Molti sfuggono alla pena ma non ai rimorsi della loro coscienza.
L. Mazza
Nel mondo del diritto questo fenomeno ricorre ogni volta in cui, in seguito ad un intervento legislativo, determinati fatti costituenti reato cessano di essere considerati tali, per essere assorbiti nella categoria degli illeciti amministrativi, e come tali soggetti solo ad una sanzione
pecuniaria, appunto “amministrativa”.
E l’ipotesi nel nostro Paese non è certo una novità: l’intervento più significativo fu compiuto oltre trent’anni fa con la legge n.689 del 1981 la quale operò un notevole ampliamento del campo dell’illecito amministrativo depenalizzando gran parte dei reati di minima entità
[1]. Tale norma codificò, anche per l’illecito amministrativo, alcuni principi garantistici di fondamentale importanza come quello di legalità (art.1
[2]) e di colpevolezza (art.3
[3]), estendendo a tale forma di illecito buona parte della disciplina prevista dalle norme di parte generale del Codice Penale per i reati
[4].
Fin da allora il legislatore era evidentemente mosso dall’intento di fronteggiare le già gravi disfunzioni del sistema giudiziario al fine di ridurre il sovraccarico penale dei Tribunali e l’affollamento delle carceri, adeguandosi alla più moderna cultura giuridica che considera il ricorso alla pena criminale (in particolare alla restrizione della libertà personale in carcere) come
extrema ratio, il rimedio, cioè, da adottare esclusivamente per le più gravi violazioni e, comunque, per la tutela di quei valori sociali e di quei beni che non possono essere adeguatamente difesi altrimenti
[5].
Ed è proprio per perseguire ancora queste finalità, nella perdurante condizione critica del sistema della giustizia penale nel nostro Paese (mai affrontata nell’ultimo trentennio con i necessari e radicali interventi strutturali e/o normativi), che il Parlamento ha approvato lo scorso anno una
Legge, la n. 67 del 28 aprile 2014, intitolata “
Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili”
[6]. L’argomento è, a ben vedere, molto complesso anche perché la citata Legge delega prevede non solo una limitata effettiva depenalizzazione
[7] di reati, quanto piuttosto una serie di altri interventi in relazione ai quali si sono diffuse notizie incontrollate, provenienti da varie fonti di informazione (o di vera e propria disinformazione, a seconda dei casi), circa presunte “liberalizzazioni” indiscriminate di condotte illegali assai dannose e causa di forte allarme sociale.
Il punto sta nel comprendere cosa effettivamente prevede la legge e in che cosa consistono le ulteriori norme di dettaglio recentemente emanate dal Governo al fine di attuare i “
principi e criteri direttivi” dettati dal Parlamento
[8], disposizioni che, nel loro complesso, potrebbero rappresentare una “piccola rivoluzione” per l’ordinamento italiano.
Innanzitutto, nel Codice Penale entra a pieno titolo la
pena detentiva “non carceraria”, ossia reclusione o arresto presso l’abitazione o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza o accoglienza (“domicilio”). In altri termini, “
i domiciliari” dovranno diventare pena principale da applicare in automatico a tutte le
contravvenzioni attualmente colpite da
arresto e a tutti i
delitti il cui massimo edittale (cioè previsto dalla legge) è fino a
3 anni di reclusione. Se invece la pena della reclusione va da 3 a 5 anni, sarà il Giudice a decidere se infliggere la
reclusione in carcere o gli
arresti domiciliari, tenendo conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del condannato
[9]. La misura è evidentemente finalizzata ad abbassare la pressione “abitativa” sugli istituti penitenziari, che non sarebbero più la destinazione finale per i condannati a pene definitive (anche) fino a 5 anni; già su questo punto parte significativa dell’opinione pubblica si dimostrerà contrariata, data la diffusa “impostazione culturale” (molto comprensibile umanamente ma poco attenta al concetto costituzionale di
finalità rieducativa della pena), che vede nella carcerazione la meritata “punizione” per chi commette reati, specie in un Paese come l’Italia caratterizzato, per così dire, da una “illegalità diffusa”. Infatti, il primo istinto è quello della rivalsa, o ritorsione o ancora, con termine “politicamente scorretto”, ma sostanzialmente indovinato, quello della “
vendetta”, ancor più se le conseguenze negative del reato hanno coinvolto personalmente; tuttavia è altrettanto immediato comprendere che non sarebbe fisicamente tollerabile (e concretamente forse possibile), rispondere ad ogni violazione della legge penale con la misura del carcere. In ogni caso, la legge esclude che tale “beneficio” possa essere concesso a chi viene ritenuto (dalla legge o dal Giudice), delinquente “abituale”, “professionale” o “per tendenza”, e a quei soggetti che
non dispongono di un “…
domicilio idoneo ad assicurare la custodia del condannato ovvero quando il comportamento del condannato, per la violazione delle prescrizioni dettate o per la commissione di ulteriore reato, risulti incompatibile con la prosecuzione delle stesse, anche sulla base delle esigenze di tutela della persona offesa dal reato[10]”.
Ciò nondimeno le norme più “apparentemente” impattanti sono quelle previste dall’art.2 della legge delega, che prevedono ipotesi (in realtà limitate come vedremo) di vera e propria “depenalizzazione”: eppure circola online una lista di ben 112 reati per la quale la legge in esame avrebbe previsto la impunità di fatto.
In realtà saranno depenalizzati in senso proprio, e quindi “trasformati” in illeciti amministrativi, i reati per i quali è prevista la sola pena (pecuniaria) della multa o dell’ammenda, ad eccezione dei reati rientranti in alcune materie, ritenute di particolare importanza e delicatezza, quali:
1) edilizia e urbanistica; 2) ambiente, territorio e paesaggio; 3) alimenti e bevande; 4) salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; 5) sicurezza pubblica; 6) giochi d’azzardo e scommesse; 7) armi ed esplosivi; 8) elezioni e finanziamento ai partiti; 9) proprietà intellettuale e industriale;
Indipendentemente dalla pena stabilita, saranno inoltre trasformati in illecito amministrativo i seguenti reati (art.2, II comma lett.b):
·
atti osceni in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico se il fatto avviene con dolo (art. 527, primo comma, c.p.)
[11];
· pubblicazioni oscene, previsto dall’articolo 528 c.p., mentre restano fatto di reato gli spettacoli osceni;
· la contravvenzione che punisce il rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto (articolo 652 c.p.);
· la contravvenzione che punisce il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (articolo 659 c.p.);
· la contravvenzione che punisce l’abuso della credulità popolare (articolo 661 cp);
· la contravvenzione che punisce le rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive (articolo 668 c.p.);
· la contravvenzione che punisce chi compie atti contrari alla pubblica decenza (turpiloquio) in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico (articolo 726 c.p.).
Sarà depenalizzato anche il reato di
omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali[12], mentre è pure prevista la trasformazione in illecito amministrativo di alcune contravvenzioni “minori” previste da leggi speciali, e punite con la pena alternativa (a scelta del magistrato giudicante), dell’arresto o dell’ammenda.
Ancora diverso è il destino, previsto dalla legge, per altre figure di reato previste dal Codice Penale, per le quali effettivamente costituirà un problema, a parere di chi scrive, la mancanza di tutela penale nei confronti di atti illeciti contro il patrimonio di cittadini privati. Sarannoabrogati (quindi scompariranno e non diventeranno nemmeno illeciti amministrativi) i seguenti reati:
· delitto di falsità in scritture private (art. 485 – art. 489 C.P.) ad esclusione di ciò che prevede l’articolo 491 (documenti equiparati agli atti pubblici quale il testamento olografo, la cambiale o altro titolo di credito);
· l’ingiuria (articolo 594 c.p.);
· la sottrazione di cose comuni (articolo 627 c.p.);
· l’usurpazione (forma di appropriazione di beni immobili articolo 631 c.p.);
· la deviazione di acque (articolo 632 c.p.);
· l’invasione di terreni o edifici privati (art. 633 c.p.);
· il danneggiamento delle cose altrui nelle ipotesi non aggravate a querela della persona offesa (articolo 635 co. 1 c.p.);
· l’appropriazione di cose smarrite, del tesoro o di cose avute per errore o caso fortuito (articolo 647 c.p.).
Meccanismo diverso dalla “depenalizzazione” (ma a questo erroneamente equiparato), è quello previsto dalla
lettera m) dell’
art.1 della L. 28-04-2014 n.67, con il quale il Parlamento “
delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per: m) escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuitàdell’offesa e la non abitualità del comportamento, senza pregiudizio per l’esercizio dell’azione civile per il risarcimento del danno e adeguando la relativa normativa processuale penale;”. Il legislatore, in altri termini, ha esteso l’istituto della “non punibilità” per cosiddetta “irrilevanza del fatto” al sistema penale comune, istituto già conosciuto nell’ordinamento
minorile[13] e in quello relativo alla
competenza penale del Giudice di Pace[14]. Dal punto di vista del legislatore delegante, l’esigenza economica e sociale sottesa all’intervento normativo è stata quella di sottrarre alla materia penale fatti e condotte che, pur corrispondendo ad una fattispecie di reato, presentino una offensività talmente attenuata da ritenere che l’intervento della complessa macchina sanzionatoria penale possa costituire una risposta eccedente rispetto all’offesa al bene giuridico protetto (esempio di scuola può essere “
il furto di una mela”). Nelle intenzioni del Governo la modifica normativa dovrebbe consentire, nel medio e lungo periodo, di evitare che per fatti occasionali e di contenuta gravità sia celebrato il processo penale e di alleggerire in modo significativo il carico giudiziario secondo una stima ragionevole
[15]. Anche per questo questa parte della legge delega ha avuto una relativa rapida attuazione: dopo i prescritti pareri di Camera e Senato, il Governo ha emanato il
Decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28 che detta “Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto”, entrato in vigore lo scorso 2 aprile 2015.
Il Decreto porta modifiche tanto al
Codice Penale quanto a quello di Procedura Penale: per quanto riguarda il primo, viene introdotto un nuovo art.
131bis che stabilisce che “
Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale”
[16]. La norma prevede poi, al secondo comma, una
serie di casi nei quali l’offesa
non può comunque essere ritenuta di particolare tenuità[17].
Dunque il reato può “non essere punito” non solo quando il fatto sia di “particolare tenuità”, ma anche quando il comportamento del colpevole risulti “non abituale”, volendosi evitare che chiunque si senta “libero” di ripetere più volte comportamenti che, considerati singolarmente, possono anche essere di scarso rilievo. Per esemplificare, potrà evitare la pena chi rubi una volta al supermercato pochi prodotti di scarso valore, oppure la persona che rivolga una volta ad un condomino una ingiuria, ma se i piccoli furti al supermercato si ripetono, oppure le offese tra condomini diventano abituali, allora il colpevole non potrà più sperare nell’applicazione del nuovo istituto
[18]. I
criteri ai quali il Giudice dovrà attenersi per valutare l’eventuale tenuità della condotta del responsabile sono quelli previsti dall’art.
133 del Codice Penale, sulla base del “generale”
potere discrezionale nell’applicazione della pena che l’articolo
132 riconosce allo stesso organo giudicante (monocratico o collegiale che sia). Il Giudice deve tener conto della
gravità del reato, desunta:
1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione;
2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato;
3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa.
Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta:
1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;
2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato;
3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;
4) dalle
condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo[19].
Anche la disciplina processuale del
Codice di Procedura Penale ha subito modifiche dal Decreto attuativo della nuova legge: il procedimento penale contro l’indagato può concludersi già nella fase delle
indagini preliminari, prima di arrivare al vero e proprio giudizio. Il Pubblico Ministero, infatti, può chiedere al Giudice l’
archiviazione quando ritiene che il fatto sia di particolare tenuità e non sia abituale
[20]. In questo caso, però, il PM deve informare della richiesta la
persona offesa (cioè la vittima) del reato. Questa, nel
termine di 10 giorni dalla comunicazione, può dichiarare di
opporsi alla richiesta di archiviazione, esponendone le
ragioni: ad esempio la vittima potrà dimostrare di aver subito un danno grave a causa del reato, o, ancora, che l’indagato ha agito per motivi futili o ha commesso più volte gli stessi fatti ecc
[21]. Se le
indagini sono state
chiuse e il sospetto colpevole è
rinviato a giudizio, il Giudice può applicare la non punibilità con una
sentenza di proscioglimento che può aversi:
· prima che inizi al processo: nella prima udienza il Giudice può infatti ritenere di potere applicare la nuova disciplina anche senza procedere al giudizio, quindi proscioglie immediatamente l’imputato (art.469 c.p.p.),
· alla
fine processo: se le prove acquisite nel processo (documenti, testimonianze ecc.) dimostrano che il fatto è di particolare tenuità e non è abituale il giudice pronuncia una sentenza di proscioglimento perché l’imputato non è punibile
[22].
L’archiviazione o il proscioglimento per particolare tenuità del fatto
non equivalgono ad una assoluzione, quindi producono comunque delle conseguenze negative per l’indagato/imputato. Infatti, un’altra conseguenza rilevante della sentenza di non punibilità, riguarda gli effetti di questa nei
procedimenti civili e
amministrativi; essa vale come prova definitiva del fatto che l’imputato ha commesso il reato: il
danneggiato, quindi, potrà utilizzarla per chiedere al colpevole e al responsabile civile (es. società di assicurazione) il
risarcimento dei danni e le
restituzioni in un distinto procedimento civile o amministrativo, senza necessità di dover produrre altre prove della sua responsabilità
[23].
I provvedimenti giudiziari che assolvono per non punibilità sono iscritti nel
casellario giudiziale del colpevole e vi rimangono per un periodo di
10 anni. Ciò è stato previsto, ovviamente, per permettere al Giudice di conoscere se la stessa persona ha già goduto altre volte della causa di non punibilità e, quindi, ha già commesso in passato altri reati, anche se di minima gravità
[24].
Certo, il principale rischio connesso alla operatività dell’istituto è quello di avere una sostanziale e generale “depenalizzazione” (nel senso di perdita della natura di reato di fatti che rimangono tali, seppur di lieve entità), laddove fosse applicato dalla magistratura oltre i limiti di ragionevolezza e con eccessiva discrezionalità: in tal caso sarebbe nuovamente necessario l’intervento del legislatore delegato
[25].
Il quadro complessivo (come si è visto, molto articolato), si presenta, dunque, diverso dal messaggio che si è voluto far passare attraverso i mass-media: quello di una depenalizzazione sistematica delle principali fattispecie di reato, con costante riferimento al pericolo che ne deriverebbe per il cittadino di fronte a
delinquenti “lasciati liberi” e non perseguiti
[26].
Solo il tempo e l’applicazione giurisprudenziale dell’istituto, di troppo recente entrata in vigore, permetteranno di capire se questo intervento si dimostrerà il mezzo più efficace per liberare la macchina giudiziaria dal giudicare reati in realtà solo bagatellari (retaggio di superate concezioni e condizioni sociali), oppure se assicurerà una generalizzata impunità di fatto a comportamenti illeciti e ancora dannosi in una moderna società. C’era, evidentemente, una esigenza di celerità, nel Governo, non compatibile con una revisione generale del sistema penale, magari anche superando definitivamente con un nuovo testo più adatto ad una società del terzo millennio, il nostro attempato Codice Rocco (anno 1930).
Sembra il destino nell’epoca dei social network: possono nascere opinioni-bufala, che si insinuano nell’incertezza di una norma articolata, complessa e di applicazione ancora tutta da verificare (proprio perché affidata alla discrezionalità di uomini, magistrati sì ma sempre uomini), creando confini labili, in cui qualcosa può essere allo stesso tempo vero o falso… non sarà certamente l’ultimo caso.
Il carcere è come Beverly Hills, ma ci sono meno delinquenti.
Robert Mitchum
… Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.
Codice Penale – LIBRO PRIMO – Dei reati in generale – Titolo I – Della legge penale (artt. 1-16)
Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato…
Titolo III – Del reato (artt. 39-84) – Capo I – Del reato consumato e tentato
Nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà.
Per la distinzione fra reclusione e arresto e delitti e contravvenzioni, vedi “Ergastolo… ovvero, fine pena: mai” di Alberto Monari, Kultunderground 144-LUGLIO 2007 rubrica Diritto.
Art. 27 Sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto
Art. 34 Esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto
Cfr. “Il Giudice di Pace” di Alberto Monari, Kultunderground 101- OTTOBRE 2003, rubrica Diritto.
D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, recante testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti.
3. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi di cui al presente articolo possono essere emanati uno o più decreti legislativi correttivi e integrativi, con il rispetto del procedimento di cui al comma 2 nonché’ dei principi e criteri direttivi di cui al comma 1.