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I viaggi di Mel

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I viaggi di Mel
(Marco Philopat – Shake Edizioni Underground)

Vita, opere e miracoli di Melchiorre Gerbino re magio, ciarlatano e profeta della beat generation made in Italy.
" Anarco – oppurtunista " lo definisce in un’ intervista Marco Philopat. E leggere i viaggi di Mel è come sollevare il coperchio di una scatola polverosa piena di ricordi. Leggere questo libro è un po’ come sfogliare un album di fotografie , quello di Mel appunto. Da picciriddu smammatico, adolescente con il gusto della provocazione e la passione per i libri di viaggio, insofferente nei confronti delle convenzioni democristiane della borghesia siciliana del dopoguerra ad ambiguo guru della beat generation, affabulatore e impenitente dongiovanni "Esistono uomini che diventano famosi… Altri nascono famosi! Sono Melchiorre Gerbino – il direttore di ‘Mondo Beat’ – io – ho inventato la contestazione… Vi dirò di più… Due sono i personaggi italiani che hanno influenzato la storia del xx secolo… Benito Mussolini e Melchiorre Gerbino che ne è l’antidoto..." lo fa irrompere Philopat nell’ incipit del romanzo, un susseguirsi caleidoscopico di punti di vista, che lo rendono uno straordinario racconto corale. La personalità di Melchiorre (a cui è affibbiata una nutrita serie di soprannomi –Ri- ri, Marcellino, Paolo– quasi a rimarcare incessantemente l’indole camaleontica del personaggio) si delinea attraverso interviste immaginarie ai genitori, agli amici, ai datori di lavoro, alle amanti occasionali e non, al figlio Lino, al parroco di Catalafimi, oltre che allo stesso Melchiorre.
Certamente non si tratta di un’ agiografia sul sessantotto e su questo suo presunto leader , anzi nel lettore inevitabilmente si insinua il dubbio che sotto la scorza del rivoluzionario profeta del libero amore nel profondo l’ irrequieto Gerbino resti sempre un ‘ irresistibile istrione, spassoso ma immaturo. La capacità mimetica dell’ autore nel far emergere non solo punti di vista, ma intere vite, luoghi e culture ha dell’ incredibile. Sembra quasi di ascoltarla la cadenza siciliana di Maria Massarà mentre grondante di indulgenza materna rievoca l’ infanzia di quel figlio prodigo a cui le zie nubili da bambino friggevano i testicoli dei capponi per preservarne la virilità, così diversa dal tono rassegnato e amaro prima moglie, la nordica Ludmilla o da quello carico di astio e rancore della giovane Strelizia sedotta e abbandonata con una figlia da crescere.
Non mancano le testimonianze dei giramondo, quella del pre freak romano che si esprime in un verace romanesco o l’ idioletto meneghino dell’ amico Clelio che rievocando le bizzarrie dell’ amico siciliano rievoca l’ anelito libertario di un’ intera generazione.
Ma " I viaggi di Mel " non è romanzo sul ’68 nonostante la ricca appendice storica, o almeno non è soltanto la rievocazione di viaggi in Nepal, parchi occupati, riviste autoprodotte e musica Jazz.
Gli anni della contestazione vengono sviscerati e sezionati fino a farne schizzare fuori l’ anima intimamente ambigua e contraddittoria. Il viaggio non solo come ricerca di sé stessi ma anche come fuga dalla realtà, quasi un bovarismo contemporaneo.
Ma l’ amaro del libro resta appena un retrogusto percepibile solo da chi lo vuole ascoltare.
In primo piano restano sempre la luce delle candele, l’ odore di incenso e quello dell’ hashish, i pochi bagagli di chi è sempre pronto a partire, gli amori di una notte, le cantine svedesi e la campagna siciliana. Parole nitide, descrizioni immediate come il flash di una Polaroid. Una storia che ti si imprime dentro.

Gloria Belotti

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