KULT Underground

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Intervista con STARDOG

12 min read

 
La Storia
Un caleidoscopio musicale che fonde eclettismo sonoro ed attenzione alla stesura dei testi, con eleganza e ruvidità. Fili immaginari che s’intrecciano tra gli anni ’80 e l’esperienza compositiva tipica della canzone d’autore italiana, come dire: il Duca Bianco a confronto con Luigi Tenco. Nel 2003 inaugurano la loro carriera live, aprendo l’unica data in Italia di Maximilian Hecker e partono in tour, convinti – com’è giusto – che si cresce solo tra la polvere di un palco! Pubblicano nel 2004 l’EP “Venid A Ver La Sangre Por Las Calles“, prodotto in collaborazione con il Progetto Sottosuono di Lecco e distribuito da Goodfellas: rock noir, tra il primo Nick Cave e un Chris Isaak uscito a sbronzarsi con David Lynch. Sempre nel 2004 condividono il palco con gli americani El Guapo e con One Dimensional Man. Il loro disco è recensito da tutte le principali riviste musicali, fanzine, webzine, ed apprezzato da molti musicisti, tra cui Howe Gelb (Giant Sand) e Chris Eckman (Walkabouts). Nel 2005 la svolta; la scrittura prende la strada dell’italico linguaggio che sfocia in una decina di brani. Le nuove canzoni vengono fatte ascoltare ad amici musicisti che esprimono giudizi più che positivi, come ad esempio Riccardo Tesio dei Marlene Kuntz, e che convincono la band a proseguire in tale direzione. In questo periodo, aprono l’unica data italiana di Howe Gelb, e con lui registrano un’intensa versione di “Out On The Weekend” di Neil Young; partecipano al MiAmi, Festival che presenta in cartellone artisti come Paolo Benvegnù e Marta Sui Tubi; vincono il concorso organizzato dall’Arci milanese – “East Is West” – e suonano in apertura del concerto di Bugo. Vedono il loro brano “The Crash” inserito nella compilation allegata alla rivista “Losing Today” e partecipano ad altre due compilation, con il brano “Eva vs Eva”
L’anno si chiude in bellezza: a novembre ricevono il Premio M.E.I. 2005 come migliore produzione indipendente, in una serata che vede assegnati riconoscimenti anche ad Afterhours e Offlaga Disco Pax. Nel 2006 proseguono l’attività live: da segnalare l’opening act sulla data milanese di Paolo Benvegnù e la prima esperienza live fuori dai confini italiani, con il concerto allo Shelter Club di Vienna. Sono protagonisti di Cadaveri A Passeggio (www.cadaveriapasseggio.com), progetto auto-prodotto realizzato insieme ad altre sei bands; quest’esperienza si evolve attraverso la registrazione di un nuovo brano che vede in veste di special guest Amaury Cambuzat degli Ulan Bator. L’anno seguente è caratterizzato da una gratificante vita “on the road”, che li porta, tra le altre cose anche a condividere il palco meneghino con Morgan (Bluvertigo – X Factor). È di questo periodo l’esigenza di registrare una serie di nuove canzoni che segna l’inizio della collaborazione con lo studio Frequenze, di Monza. Il 2008, va ricordato per tre eventi
fondamentali nel percorso artistico di Stardog: la vittoria nella finale del nord Italia del concorso City Music Lab Contest; la partecipazione al prestigioso tributo discografico dedicato al cantautore Faust’o, con una versione elettronica del brano “Suicidio”; la collaborazione con Luca Urbani (Soerba & Zerouno), per il brano scritto ed eseguito in duetto, “Sai, Carmelo”- I primi mesi del 2009 sono dedicati allo studio di registrazione, per la produzione del disco d’esordio OLTRE LE NEVI DI PIAZZA VETRA, ha visto la luce il 18 settembre 2009 pubblicato dalla nuovissima label Frequenze Records, legata a doppio filo con Discipline. Anche nel caso di Frequenze, la distribuzione è affidata a Venus. L’album, prodotto da Matteo Agosti, è stato realizzato anche grazie alla collaborazione di Andy (Bluvertigo) al sax e sinth, Luca Urbani, Davide Arneodo (Marlene Kuntz) e Paolo Milanesi (La Crus). Chicca tra le chicche, un “cameo” vocale regalato a Stardog da Blixa Bargeld (Einstuerzende Neubauten).
 
 
   Oltre le nevi di Piazza
 
Davide
Ciao Stardog. Un disco di bellezza immediata, ma poi anche crescente con i successivi ascolti. Bluvertigo, Faust’o, Garbo, Baustelle, Soerba possono servire come orientamento a chi non vi abbia ancora ascoltati? Qual è il contesto culturale e musicale di riferimento in cui nascono e si sviluppano gli Stardog?
 
Stardog (Manuel Lieta)
Ciao Davide. Intanto grazie soprattutto per aver visto nel nostro disco una bellezza crescente e progressiva e non semplicemente “fast food”.
Per quanto riguarda i nomi che fai, quattro su cinque sicuramente sono nomi apprezzati, ma probabilmente il “blob rock” dei Bluvertigo, il loro fondere ecletticamente e con libertà echi musicali diversi tra loro, è, al di là della distinzione di generi, il tipo di approccio concettualmente più associabile a noi: nel nostro disco convivono ballate, momenti più “cantautorali” e altri più rock, l’elettronica e gli strumenti giocattolo. Il contesto di riferimento è sempre mutevole, per fortuna: siamo esseri dotati di enorme curiosità musicale e ci piace riversare le nostre scoperte nel modo di suonare, tanto che i pezzi del disco suonano dal vivo in maniera completamente diversa. Al termine di tutti i giri di curiosità musicale, ci accorgiamo però che chi ci piace è chi palesa nella propria musica un’onestà artistica, che poi si tratti dei Pearl Jam o di David Bowie, di Ivano Fossati o di James Mercer, poco conta. Dovendo sintetizzare in una formula tutto questo, ti parlerei di una scrittura musicale orgogliosamente italiana, unita a un gusto per il suono e l’arrangiamento decisamente internazionale, influenzato molto al momento dalla scena canadese.
 
Davide
Milano ha un suo stile, che si ascolta anche nella vostra musica. Come lo percepite voi?
 
Stardog
Sinceramente non so dirti se Milano abbia più davvero uno stile. Anche se resistono isole culturali, che come i soldati del Deserto dei Tartari continuano ad affermare la propria esistenza – penso ad esempio a manifestazioni come la Milanesiana – da tempo la città ha imboccato una china decisamente negativa, anche se proprio in questi giorni si assiste ad alcuni segnali di ripresa, come la costituzione di una specie di “think-tank” tra personaggi di orientamenti culturali e politici eterogenei per la promozione di un risveglio culturale della città: si vedrà. Il nostro disco ha voluto, nel titolo, evocare una particolare zona, crogiuolo dei fermenti più vitali e anarchici di una Milano che adesso si fa fatica a definire ancora esistente. Un’evocazione non rivolta a revivalismi e nostalgie che non ci interessano affatto, ma ad affermare una appartenenza che certo non rinneghiamo, anche se questo non vuol dire rimanere per sempre legati all’associazione alla città.
 
Davide
Piazza Vetra fu il luogo a Milano delle condanne a morte. Se non ricordo male, vi furono anche bruciate delle streghe e dei negromanti. La piazza era inoltre afflitta dai miasmi degli animali morti usati per la concia delle pelli. Perché Piazza Vetra? Cosa c’è “oltre le nevi” che coprono e cambiano la visione delle apparenze di questa piazza o della sua metafora?
 
Stardog
Piazza Vetra, oltre al valore storico che ricordi tu e che testimonia il suo ruolo da sempre cruciale per Milano, fu nel Novecento punto nevralgico di aggregazione delle componenti giovanili, uno spazio libero aperto ai fermenti di idee e alle sperimentazioni culturali: vi convivevano i gruppi più politicizzati come quelli più ai margini della visibilità sociale, ed era un vero esempio di melting pot. Come spesso accade, questi luoghi sono anche molto fragili, e infatti negli anni ’80 piazza Vetra e i suoi frequentatori furono falcidiati dall’eroina. Ma anche allora, rimaneva un punto-cardine di apertura mentale. Oggi è diventato un tranquillo parco per famiglie, recintato e pulito, sicuramente più rassicurante, ma anche molto più normalizzato e decisamente più attraente per gli speculatori immobiliari che posseggono le belle case lì intorno. Evocare piazza Vetra vuol proprio dire riferirsi a quella Milano, aperta e multiculturale, nella quale, oltre tutte le nevi, – metaforiche e non – che la coprivano, trovavi la Bellezza: quella vera, difficile e conquistata a fatica, anche attraverso lo scontro, non quella prefabbricata e plastificata che a molti piace propinarci. Una bellezza che c’è stata e che nel nostro piccolo ci piacerebbe potesse tornare ad essere.
 
Davide
Un lavoro ottimamente prodotto e ricco di collaborazioni (Davide Arneodo, Andrea Fumagalli, Luca Urbani, Paolo Milanesi, Blixa…) che fanno bene all’autostima?
 
Stardog
Beh, se avessimo chiamato a collaborare questi grandi artisti solo per vellicare il nostro ego ed avere dei bei nomi da esibire nel booklet saremmo stati assai meschini! Molto più semplicemente, con tutti loro esiste per prima cosa un rapporto di stima e conoscenza reciproche, e in qualche caso, vedi Andy e Luca Urbani, un’amicizia vera: e in questo contesto che, in modo molto spontaneo e appunto amichevole, sono nate le collaborazioni: collaborazioni, ci tengo a dire, essenziali, perché ognuno degli artisti coinvolti nel disco ha impresso il proprio inconfondibile marchio di fabbrica, suonando strumenti e/o parti che noi non saremmo stati capaci di suonare in modo così efficace.
 
Davide
Ho colto alcune citazioni cinematografiche: Emmanuelle Béart, la trapezista di quel film (suppongo sia quella del Cielo sopra Berlino), Mille bolle blu (che mi ha ricordato un bellissimo film di Leone Pompucci…) Se doveste realizzare un videoclip utilizzando immagini stralciate da vari film, quali su tutte utilizzereste a rappresentarvi idealmente? E se doveste scrivere le musiche per un film, di quale regista?  
 
Stardog
Sicuramente l’immaginario visivo del primo Wim Wenders e del Michelangelo Antonioni dei film “italiani” (La Notte e L’Avventura soprattutto) potrebbero essere efficaci nel rappresentarci. Pensando a registi per cui scrivere musica, ti direi in Italia Silvio Soldini o anche Sorrentino, all’estero sicuramente Wong Kar-Wai, oppure Wes Anderson, quello del Treno per il Darjeeling, o ancora Liv Schreiber e Spike Jonze.
 
Davide
Il lamento di Bardamu… Viaggio al fondo della notte di Céline. Cosa vi appartiene di questo complesso e complicato uomo céliniano?
 
Stardog
Céline è, come accade a chi esplora e sviscera il nichilismo, profondamente dotato di pietas e partecipazione per gli esseri umani, anche e soprattutto quando afferma platealmente il proprio ribrezzo per i suoi simili. Questa natura solo apparentemente paradossale, ma in realtà lucidissima e spesso banalmente interpretata, è quello che mi ha sempre colpito di Bardamu. Un pessimismo agonistico che lo mette nella scia del Leopardi della “Ginestra” e lo assimila a un altro grande, Albert Camus, con il suo concetto di pessimismo eroico e di resistenza all’assurdità dell’esistente. Un ruolo attivo, che anche il cinico e disilluso Bardamu-Céline in realtà non smette mai di avere.
 
Davide
Non mi è sfuggito il finale di “Tridimensionale” con lo stacco di accordi do-fa-sol-la di Space Oddity… Senza David Bowie un bel po’ di musica come la conosciamo oggi da circa quarant’anni a questa parte non esisterebbe. Quali sono stati, negli anni, i migliori discepoli di Bowie? E voi, in che termini?
 
Stardog
I migliori discepoli di Bowie sono stati quelli che non hanno voluto scimmiottarlo ma piuttosto imparare la più grande delle sue lezioni, ovvero l’avere sempre la mente accesa e aperta, la voglia e soprattutto la libertà di cimentarsi nel nuovo e di non fermarsi mai, anche a costo di essere fraintesi, come più volte gli è capitato, o di rischiare di perdersi, di sbagliare strada e di fare passi falsi: anche se è da diversi anni che non pubblica dischi, tuttora Bowie è perfettamente sintonizzato su alcune delle cose più fresche che si sentono in giro, vedi gli Arcade Fire o i TV On The Radio. È solo lasciando le vie vecchie e buttandosi in mari sconosciuti, non rimanendo schiavi di ciò che si è appreso, che si può imparare e (ri)scoprirsi. Da questo punto di vista i suoi migliori discepoli sono una band che probabilmente nemmeno lo cita tra i suoi padri putativi, i Radiohead. Detto questo, io spero per noi, di mantenere sempre la curiosità e la voglia di esplorare la musica che mi hanno insegnato i suoi dischi.
 
Davide
Avete partecipato al Premio Tenco 2009, com’è andata e cosa ha significato per voi?
 
Stardog
In verità non abbiamo partecipato, ma proveremo a partecipare al Premio Tenco 2010. Abbiamo semplicemente fatto un’incursione da spettatori all’edizione dell’anno scorso e siamo stati intervistati da una testata giornalistica ligure. Al di là di tutte le polemiche che possono accompagnarlo, è un evento in cui si respira e si apprezza una piacevolissima dimensione familiare e di persone che amano per davvero la musica, per cui ci piacerebbe molto poter suonare lì… speriamo prima o poi possa succedere!
 
Davide
Ne “Il lamento di Bardamu” c’è la voce di Blixa Bargeld… Com’è nato questo contributo?
 
Stardog
Ai tempi di “Alles wieder offen”, l’ultimo disco degli Einstuerzende Neubauten, mi fu chiesto da una rivista d’arte per cui collaboro di intervistare Blixa in occasione del giro di presentazione stampa del disco, a Milano. Essendo uno degli artisti che più apprezzo nel panorama musicale, mi presentai all’appuntamento con una bottiglia di Passito di Pantelleria, scoprendo per caso che era esattamente il suo vino preferito. Come si può immaginare, l’intervista divenne ben presto una chiacchierata tra amici, e gli feci sentire una versione demo de “Il lamento”, che lui gradì molto. Gli chiesi se voleva venire a registrarci sopra qualcosa, ma non c’era modo, per questioni logistiche. Allora mi diede il permesso di usare la nostra chiacchierata, che avevo registrato, per campionare e modificare la sua voce se avessi voluto usarla nel pezzo, cosa che facemmo. La versione con i suoi sample di voce compare in download gratuito sul nostro sito www.stardogband.com.
 
Davide
Dodici note in ogni ottava e la varietà del ritmo mi offrono delle
opportunità che tutto il genio umano non esaurirà mai, disse Stravinsky. Quando un pezzo musicale è per voi deciso e concluso? Come ci tornate sopra dal vivo?
 
Stardog
Francesco De Gregori riprendeva da Bob Dylan il concetto per cui una canzone è un organismo vivente: la versione che di quel pezzo il pubblico conosce tramite un disco è un’istantanea, che fotografa il momento (e solo quel momento) irripetibile in cui fu fissata e registrata, ma che non la esaurisce: anzi, nel tempo si può arricchire di suoni e colori, oppure svuotare, ma non rimane mai fissa in quella istantanea. Sono assolutamente d’accordo con questa visione, e di conseguenza con la frase di Stravinskij; per noi un brano non è mai del tutto deciso e concluso, ma anzi rimane vivo e fresco proprio perché può sempre essere suscettibile di variazioni, anche minime, anche inconsce. Soprattutto e naturalmente nella sua esecuzione dal vivo, che per noi non è mai una  semplice presentazione delle canzoni, ma il desiderio di affermazione della loro vitalità.
 
Davide
Se è vero che la chiave del fallimento è il cercare di piacere a tutti, cosa significa successo per voi?
 
Stardog
Ho una visione del successo molto terra-terra ma che non è così facile da ottenere come potrebbe sembrare: considero “successo” l’avere la possibilità di poter garantire una visibilità alle creazioni che si realizzano nel modo più onesto e rispondente a se stessi, fatta salva la liceità di ogni possibile svolta e autocontraddizione. Diretto corollario, poterci costruire un modo di vivere, non tanto a livello di sostentamento economico, quanto proprio di possibilità di accessi alla visibilità, una visibilità che sarebbe bello poter ottenere grazie alla qualità, bassa o alta che sia, di queste creazioni, non a “giri giusti” o a manfrine e affini.
 
Davide
Prossimamente?
 
Stardog
Siamo al lavoro sul prossimo disco, che vorremmo potesse vedere la luce nei primi mesi del 2011. Ho già scritto quasi una ventina di canzoni, tra cui sceglieremo gli 11-12 brani che andranno a costituire il disco. Sarà molto diverso da “Oltre le nevi…”, decisamente più di terra, più nudo e diretto, con molti più strumenti, anche popolari e tradizionali, l’abbandono dell’elettronica e un uso maggiore delle parti corali, con una messa a fuoco più centrata e sicura, molto sintonizzato su atmosfere e scelte sonore di band quali Arcade Fire, Grizzly Bear, Beirut e Shins, e registrato dal nostro attuale organico live, formato da sette elementi, ognuno dei quali alle prese con più strumenti.

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