Autopresentazione di”Arturo Fiesta Circo” dal sito http://www.arturofiestacirco.it
Ionon so esattamente cos’è l’Arturo Fiesta Circo. Sono stato spettatoredell’avvenimento e lo sono tutt’ora. Più che altro suonavo in bagno.
L’unica cosa, musicalmente parlando, che mi sento di dire è che per me ilbluesman è sempre stato un cantastorie. Un giorno a qualche suonatore di bluesle cinque note della pentatonica non sono più bastate ed ha inventato il jazz.Personalmente credo di non fare niente di innovativo. Continuo una tradizione.Del bluesman mi ha sempre affascinato la vocazione al racconto di una storia,di una giornata particolare. Del jazz mi ha sempre affascinato la visionesurreale dei colori che, spesso, mi fanno pensare ad un bicchiere vuoto e ad unportacenere pieno. Trovo che alcuni chansonniers francesi ed alcuni italianiabbiano saputo fare una buona sintesi di queste due fotografie. Suonavo inbagno quando il Ciania (Fabio Giussani, batteria) mi ha detto che volevaprovare a musicare alcuni brani che avevo scritto.
Avevo i miei bei temporali nella testa in quel momento. Ho accettato pereducazione e per stima verso questo giovane uomo così educato e per bene. Mi èsembrato subito un uomo d’altri tempi ed io amo il cuore antico delle cose. Conlui c’era anche Davide (Borin), giovanissimo bassista e in seguito si sonoaggiunti Giuseppe (Magnelli, chitarra), Sara (Denova, pianoforte) e Armando(Illario, fisarmonica). Il Circo è nato così. I dettagli poi sono cose chespesso mi perdo. Il ricordo è una bestia strana, cambia colore e tonalità inragione del tempo trascorso. Quelli del Circo mi chiamano Zio. Perché sono piùgrande di loro. Non sono tanto vecchio. Certe volte mi sembra di avere seianni, certe volte mi sembra di averne cento. Ma questo con il Circo nonc’entra. Considero il Circo la mia personalissima orchestra portatile per cuiquando non ho voglia di suonare da solo questi ragazzi mi tengono compagnia. Nel2008 è uscito il nostro primo disco, Distratto a Sud, registrato live inun’unica ripresa. A questo punto una presentazione come si deve dovrebbesfociare con un qualcosa di pratico, che ne so, la definizione di una culturamusicale, una direzione, un programma. Ecco, secondo me invece, lapresentazione è finita. Lo Zio (Sergio Arturo Calonego, voce e chitarra).
L’unica cosa, musicalmente parlando, che mi sento di dire è che per me ilbluesman è sempre stato un cantastorie. Un giorno a qualche suonatore di bluesle cinque note della pentatonica non sono più bastate ed ha inventato il jazz.Personalmente credo di non fare niente di innovativo. Continuo una tradizione.Del bluesman mi ha sempre affascinato la vocazione al racconto di una storia,di una giornata particolare. Del jazz mi ha sempre affascinato la visionesurreale dei colori che, spesso, mi fanno pensare ad un bicchiere vuoto e ad unportacenere pieno. Trovo che alcuni chansonniers francesi ed alcuni italianiabbiano saputo fare una buona sintesi di queste due fotografie. Suonavo inbagno quando il Ciania (Fabio Giussani, batteria) mi ha detto che volevaprovare a musicare alcuni brani che avevo scritto.
Avevo i miei bei temporali nella testa in quel momento. Ho accettato pereducazione e per stima verso questo giovane uomo così educato e per bene. Mi èsembrato subito un uomo d’altri tempi ed io amo il cuore antico delle cose. Conlui c’era anche Davide (Borin), giovanissimo bassista e in seguito si sonoaggiunti Giuseppe (Magnelli, chitarra), Sara (Denova, pianoforte) e Armando(Illario, fisarmonica). Il Circo è nato così. I dettagli poi sono cose chespesso mi perdo. Il ricordo è una bestia strana, cambia colore e tonalità inragione del tempo trascorso. Quelli del Circo mi chiamano Zio. Perché sono piùgrande di loro. Non sono tanto vecchio. Certe volte mi sembra di avere seianni, certe volte mi sembra di averne cento. Ma questo con il Circo nonc’entra. Considero il Circo la mia personalissima orchestra portatile per cuiquando non ho voglia di suonare da solo questi ragazzi mi tengono compagnia. Nel2008 è uscito il nostro primo disco, Distratto a Sud, registrato live inun’unica ripresa. A questo punto una presentazione come si deve dovrebbesfociare con un qualcosa di pratico, che ne so, la definizione di una culturamusicale, una direzione, un programma. Ecco, secondo me invece, lapresentazione è finita. Lo Zio (Sergio Arturo Calonego, voce e chitarra).
SERGIO ARTURO CALONEGO: voce, chitarra
FABIO GIUSSANI: batteria, percussioni
FABIO BIANCO: basso
GIUSEPPE MAGNELLI: chitarra, effetti
SARA DENOVA: pianoforte
FABIO GIUSSANI: batteria, percussioni
FABIO BIANCO: basso
GIUSEPPE MAGNELLI: chitarra, effetti
SARA DENOVA: pianoforte
Special Guest:
DAVIDE BORIN: basso
ARMANDO ILLARIO: fisarmonica
Davide
CiaoSergio. “Distratto a sud” è davvero un valido lavoro, di spirito fine e garbataschietteza. Dopo l’E.P. d’esordio, “Free go”, Arturo Fiesta Circo ha scelto difare il primo cd one-take dal vivo con pubblico. Una scelta davvero moltoparticolare. Puoi dirci il perché di questa preferenza?
ARTURO
Mipiacerebbe inventarti una balla credibile. La verità è che è stata unaquestione di budget. Poi, a livello personale, a me ha affascinato il fatto diregistrare dal vivo perché spesso nel jazz grandi dischi sono stati registratiallo stesso modo ma la verità è che avevamo un budget limitato.
Iopenso che Distratto sia un ottimo LIVE. Era il giugno 2007, i ragazzi del Circosono stati davvero bravi ed un lavoro eccellente in fase di presa diretta emixaggio è stato fatto da Dario Ravelli (www.suonovivo.com) che non smetterò mai diringraziare per professionalità, pazienza e simpatia.
Davide
Pervoi che venite dal nord, cosa vi distrae a sud?
ARTURO
Ionon vengo dal Nord. Io vengo da molte parti. Nella mia famiglia i confinigeografici sono liquidi e dilatati. Del SUD sono attratto dai colori e dal modoin cui la gente del SUD legge la vita. La capacità del SUD di sopravvivere e ditrovare un senso che altrove non c’è. Credo che NORD & SUD siano entrambizoppi e che dovrebbero contaminarsi di più. Il bastardo, geneticamenteparlando, è più forte. Intellettualmente parlando io sono un bastardo. Forseper questo nei molti SUD che ho visto mi sono sempre trovato bene.
Davide
Cosaè rimasto del denso decennio con la Lillidy Blues Band nella musica di ArturoFiesta Circo? La Lillidy B.B. si radunerà ancora per qualche concerto o eventooccasionale?
ARTURO
LaLillidy Blues Band mi ha dato la possibilità di imparare il mestiere.Globalmente con i miei vecchietti ho fatto circa 400 concerti, sono stato perdue anni in Islanda, ho suonato con bravissimi bluesmen italiani e di oltreoceano. Tante cose. Sarà stato anche per osmosi ma qualcosa credo di averimparato ed è una ricchezza che mi porto dietro sempre. Musicalmente quello dioggi è un altro viaggio che ha confini e direzioni differenti. Reunion con laBlues Band? Onestamente oggi non avrebbe senso. Sono legato umanamente airagazzi della Blues Band ma oggi i nostri percorsi sono diversi ed è purediverso il nostro modo di intendere il blues. A me piace il blues degli anni 30fino a quando arriva a Chicago . Poi li mi fermo. L’unico blues man elettricoche riesco ad ascoltare, oggi, è Muddy Waters. Ma devo aver bevuto un po’. Dopodi lui si ferma tutto. Del periodo prebellico amo la figura del bluesman che,parere personale, è molto vicina a quella del cantastorie e del menestrellomedioevale. Potrei scriverti 20 pagine sull’argomento, per cui mi fermo qui
Davide
Puoidarmi una definizione di “spaghetti blues”?
ARTURO
Unbellissimo sito WEB messo in piedi da pazzi romantici (Amedeo Zittano inprimis). Ho collaborato con loro intervistando per gli Spaghetti Boys alcunimusicisti che conoscevo e con i quali ho suonato. Quel periodo per me era tuttoun po’ un casino ed io ero pure un discreto frequentatore di bar per cui hosolo unito l’utile al dilettevole. Poi ho iniziato a mettere in piedi cose miee non sono più riuscito a seguire la cosa ma ho una grandissima simpatia perquei matti. E la dentro, di matto, qualcuno ce n’è.
Davide
Perchéti chiami più brevemente il “Fiesta”?
ARTURO
Quandoho iniziato a suonare hanno cominciato a chiamarmi così perché mi piaceva unachitarra elettrica, una Fender Stratocaster dal colore Fiesta Red. Rompevo leballe a tutti con questa storia della Fiesta Red. Devi sapere che il Fiesta Redè un tipo di colore rosso quasi salmone. Praticamente è il nome di una vernice(ndr. Ducco Dupont) che veniva usata per le chitarre nel periodo FenderPRE/CBS. Si trattava di vernici alla nitro. Tutto qua, una cosa molto menoesotica di quello che potrebbe sembrare.
Davide
L’ingleseè oramai scontato. Ho apprezzato molto il fatto che tu abbia cantato alcunecose in francese (Putain de la bière, T’en fais pas)… Mi ha rievocato cose difrontiera o “alternative country” come Calexico o il Leonard Cohen di “ThePartisan”, magari ripreso da Noir Desire & 16 Horsepower…
ARTURO
Miamadre è cresciuta e vissuta a Liegi. Tuttora nonni e zii abitano in Belgio. Ilfrancese non l’ho mai studiato ma l’ho imparato subito quando ero bambino. Incasa nostra il francese è un po’ come il dialetto e da noi chi non parla infrancese non può comunicare con metà della famiglia. Quindi quelle canzoni equelle storie le avevo nella testa così e le ho scritte così. Scrivere infrancese non è stata una scelta stilistica ma espressiva. Sui riferimentimusicali che mi citi mi cogli un po’ impreparato. Ho una cultura molto forte sualcuni tipi di musica ma molto molto meno su altri. Devo ammettere che, Cohen aparte, conosco i nomi dei musicisti che citi ma molto poco la loro musica percui non saprei dare risposta competente.
Possosenz’altro dirti però che sono da sempre attratto da un cantautore francese,Serge Gainsbourg, del quale amo particolarmente la produzione in bianco e nero,quando vestiva di jazz gli arrangiamenti dei suoi brani. E poi Serge Gainsbourgè un mondo a sé. Se ci entri ti ci perdi. Ed io, per un periodo della mia vita,ci sono entrato. Totalmente direi.
Davide
Domandadiciamo un po’ intima, che mi nasce dall’autopresentazione di cui sopra: perchésuonavi in bagno?
ARTURO
Perchého vissuto per qualche anno in un monolocale che aveva un bagno con un’acustica(inteso come riverbero) naturale bellissima. Per la verità anche oggi vivo inuna casa che ha un bagno con un’acustica naturale bellissima. Credo che ilsegreto stia nelle piastrelle e nella forma allungata di queste stanze. C’èdavvero un riverbero naturale unico. Se suoni la chitarra nel mio bagno te neaccorgi. E poi, nel bagno, c’è sempre un posto dove puoi sederti.
Davide
C’èuna canzone che hai scritto dopo l’incidente di alcuni anni fa: “Another day”.Un motore e un’ala dell’aereo su cui volavi da Fiumicino verso Cuba si sonoincendiati durante il decollo. Quel comandante, aldilà della fortuna, fudavvero bravo a riportare tutti quanti in salvo. Ha cambiato qualcosa di te e inche modo?
ARTURO
Daquel giorno io non riesco più a vedere le cose con la stessa sequenza logica diprima. Serenamente e senza traumi ma è come se l’architettura delle urgenze misi fosse spostata di lato. Sicuramente cerco di avere meno rimpianti possibilinelle tasche perché, in quei momenti, i rimpianti pesano davvero. Molto più deirimorsi. Di fatto l’unica vera controindicazione è che oggi quando volo (..:ese posso, lo evito) sono un po’ teso per cui prima di salire sull’aereo cercodi passare al bar per farmi un goccetto. Giusto per intontirmi un po’.
Davide
Parlaci di Seregno e dellaBrianza.
ARTURO
Sull’argomentoho poco da dire. A Seregno ci ho vissuto per diversi anni . Una cittadinapulita, onesta e discreta. Una cittadina “per bene” , forse pure un po’ troppo.Non mi sono mai sentito dentro. Neanche da ragazzo. Ho davvero tanti amici inBrianza, ho passato lì parte della mia infanzia e dell’adolescenza ma io, peronestà, non mi sono mai sentito di lì. Ci vivo bene, ma non è la mia terra.Dico questa cosa con il massimo rispetto, ci mancherebbe. Se mi chiedi da dovevengo non ho una sola risposta da darti.
Davide
Quali dischi ascolteraiper sempre?
ARTURO
Persempre è una parola troppo impegnativa. Posso senz’altro dirti che un ascolto costanteper me è tutto il jazz fino agli anni 60 grosso modo fino al Be-Bop ed inparticolar modo Joe Pass e Wes Montgomery. Poi, come dicevo prima sono un appassionatodi blues down home, pre Chicago diciamo. E poi ascolto molta musica acustica:fingerstyle, celtica e molta della produzione legata a Windham Hill. Inparticolar modo ti cito Pierre Bensusan che è un compositore franco/algerinoche è decisamente un musicista che adoro. Poi mi piacciono anche alcunicantautori: Paolo Conte, De Andrè, Brassens, Serge Gainsourg, Brel. Ascoltomolto raramente musica moderna ma qualche volta capita e posso sicuramentedirti che apprezzo la musica ed i testi di Max Gazzè, di Caparezza e di FabriFibra. Sono da sempre attratto dall’ironia e dalla densità nascosta di untesto.
Davide
JimiHendrix: il blues è facile da suonare, ma non da sentirselo dentro. Tucome te lo senti?
ARTURO
Mah:..suonare una canzone del blues può essere anche semplice ma Il Blues non èfacile da suonare. Il Blues è un modo di vivere, è un sentire. È molto legatoal ritmo di come parli o di come cammini. E poi vuol dire saper essere fuoritempo proprio in quel momento lì, quando serve. E non è cosa semplice. C’è unaspecie di precisione chirurgica nell’anticipazione o nel ritardo. Una legge nonscritta ma fondamentale. Non potresti mai spiegarlo metricamente. Devi esserefuori in un momento preciso. Perché se in quel momento sei dentro è giàdiventata un’altra cosa. Ascoltali i negri quando cantano. Non sono moltodiversi dai cantastorie di Son De Cuba. È proprio la gestione del tempo, intesocome ritmica, che è differente fra i bianchi e i neri. Sono pochi i bianchi chehanno capito veramente il segreto di questa cosa. Non devi per forza sapersuonare per sentire il Blues dentro di te. Conosco molta gente che suonaBlues di mestiere e che è molto lontana dall’essere un bluesman. Il blues non èsolo una pentatonica appiccicata ad un ritmo di 12 battute. Il Blues assomigliamolto a come fai all’amore. Ognuno lo fa a modo suo ma se non sudi mai c’èqualcosa che non va. Io penso questo del Blues.
Davide
Cosa state facendo ora?
ARTURO
Coni miei ragazzi del CIRCO (Arturo Fiesta Circo) abbiamo finito di registrare undisco che uscirà il prossimo 16 ottobre . Si intitola : “E Lo chiamerai Giovanni”. Onestamente non credevo che sarebbe diventato un disco ma così è successoperché lo ha voluto la nostra mamma, Via Audio (http://www.viaaudio.it).
Eranoanni che lavoravo a queste storie. Via Audio ha deciso di coccolarle e diproteggerle. Ne sono felice perché non andranno perse. Fare dischi oggi è unazzardo. Se lo fai è perché sei un matto o perché senti un bisogno ditestimonianza. Questo disco è un mix di queste due cose. Io non posso farealtro che ringraziare.
Davide
Grazie e… à suivre.
ARTURO
Grazie a te per lasensibilità e per le domande che mi hai fatto.
Neapprofitto per segnalare le diverse interessanti proposte della Via AudioRecords. Dal sito di questa nuova etichetta si possono scaricare freedownload alcuni brani dal catalogo, inclusa l’intera compilation “Fatti inBrianza”, e il primo E.P. di Arturo Fiesta Circo, “Free go”.
FATTI IN BRIANZA COMPILATION
Catalogo VAR 004
Marzo 2009
Catalogo VAR 004
Marzo 2009
Più di 20 progettiper Via Audio Records e per una nuova compilation che celebra il meglio di unascena musicale ultimamente infuocata. Dalla canzone d’autore di Stefano Verganial sapore jazzato dell’Arturo Fiesta Circo, dalle sfumature eteree degli Aimalla rabbia metropolitana dei Grenouille, dal sapore d’oltreoceano diTheBigSoundOfCountryMusic all’elettronica dei Keibe, passando per lasperimentazione rock poetry dei Paradisi Noir e il pianoforte di Sara Denova. Emolto, molto altro ancora.
Un grazie a Francesco Foti
VIA AUDIO RECORDS
BOOKING – PRESS – MANAGEMENT
www.viaaudio.it
VIA AUDIO RECORDS
BOOKING – PRESS – MANAGEMENT
www.viaaudio.it