invece, paradossalmente, esso si riveli “appesantito” da una disciplina dettagliata di elaborati adempimenti procedurali, termini temporali, operazioni di calcolo di maggioranze parlamentari, in realtà poco adatta a trovar posto in una Costituzione. Il sistema potrebbe o potrà funzionare meglio ed essere più veloce nell’assunzione di provvedimenti rispetto alla situazione attuale?
L’illustrazione e il commento seguirà la numerazione progressiva degli articoli del testo costituzionale modificati (in diversi casi solo in pochi termini come i riferimenti alle due Camere che mutano in relazione alla sola Camera dei Deputati)
[4]:
1. Il superamento del cosiddetto “bicameralismo perfetto”, infatti costituisce la novità più rilevante della riforma. Il legislatore costituzionale ha voluto introdurre un “bicameralismo differenziato”, in cui il
Parlamento continua ad articolarsi in Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, ma i due organi hanno
composizione diversa e
funzioni in gran parte differenti al fine auspicato di “razionalizzare e velocizzare la funzione di formazione delle leggi”
[5].
· A differenza dell’attuale
art.55 (due semplici capoversi), il nuovo articolo si compone di sei commi, in cui il nuovo 2° afferma il principio “
Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza.”, norma che ci sembra una ripetizione (non necessaria), del principio di “pari opportunità” già affermato a livello costituzionale
dall’art.51, come riformato nel 2003
[6].
· Il nuovo 3° comma prevede “
Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione”, dimostrando come il Legislatore abbia voluto togliere ai Senatori la formale “rappresentanza della Nazione”, attualmente richiamata dall’articolo
67 Cost. Essi divengono invece rappresentanti delle istituzioni territoriali, da cui provengono in maggioranza
[7], anche se la circostanza appare incoerente, nel senso che i Senatori (pur essendo per 95 unità su 100 Sindaci di città e Consiglieri regionali), quando siedono nella seconda Camera del Parlamento nazionale dovrebbero assumere un ruolo e uno
status che si innalza dal semplice livello locale che li esprime, senza tener conto dei 5 Senatori nominati dal Capo dello Stato e dei Senatori a vita (ex-Presidenti della Repubblica) che hanno per loro natura una statura, per lo meno, “nazionale”.
· Il nuovo 4° comma detta che “La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo.”
· Il nuovo (esteso) 5° comma stabilisce che “Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato”.
Dunque, dalla semplice lettura di questo fondamentale comma integrato nella Costituzione, si delinea una nuova, all’apparenza, incisiva
funzione di controllo del Senato, le cui concrete
modalità di esercizio, oltre ad essere probabilmente oggetto di una futura
integrazione legislativa (ordinaria o meno) del dettato costituzionale e dei
Regolamenti parlamentari, stanno dietro a verbi come “Concorrere, Partecipare, Valutare”
[8]; in ogni caso un ruolo che potrebbe competere assai più del previsto con quello della Camera dei Deputati, con conseguenze negative proprio sulla rapidità dei processi legislativi.
· Il nuovo
art.57 riguarda appunto la composizione del Senato: comma 1° “
Il Senato della Repubblica ècomposto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori.”[9].
· Il nuovo comma 5°stabilisce che “
La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma.”; il Senato diviene dunque organo a rinnovo parziale e continuo, non sottoposto a scioglimento
[10].
· Il nuovo comma 6° contiene ancora un caso di “bicameralismo perfetto”: “
Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità diattribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio.”; dunque la “legge elettorale” interna alle Assemblee elettive regionali per l’elezione (di secondo grado) del Senato, dovrà essere adottata da entrambe le (attuali?) Camere, prima cioè della prossima legislatura, momento in cui troverà applicazione la riforma e si avrà necessità di designare i membri del nuovo Senato
[11].
· L’
art. 59, al nuovo 2°comma prescrive “
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Tali senatori durano in carica sette anni e non possono essere nuovamente nominati.”. L’operazione compiuta qui dal legislatore appare poco comprensibile e introduce ulteriore complessità; nel testo vigente il potere presidenziale è limitato al numero massimo di 5 Senatori “a vita” da Lui nominabili, mentre la riforma sembra togliere ogni limite numerico, per porne uno temporale al mandato (al massimo di 7 anni), per personalità con altissimi meriti sociali, scientifici, artistici o letterari, che, come Senatori, “non rappresentano la Nazione” e per di più sono inseriti in un organo legislativo con competenze limitate al livello regionale. Si vorrebbe solo mantenere un potere (anacronistico?) tipico del Monarca assoluto, in capo al Presidente della Repubblica
[12]?
· L’art. 63 prevede un nuovo 2° comma riguardante il regolamento interno del Senato: “Il regolamento stabilisce in quali casi l’elezione o la nomina alle cariche negli organi del Senato della Repubblica possono essere limitate in ragione dell’esercizio di funzioni di governo regionali o locali.” La ratio della norma è quella di evitare che si cumuli nello stesso soggetto la rappresentanza di organi istituzionali monocratici di diversa natura ed estrazione (es. Presidente di Regione e Presidente del Senato o di Commissione interna).
· Nell’
art. 64 vengono inseriti 2 nuovi commi, il 2° e il 6°. Per il
2° “
I regolamenti delle Camere garantisconoi diritti delle minoranze parlamentari.Il regolamento della Cameradei deputati disciplina lo statuto delleopposizioni”. La modifica introduce così in Costituzione il richiamo alle “opposizioni” ed alle “minoranze” lasciando ai
regolamenti parlamentari la descrizione in concreto delle forme e delle modalità in cui si esplicano i relativi diritti
[13]. A questo punto si rileva ancora un punto di
potenziale incoerenza in questo “innovativo” principio generale: la specifica garanzia nei confronti delle
opposizioni opera solamente alla
Camera dei Deputati, nel presupposto che essa sia l’unica Camera “politica” di natura elettiva diretta, competente a votare la fiducia al Governo. In realtà, come emerge dal testo degli articoli riportati sopra, anche al
Senato si formerà un gruppo di parlamentari-consiglieri di area politica uniforme alla maggioranza di Governo nazionale, e altri gruppi di opposizione, e le competenze affidate a questa “Camera delle autonomie” sono in realtà consistenti nel numero e la sua iniziativa è rilevante, come vedremo, anche nel procedimento di formazione delle leggi.
· Al comma 6° del medesimo articoloè contenuta invece una norma, apparentemente “innovativa”, che lascia piuttosto perplessi: “
I membri del Parlamento hanno il doveredi partecipare alle sedute dell’Assembleae ai lavori delle Commissioni”. Ci chiediamo, con la semplicità che caratterizza queste riflessioni, se una “ovvietà” del genere andasse scritta in una Costituzione… o è solo un dubbio dell’ingenuo “giurista di strada” e non d’accademia, quale mi ritengo
[14]?
· L’
art.66 Cost., in base al quale ciascuna Camera giudica dei “titoli di ammissione” dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità degli stessi
[15], viene integrato da un 2° comma per il quale “
Il Senato della Repubblica prende atto della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da senatore.” Tale disposizione chiarisce che tutte le
cause che comportano la cessazione della carica elettiva regionale o locale (quali la decadenza a seguito dell’accertamento di una causa di ineleggibilità, incandidabilità o incompatibilità, le
dimissioni, ma anche lo scioglimento del Consiglio Comunale per il Sindaco) determinano la decadenza da Senatore; l’effetto della decadenza è automatico, in quanto il testo prevede che il Senato si limita ad una mera
presa d’atto[16].
· L’
art. 67, stabilendo che “
I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato.”, mantiene anche per i Senatori (come per i Deputati della Camera), la libertà, nell’esercizio delle proprie funzioni, dall’obbligo di agire rispettando le istruzioni o direttive da parte della formazione politica o Ente territoriale di provenienza
[17].
· L’
art. 69, riferito nel testo vigente ai “membri del Parlamento”, viene riscritto in questo modo: “
I membri della Camera dei deputati ricevono una indennità stabilita dalla legge”. Di conseguenza la corresponsione dell’indennità parlamentare è eliminata per i Senatori Sindaci e Senatori Consiglieri Regionali, il cui trattamento economico è solo quello spettante per la carica di rappresentanza territoriale che rivestono (e vedremo tra le norme costituzionali riformate, sulle autonomie regionali, che ci si occupa anche dello stipendio di Sindaci e Consiglieri)
[18].
Queste prime disposizioni della riforma, relative all’area riforma del Parlamento, non brillano certo per immediata leggibilità, cristallina coerenza e capacità di essere immediatamente applicabili senza ulteriori integrazioni legislative e/o regolamentari, integrazioni che dovranno essere completate entro poco tempo dalla entrata in vigore delle nuove norme, e cioè prima della legislatura che inizierà dopo lo scioglimento del Parlamento attualmente in carica.
Vedremo nella prossima parte di questo commento come, purtroppo, il livello di complessità degli articoli modificati, relativi ad altre importanti ed estese aree riformate della Carta (procedimento legislativo, Titolo V° ecc.), rimanga alto se non addirittura aumenti…
Tutto il male dell’Italia viene dall’anarchia. Ma anche tutto il bene.
Giuseppe Prezzolini