KULT Underground

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C23

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C23

E poi tutto si dissolse come un vortice caldo e denso, una specie di cioccolata calda che mi avvolse nelle sue profonde spirali. Non un inizio, non una fine. Un passaggio, una immersione in un sonno che arrivava come una grazie in quell’inferno.
Era aprile.
Silenziose e gialle le foglie dondolavano planando a terra. E nelle pozzanghere i riflessi delle persone, del cielo, delle automobili. Un mondo parallelo, una visione distorta dalle brezze di vento che increspavano l’acqua.
Non ti vedevo da mesi. Ma non era passato un giorno senza che andasse a te un mio pensiero, un mio stupido gesto, un simbolo di ghiaccio.
Freddi silenzi, fredde superfici riflettenti. I miei occhi vedevano questo.
Era febbraio.
Poi il caldo, l’aria che trema, l’ accogliente desolazione della campagna assolata, lo sforzo, la velocita. La bici. La stessa bici che ci portava a prendere il gelato. Momenti che non si ricordano mai bene, perche’ mentre li stai vivendo non te ne rendi nemmeno conto.
Era giugno.
Sfoghi di latta, ritagli di lamiere, spray argento. Luoghi amici gatti e kilometri.
E tanti fosfori davanti a me, milioni di puntini eccitati dalla corrente elettrica che cambiano colore. Una specie di magia. Un grosso monitor, una tastiera morbida, un topo che fa click. Rappresentano un altro mondo, la porta bidimensionale per accedere al regno delle astrazioni, dove eserciti di numeri diventano sinuose forme colorate, dove le immagini sono tutto e risultati dipendono solo da te.
Non e’ un passato, ne’ un presente. Forse e’ solo un cubo di cristallo olografico che sta galleggiando nella cabina di una torpedine Klingon.

Un grosso camion parcheggiato sotto la pioggia si sta chiedendo il perche’ di tutto quel movimento, di tutta quella strada liscia. Le foglie lo sanno, e’ scritto nella fitta rete che le attraversa.

E tu ?

Doveva essere bellissima.

E’ stupido ammirare una simulazione. Vidi Nefertiti la prima volta in una finestra grigia, stava ruotando su se’ stessa. Aveva lineamenti semplici, estremamente fini. Una corona sottile sulla fronte. Le spalle e il collo levigati come una pietra dura.
Un impaziente cursore continuava a lampeggiare, del resto feceva il suo dovere. Possiamo permetterci di far aspettare le nostre macchine per tutto il tempo che vogliamo. Loro sono fredde, insensibili, velocissime e precise. Non sbagliano mai, per questo rimangono stupide. Passo con loro gran parte del mio tempo. C’e’ una complessa seria di regole non scritte alle quali occorre attenersi per piegarle al proprio volere. Un po’ come con le donne, solo che queste ultime non puoi formattarle, ed hanno un rendimento molto piu’ scostante. Chi detiene veramente il potere non ha nessun interesse a dimostrarlo.
Lessi un romanzo, uno dei protagonisti era una intelligenza artificiale. Una IA di nome Cassandra, dislocata fisicamente in un centro di calcolo in Svizzera.
Le IA hanno un fascino molto particolare, apprendono dai propri (rari) errori di previsione, imparano a giocare a scacchi e studiano le sequenze del nostro DNA. Penso che un giorno progettero’ una IA. La chiamero’ Nefertiti.
Doveva essere bellissima.

Moschine

In ultima analisi non sei che un raggruppamento di molecole molto ben organizzate. E volendo andare ancora piu’ in la’ le tue molecole non sono altro che atomini del cazzo che vibrano si spintonano e si abbracciano in una specie di grossa festa.
Tutto dipende dal valore che noi attribuiano alle diverse organizzazioni di molecole che ci circondano, siano queste viventi o inanimate.
Einstein un giorno disse “Dio non gioca a dadi con l’universo.”
Non dico di credere in Dio, pero’ stimo molto tutta questa immane organizzazione di materia. Per esempio, mentre sono in autostrada, e magari sto andando a Milano, mi sento estremante piccolo e stupido pensando al fatto che mi sto spostando sulla superficie di un immenso pianeta, il quale sta orbitando ad una velocita’ inimmaginabile attorno ad una stella che tra l’altro e’ anche una stella medio-piccola, spersa fra milioni di altre stelle che vorticano in una galassia, una delle tante. E non mi possono rompere le palle perche’ invece dei 130 faccio i 160. Non possono. E poi devo passare sotto un ponte dove un losco figuro vuole dei soldi… perche’ ho fatto si e no
150 kilometri !!!
C’e’ decisamente qualcosa che ci sfugge.
Qualcosa che non possiamo nemmeno comprendere, di cui pero’ dovremo piu’ spesso tenere conto, almeno vivremmo piu’ sereni. Cosa me ne frega di correre per arrivare in orario ? Cosa fanno 20 minuti in piu’ o in meno rispetto ai tutti i miliardi di anni che ci circondano ?
Viviamo per cosi’ poco tempo che non dovremo nemmeno essere assillati dal tempo, tanto lui passa e noi non ci possiamo fare niente. No Time
Generation.
Pero’ poi ci si innamora e non si capisce piu’ niente. Si vede una
SLK, ci si intrippa nel sito internet della LEGO, si assaggiano nuove labbra… Il nostro piccolo cervello fa prestissimo a riempirsi di altre cose, che vanno a sovrapporsi ad altre e ad altre ancora. Siamo estremente piccoli e stupidi. Be’, almeno me ne rendo conto, il che e’ gia’ qualcosa.

delta

Mi sentii sollevato, ed ero effettivamentre sollevato da terra. Il deltaplano a motore mi preoccupava un po’, sembrava stesse insieme con lo scotch. Pero’ appena ci staccammo dal suolo mi sentii sollevato. Fu una bella esperienza. Dall’alto tutto era molto lontano, non lontano fisicamente, ma lontano da me, distaccato dalla realta’. Minuscole strade e automobili che parevano lentissime. Poi un fiume maestoso, un orizzonte lontano, e i tetti rossi tutti uguali. Era come se avessero fermato il tempo.

fruscio

Fuori era notte. Silenziosa e intima notte. Di notte la gente parla senza alzare la voce. Odio le persone che alzano la voce. L’unica luce veniva dal mio monitor, quelle lontane dei lampioni da fuori dalla finestra non mi toccavano. Scrivevo, (scrivo) in questa bolla di tempo intima e calma. Sento il rumore della sigaretta mentre la aspiro. Un fruscio raro.

Teo

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