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I leoni d’oro

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I leoni d’oro
(Nonuccio Anselmo – Dario Flaccovio Editore)

"I leoni d’oro", l’ultimo romanzo di Nonuccio Anselmo, edito da Flaccovio Editore nella collana Tempora, è uno spaccato della realtà siciliana di provincia, un’attenta analisi della situazione storica, politica ed economica tramite la storia di un paese dell’entroterra siciliano.
"I leoni d’oro" è un romanzo polifonico sui generis, popolato da molti personaggi, ognuno dei quali incarna uno degli ingranaggi del potere: il parroco, il sindaco, il medico, i ricchi possidenti, personaggi arroganti, spinti dall’avidità, che si muovono e tramano in un’ottica spietatamente materiale ed economica in difesa di antichi privilegi.
L’autore analizza la vita di provincia con i suoi intrighi, le sue ossessioni, i suoi rituali, la sete di ricchezza e l’oro come elemento propulsore delle azioni dei notabili del paese e propone un ritratto psicologico della classe al potere, non privo di ironia, con l’amara consapevolezza di chi sa che la strada è ancora lunga per chi spera in una svolta verso una società migliore. La visione che ne esce è pessimistica e cinica: una comunità che vive di compromessi e "amicizie", dove sia la chiesa, sia la giustizia, sia le cariche comunali sono strumenti di oppressione ("…alla fin fine, siccome i nostri diritti non li ha toccati nessuno, saremo sempre noi a scegliere gli uomini che ci debbono governare. Sempre qui debbono venire. Democristiani, socialisti, repubblicani e comunisti. E cosa pensate che cambierà? Noi, al governo, ci manderemo sempre le persone che ci danno maggiori garanzie. Che importanza ha l’etichetta? …qualche amico, ringraziando Dio, sia voi che io l’abbiamo. I nostri amici hanno ancora le mani in pasta e continueranno ad avercele per molto tempo…Lo sapete che cane non mangia cane").
Si potrebbe dire che la storia narrata è quasi pretesto per mettere in scena, nel teatrino del paese, i mali cronici della Sicilia.
La vicenda è ambientata negli anni ’60. Un periodo di grande rivolgimento storico ed economico in Italia, rivolgimento che si insinua nell’atavico immobilismo della provincia siciliana, del meridione in genere. La Sicilia anni ’60 si scontra col nuovo corso storico e politico, con l’ascesa della sinistra, che rischia di minare antichi equilibri delle classi al potere nell’isola.
Il protagonista della vicenda, l’antieroe Tanino Lercara, è la vittima inconsapevole degli uomini di potere.
L’ambiente è "un paesino di collina, tra le case di sterro dominate dai bastioni di calcare squadrati dal tempo, … case di sterro, in bilico su strade piene di polvere e di ragazzini sporchi".
In questo paese dell’entroterra siciliano, qualcuno ha vinto al Totocalcio. La notizia fa il giro del paese, che subito viene invaso dai giornalisti provenienti dalla città.
Gli uomini più in vista si riuniscono per costituire una sorta di "tribunale" col fine di scovare l’"ingrato milionario", offesi dal suo silenzio. Dopo accurata indagine, i sospetti cadono su in giovane dipendente comunale "un poveraccio cronico".
("La timidezza non aveva mai concesso a Tanino di alzare troppo la testa. Viveva facendosi forte della sua dignità nascosta, delle sue fantasticherie che, quand’era solo, gli permettevano di affrancarsi in un mondo tutto suo, costruito a sua misura.
Tanino Lercara aveva una sola cosa di grande: il cuore. Che non sarebbe stato poco…Ma oltre a tutte le altre martellate, la fortuna gliene aveva data una di quelle che ammazzano un toro: l’aveva fatto povero. E poiché se uno è buono e ricco è buono, mentre se uno è buono ed è un povero disgraziato è fesso, Tanino Lercara era soltanto un fesso
").
Lercara viene ritenuto il superfortunato e deve "fare i conti con il potere costituito", le persone che contano nel paese fanno di tutto per attirarlo nelle loro trame. In lui vedono "l’uomo nuovo, neutro, ex morto di fame, neo milionario in incognito, nonché individuo facilmente manovrabile. E…sono certi di poter fare il bello e il cattivo tempo".
Nel giro di tre mesi la sua vita anonima subisce una svolta radicale. In modo inspiegabile, l’ignaro protagonista viene accolto nei circoli più prestigiosi del paese, per lui si aprono le porte delle case più in vista, diviene ufficiale di stato civile, viene assunto da una Banca, per lui si prospetta un matrimonio con la figlia di un ricco del paese e addirittura l’elezione a sindaco e la candidatura nelle liste della democrazia cristiana.
Ma tanta fortuna non può durare e gli spietati ingranaggi del potere finiranno per annientarlo. O forse, inconsapevolmente, gli daranno una nuova speranza, una possibilità di migliorare la sua vita? Il finale rimane aperto.
Il romanzo di Anselmo è scritto in uno stile essenziale, accurato e ricercato nel lessico, che riprende termini dialettali per rendere il colore locale, ma soprattutto nella sintassi che riproduce le forme del parlato siciliano. È un piacevole gioco degli equivoci, una vicenda che fa riflettere, tramite la narrazione di una storia insolita, su una realtà vicina e spesso trascurata, su una situazione accettata (a volte subita) come irreversibile da parte dell’opinione pubblica.

Stefania Gentile

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