Traduzione di Bruno Meriggi
Arnoldo Mondadori Editore S,p,A,
Narrativa romanzo
Pagg. 420
ISBN 9788804493020
Prezzo € 10,00
Il rispetto per gli altri
Almeno io ne sapevo ben poco della storia dei Balcani e in particolare della Bosnia, teatro di un recente conflitto derivante dalle varie secessioni della Repubblica di Jugoslavia, ora non più esistente. Eppure si tratta di fatti di nazioni che ci sono abbastanza vicine, ma che ci sono soprattutto note per massacri di cui spesso ci sfuggono i motivi. Il problema è che quelle zone ci sono sempre sembrate delle semplici entità geografiche, dapprima assoggettate all’impero ottomano e poi a quello austro.ungarico, territori che nel nostro immaginario sembravano costituire un’unica entità e che invece erano e sono popolati da nazionalità ben diverse e ben distinte. Nel leggere questo romanzo storico, scritto da Andric fra il 1942 e il 1943, pubblicato nel 1945 appena finita la seconda guerra mondiale, ne possiamo sapere motto di più e peraltro in modo piacevole, benché il ritmo sia lento, come i secoli in cui si svolge la trama, ma è lo scotto da pagare per poter finalmente capire. Tutto si svolge nella cittadina di Visegrad, sita nella parte orientale della Bosnia, in un arco di tempo che va dal XVI secolo fino alla Prima guerra mondiale. Il protagonista non è una persona, ma un ponte eretto sul fiume Drina per volontà di Mehmed Sojolovic Pascià, un Visir dell’impero ottomano originario del luogo. Questa costruzione, imponente e anche ardita, vede impassibile, come la pietra di cui è fatta, avvenimenti, fatti e conflitti che accaddero in questo lungo periodo in quella terra. Si sviluppano così una serie di racconti, anche di aneddoti, ambientati intorno al ponte o anche sullo stesso dando vita a un romanzo storico epico e di grande respiro, corale, ma anche individuale, con cui Andric ci rende edotti della storia di Visegrad e dell’intera Bosnia, un cuscinetto interposto fra le culture orientali e quelle occidentali, fra la religione mussulmana e quella cristiana, luogo di passaggio di mercanti che si spostano da un mondo all’altro, così che le genti balcaniche si mescolano, inevitabilmente contaminate da altre civiltà, in uno scambio continuo, che se da un lato rappresenta una fonte insperata di crescita, dall’altro è motivo di conflitti, spesso sanguinosi. Ivo Andric descrive e racconta con un senso di umana pietà, approfondendo le tematiche e senza mai giudicare, ma non solo, perché ha la capacità di farci rivivere situazioni e ambienti, finendo con il porgerci la mano per poter entrare anche noi nel cuore di quella che é l’ex Jugoslavia.
Pagina dopo pagina si finisce con l’essere avvinti e giunti all’ultima mi sono accorto che Andric è riuscito a sfatare i miei preconcetti, in un messaggio, di grande efficacia, di pace e di rispetto, non solo fra quelle etnie, ma per tutte le etnie, poiché la storia che ognuno di noi si porta dietro, quella che chiamiamo le nostre radici merita lo stesso rispetto di quella degli altri. E quindi Il ponte sulla Drina va oltre il semplice romanzo storico, ma è una di quelle opere che restano patrimonio dell’umanità.
Ivo Andric fu uno dei maggiori rappresentanti delle letterature slave novecentesche. Nato nel 1892 nelle vicinanze di Travnik (Bosnia), è appunto alle lontane e complesse vicende storiche del suo paese che Andric dedicò la propria attenzione di scrittore dalla forte impronta realistica. Durante gli anni che precedettero il primo conflitto mondiale e la costituzione dello Stato iugoslavo aderì al movimento irredentista serbo e per questo venne condannato anche al carcere e al confino. In seguito si dedicò alla carriera diplomatica, soggiornando in diverse città europee, e approfondendo nel frattempo la vocazione letteraria. Risale agli anni Trenta la pubblicazione di alcuni volumi di novelle e al 1945 quella dei due romanzi maggiori, La cronaca di Travnik eIl ponte sulla Drina. Dopo la Seconda guerra mondiale Andric continuò la sua attività di scrittore e nel 1961 venne insignito del premio Nobel. Morì a Belgrado nel 1975.