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La digestione del personale – Paolo Cacciolati

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Il romanzo di Paolo Cacciolati è stato in più occasioni presentato come un thriller incentrato sul lavoro. Da una lettura attenta emerge tuttavia che il vero tema affrontato dall’autore è l’apparenza, declinata in tutte le sue forme, dai consueti sorrisi imposti nei rapporti lavorativi alla schizofrenia a stento tenuta nascosta.
Il protagonista, Mirco Michichi, è (all’apparenza) un consulente d’impresa, specializzato in formazione e in corsi motivazionali. Impressiona i suoi interlocutori ricorrendo a termini molto in voga nel mondo degli yuppies(???) degli anni ’80 (leadership, teamworking, management by objectives, leading by walking around, coaching, self assessment, knowledge transfer) o ricorrendo a frasi rubate a un’ampia schiera di personaggi, da Papa Giovanni XXIII a Napoleone, da Aristotele a Michelangelo. È simpatico, efficiente, affabile e attivo.
Gli imprenditori sono (all’apparenza) interessati ai servizi che Mirco può offrire loro. Ma ciò che in realtà li attira è il miraggio dei finanziamenti che, grazie al consulente, potranno incassare e, soprattutto, la possibilità di utilizzare i percorsi formativi non per migliorare le conoscenze dei propri dipendenti, ma per individuare quelli da “segare” o, come preferisce dire il protagonista, “da inserire in percorsi di outplacement“.
Il libro è (all’apparenza) incentrato sul lavoro. Non è tuttavia l’attività svolta dai dipendenti a costituirne l’elemento essenziale ma tutto ciò che gli ruota attorno: finanziamenti, licenziamenti, rapporti di forza, sesso, stimoli a produrre sempre di più. Il mondo del lavoro non fa soltanto da sfondo delle vicende, ma diventa il vero protagonista del romanzo. E da questo ribaltamento di prospettiva emerge la vera natura del meccanismo che fa da perno a questa galassia: non è l’uomo a essere posto al centro ma il lavoratore, ridotto a semplice fattore produttivo da un’azienda onnipresente e onnipotente, che lascia ai margini le donne e i venditori.
“La digestione…” è (all’apparenza) un thriller che si apre con Mirco Michichi che si aggira nei corridoi di un’azienda, ormai vuoti dopo l’uscita del personale, armato e con un cadavere alle spalle. Passo dopo passo, il protagonista ripercorrerà parte delle sua vita con un meccanismo di flashback reso dall’autore in maniera molto efficace: è l’agenda elettronica di Mirco ad aiutarlo a ricostruire movimenti e incontri, un gesto oggi piuttosto consueto, ma che rappresenta un inquietante segno dei tempi.
Nelle aziende raccontate da Cacciolati i lavoratori sono (all’apparenza) coinvolti in attività che dovrebbero migliorare le loro condizioni aiutandoli a far emergere doti e qualità. In una sorta di moderna rievocazione del concetto di bipensiero che Orwell associava ai regimi totalitari, i dipendenti sembrano tuttavia essere intimamente consapevoli della strumentalità di slogan che li spingono a sentirsi parte di progetto altrui (quello aziendale) ma mostrano un elevato grado di auto convincimento della bontà del meccanismo in cui sono inseriti: il bene dell’azienda è anche il loro bene e viceversa.
Anzi, azienda e lavoratore diventano un tutt’uno. “Il venditore è un punto vendita ambulante” è la filosofia che muove alcuni dei protagonisti. “La vostra azienda è come uno specchio” dice Mirco al momento clou di una convention. “Se guardate dentro, vedete le vostra persona. La vostra ditta siete voi”.
Dietro a questo specchio non c’è spazio per nient’altro. Il grigiore sembra fare da padrone. Torino emerge in brevi scorci, ma potrebbe essere scambiata con una qualunque anonima cittadina americana. L’ambiente familiare, del tutto privato dal collante dell’amore,  è disgregato e scompare tra i ricordi. Il sesso è ricercato all’interno degli uffici, mentre sui marciapiedi sembra quasi esserci spazio per un barlume di relazioni affettive.
E sopra tutto si stende il velo dell’apparenza che cela situazioni grottesche, come nel caso dei paladini dei diritti dei consumatori trasformati in strumenti di pubblicità aziendale. Nelle rare volte in cui il velo si alza, tuttavia, la verità viene a galla, dura e inequivocabile, al di là delle parole utilizzate per nasconderla e ammorbidirla. “Terziarizzare” suggerisce Mirco a un imprenditore, “nel senso di coinvolgere i terzi nei processi aziendali?” “Terziarizzare” risponde lui “nel senso di mandare affanculo quelli che non mi rendono”.
 
“La digestione del personale” – Paolo Cacciolati
Pag. 236 – € 12,00
Editore: TEA
ISBN 9788850215324

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