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Ogredung Net-Label – Intervista a Purusha

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Purusha, ovvero Emanuele Rodolà, di Roma, oltre che musicista e compositore, è fondatore e titolare di una notevole net-label di musica elettronica e di ricerca: la Ogredung.

Davide

Quando e perché è nata Ogredung (mi piacerebbe sapere anche cosa vuol dire Ogredung)? Rispetto a molte cosiddette one man (net) label nate per soddisfare in qualche modo il loro creatore col proprio bisogno di release sotto varie spoglie (una cosa che potenzialmente è possibile a chiunque, nell’accezione più negativa e infestante del termine), tu hai fin dall’inizio mirato a pubblicare artisti che sono altro da te. Questo mi sembra faccia veramente una grande differenza tra quello che dovrebbe essere una vera net label e una insuffla-ego-label.

Purusha

Ogredung nasce nel ’99 come risposta italiana a un fenomeno attivo già da diversi anni nella Scena americana ed europea; frequentavo già da tempo il movimento e quando mi sono sentito abbastanza maturo da proporre il mio progetto di netlabel, ho visto cosa avevo in tasca e l’ho tirato fuori. La mia idea era quella di dare uno spazio e tutto il supporto necessario agli artisti e alla musica che ritenevo interessante, senza impormi (imporre) limiti di alcun genere (e limiti di genere), ma soprattutto fare sentire il peso di una realtà italiana in quel contesto e, in qualche modo, muovere le acque nel nostro paese. Per fare questo all’inizio contavo sulle mie sole forze, ma presto il supporto di diverse altre persone è risultato indispensabile, soprattutto per quel che riguarda la messa a punto dell’artwork e la pubblicizzazione delle release; a ogni modo non ho mai avuto un collaboratore fisso, in quanto di volta in volta trovo (o si fanno trovare) le persone con le giuste motivazioni e una proposta artistica di un certo tipo. Comunque gran parte delle netlabel attualmente attive (o per lo meno quelle storiche) sono nate esattamente come sfogo artistico di un gruppo di individui con affinità artistiche, poi l’evoluzione ad etichetta nel senso proprio del termine è stata parte di un processo, a mio avviso, naturale. Per quanto riguarda il nome, “Ogredung” viene dall’inglese e significa letteralmente “sterco di orco”. Dal punto di vista linguistico, mi piaceva il fatto che il nome suonasse allitterato sia in inglese che in italiano, in aggiunta al fatto che persino gente madrelingua non riconosce quella coppia di termini, biascicando strani pasticci pseudonordici del tipo Orgebund o Odregund. Semanticamente, la figura dell’orco rappresenterebbe un essere malvagio, dal mio punto di vista di allora una rappresentazione ominide della sperimentazione musicale, che è ed è sempre stata un mostro spaventoso ai più, e lo sterco è il prodotto ultimo di quanto fagocitato ed elaborato, nelle sue diverse forme.


Davide

Ad oggi ci sono 77 titoli in catalogo. Non sono ancora riuscito ad ascoltare tutto… Ma quasi… Posso dirti che Asha è semplicemente roboante? Ma in generale mi piace quasi tutto quel che hai prodotto. C’è qualità nelle scelte. Come operi, appunto, le tue scelte? In cosa consiste apporre il sigillo Ogredung?

Purusha

Asha è un ragazzo giapponese ancora molto attivo, ma non ha mai raggiunto la notorietà che secondo me meritava. La nostra release ha raggiunto in tutti questi anni 1300 download circa, che sono molto pochi considerata anche la qualità del brano; questo succede perchè ora il più conosciuto e il più ascoltato non è quasi mai il migliore, piuttosto è il più pubblicizzato. Nei ’90 invece i net-artisti più conosciuti erano semplicemente i migliori (ora mi viene in mente Lackluster); è proprio questo a spingermi ad alzare la soglia oltre la quale passare una release su Ogredung o no: è necessario che un visitatore occasionale, tanto quanto un fan della nostra etichetta, sappia con assoluta certezza che proponiamo materiale di qualità, e che se ne accorga al primo ascolto. E’ necessario che chi venga pubblicato, venga pubblicato per un motivo veramente valido e non per semplice conoscenza o, peggio ancora, per allungare il catalogo con una release a settimana. Una release Ogredung (e con questo includo gli aspetti musicali e visuali) è un frutto maturo, una intuizione artistica elaborata ed emozionale, non c’è più spazio per il pressappochismo nel contesto delle netlabel, questa è la mia visione. Non è vero che l’elettronica di oggi è solo un rimaneggiamento dell’avanguardia classica e delle soluzioni di Aphex, Autechre e Black Dog, ci sono molte idee meravigliose che fanno capolino ma noi non ce ne accorgiamo. Ogredung invece se ne accorge.

Davide


Sbaglio o vi sono molti artisti giapponesi in catalogo? Quanti e quali paesi esteri sono rappresentati da Ogredung ad oggi? Ci sono scene internazionali nell’ambito dell’elettronica che sapresti indicarci come tra le più interessanti del momento (o da sempre… se penso al Giappone)?

Purusha

Sì quando ho cominciato con Ogredung, ero particolarmente interessato alla scena elettronica giapponese ed ero in contatto con molti artisti di quella zona, ti menziono Toshiaki Ooi, Mori e Hexa; avevo anche notato che una realtà giapponese era poco presente sulla rete, gli artisti mettevano i propri brani su sperdute pagine personali, per giunta in lingua, e mostravano poco interesse in generale alle netlabel. Ma c’erano delle autentiche perle nascoste (uno su tutti Minez) ed è stato fondamentale per me poterle esporre a un pubblico in linea, poi è stata una soddisfazione quando alcuni di questi hanno avuto successo in seguito (ad esempio recentemente il brano di HAK è stato usato per un documentario su una webtv francese). Ad oggi il catalogo Ogredung include diversi paesi, in ordine sparso Italia, Giappone, India, Finlandia, Svezia, Francia, Stati Uniti, Romania, Inghilterra, Canada, Spagna, Russia, Germania, Rep. Ceca, Ungheria. Recentemente ho notato un certo movimento in Russia, dove l’elettronica si fa sempre più avanti, ma al di là del Giappone (dove ultimamente la fa da padrone la impro e il noise) ti segnalo sicuramente la scena spagnola, che vanta delle produzioni davvero impressionanti (Fibla, Eedl, Murcof, …), poi l’Argentina (Pablo Reche, Federico Monti, …), la Polonia se ti piace l’elettroacustica e il noise e Rep.Ceca e UK se ti piace il cosiddetto mashup e dubstep. La Scozia invece è dominata da Christ., Ochre e Frog Pocket, autori di buona parte della migliore elettronica di questi anni.

Davide

Tu suoni. In catalogo ci sono anche i tuoi lavori. Abolire il medium tra l’artista e il capestro del contratto dell’industria discografica, creare la propria etichetta è sempre stato l’obiettivo o il sogno di molti musicisti fin dai tempi dei Beatles con la Apple. Al brucio, mi vengono in mente la Manticore di E.L. & P., la Es Paranza di Robert Plant e la Swan Song dei Led Zeppelin… Bellisimo l’Apollo di William Rimmer del logo… la Numero Uno di Lucio Battisti e Giulio Rapetti e avanti. Allora ci volevano però ben altri sforzi, mezzi e investimenti. Oggi, per molte net-label (di solito create da musicisti anzitutto per se stessi, non sempre attenti come Ogredung alla qualità, che pure può essere oggi considerata un fatto soggettivamente variabile), bastano un computer, un sito in internet, una manciata di contatti… La net-label rischia di essere vista come un qualcosa di un po’ troppo facile e di fine a se stessa. Quali interrogativi critici ti sei posto rispetto a questa situazione e come hai reagito per stabilire i tuoi requisiti indispensabili di qualità?

Purusha

Nell’elettronica la situazione non è dissimile, ti cito al volo la Tigerbeat6 di Kid606, la Planet-Mu di Mu-ziq e la Phthalo di Phthalocyanine. Per le netlabel è diverso ma solo in apparenza. E’ vero che tutto sembra più facile e anzi in moltissimi casi è proprio così, e i leader scivolano con estrema facilità nella superficialità della scelta e della realizzazione. Negli ultimi tempi ho visitato diverse netlabel neonate, e mi sono stupito in maniera molto negativa della mediocrità e della presunzione di alcune di esse. Non voglio vantarmi di nulla, ma ci sono cose che non vanno fatte e non mi viene in mente nessun punto di vista soggettivo che possa giustificare alcune scelte. E sono affari nostri e di tutti coloro che ci mettono impegno, fiducia e qualità nel loro lavoro, perchè così si rovina la piazza e si fa un gran casino. Alcuni pensano di crederci veramente ma sai quante etichette sono cadute dopo 2-3 release? La verità è che con l’HTML e una manciata di contatti si fa il primo passo e mezzo, poi o si cade nel dimenticatoio o ci si rimbocca le maniche e si propone qualcosa di veramente buono e di qualità. Si stende un piano, si organizza il lavoro, si mantiene una base di conoscenza e si presta un’altissima attenzione alla qualità della musica e alla exposure che si costruisce attorno; poi le cose vanno pubblicizzate, bisogna seguire il movimento, non farsi oscurare. Io per Ogredung ho definito un vero e proprio processo di gestione e sviluppo dell’etichetta, ma questa è un pò una deformazione professionale che però dovrebbe farti rendere conto dell’approccio che io ho verso la faccenda e che altri condividono. Mantenere una netlabel richiede tempo, impegno e motivazione, è un pò come nello studio, si può andare avanti e laurearsi con un voto alto senza averci capito un cazzo e poi usare la laurea per lavorare, o ci si può impiegare un pò di più, mettendoci del personale e tirandone fuori dei risultati veri, che durano.

Davide

Molte più o meno piccole case discografiche (penso alla Charisma di Tony Stratton-Smith, ai Dischi del Sole in Italia e tantissime altre), nonostante autori e dischi di successo, hanno cessato di operare per essere acquisite dalle varie major. In questo modo, si è garantita una continuità. I dischi di allora possono essere oggi ristampati da altre case discografiche e così continuare a esistere. Come vedi il problema della continuità del catalogo delle net-label? Finita l’attività del creatore, cesseranno anche di esistere le opere prodotte?

Purusha

Sì questa cosa è successa anche con alcune netlabel, ma sotto diverse condizioni. Mi vengono in mente Arghprkl e Corrupt, due ottime label che hanno cessato l’attività circa 5 anni fa, e che pubblicavano prevalentemente power-noise, harsh e dark ambient; i leader (tra cui Nico e Jan, in arte Kaebin Yield/Duncan Avoid e Undacova/Erratic/Duncan Avoid) hanno poi fondato nel 2002 la Tinnitus, morta prematuramente. Entity è stata la risposta a tutto questo, ed è una delle poche netlabel che al giorno d’oggi reputo veramente eccellenti. Il backcatalog è sempre disponibile dal sito, e questo grazie all’enorme supporto fornito dai server di Scene.org. Quindi per rispondere al problema della continuità che suggerisci, bisogna anzitutto volgere lo sguardo verso quelle infrastrutture che rendono tutto possibile: nella fattispecie, principalmente Scene.org e Archive.org, con la sua sezione dedicata alla netmusic. Il loro lavoro di archiviazione e catalogazione (esplicita e implicita, pensando alla wayback machine) fa sì che tutto quanto prodotto non venga mai perso, se non per scelta diretta del creatore (e anche in quel caso non è immediato eliminare il materiale). Inoltre, materiale in formato binario è per sua natura riproducibile a costo irrisorio, un numero virtualmente infinito di volte. E le tecnologie p2p e di content sharing, che vanno sempre più per la maggiore, contribuiscono decisamente a rendere sempre disponibile tutta questa musica. Ancora, prendiamo Commie, o Milk, o Inpuj. Etichette decedute solo in apparenza.

Davide

Quali sono gli ultimi lavori usciti per Ogredung e quali saranno i prossimi?

Purusha

Le ultime uscite sono state Lum (077) e Marco Messina (069), anche se sul catalogo l’ultima è di Planet Boelex (079). Questo succede quando ho diverse release in ballo e sono in attesa di alcuni eventi per poter fare la pubblicazione online; ad esempio se, che so, Jacklamotta sta lavorando all’artwork di Datorpunk, ma già è tutto pronto per Karaoke Tundra, allora piuttosto che aspettare un tempo indefinito può succedere che pubblico un'”anticipazione”. A fare questo giochetto il catalogo ha attualmente due buchi, uno è 071 per Line Noise e l’altro è 074 per Ika Sali, poi ci sono Takeshi Nakamura (un progetto minimal/noise dal Giappone), Wisp (della Hymen), una compilation noise e diverse cose in fase di selezione come Dubsummer dall’Italia e Valzi dagli USA. Purtroppo però ultimamente ci sono problemi col server e sono bloccato a intermittenza. Inoltre da un pò di tempo, oltre ad essere impegnato con lo studio e il lavoro, sono sommerso da demo e non contatto più artisti per un’eventuale pubblicazione. Un’ultima cosa che vorrei dire è che molti artisti sono fissati con l’idea di pubblicare, è quasi un’ossessione. Mi arrivano tantissime demo di roba rock, metal e dance, con mail-template inviate in contemporanea a chissà quante altre label. Ma prima di inviare demo non si vanno a sentire che roba proponiamo? Hanno un elenco di etichette e si autoinvitano in broadcast. E’ un approccio che personalmente detesto, io come Purusha sottotpongo il mio materiale ad etichette che conosco molto bene e da cui mi farebbe piacere essere rappresentato. Non è solo un problema lato-etichetta, quello della qualità tendenzialmente bassa, è la tendenza a sottovalutarci che rovina la situazione. I neofiti pensano che qualsiasi netlabel prende le loro cose e le mette online, ma non è chiaro che un’etichetta rimane un’etichetta con i sacri crismi del controllo e della qualità.

Davide

A volte non mi sembra vero, ma sta già per finire il primo decennio dei 2000! Mi compili una lista un po’ particolare, coi dieci dischi o le dieci opere, uno/una per decennio (1900, 1910… fino al 2000) che, secondo te e il tuo bagaglio personale, hanno segnato ciascuna decade del Novecento e il tempo a seguire?

Non te lo chiedo in senso assoluto, ma in quello delle opere o incisioni che ti hanno segnato… Che so, per me, Debussy, poi negli anni ’10 è stato l’Uccello di Fuoco di Stravinsky, nei ’20 il Cello Concerto di Shostakovic o il concerto per la mano sinistra di Ravel, e avanti The Planets di Holst, il secondo concerto per pf. e orch. di Bartok (spec. il secondo movimento), Mathis der Mahler di Hindemith ecc. Dai ’40 in su diventa più faccenda di jazz, di elettronica e di rock… Sono opere che, oltre a segnare la mia “identità sonora” (nel senso musicoterapeutico) mi hanno lasciato dentro quasi l’intero senso storico di quei decenni.

Purusha

Che domanda difficile… per i primi del novecento mi viene in mente la Madama Butterfly di Puccini, un’opera meravigliosa, a seguire nei ’10 e nei ’20 L’uccello di fuoco di Stravinsky e Bartòk con Mikrokosmos. Per i ’30 sicuramente l’orchestrazione di Ravel dei Quadri di un’esposizione di Mussorgsky, bellissimi lo Gnomus e il Vecchio castello.. nei ’40 la cajun/zydeco di Queen Ida e il country-blues di Hank Williams, nei ’50 Charles Mingus con la sua Haitian Fight Song e l’album Exotica di Martin Denny (Quiet Village un brano su tutti). Le decadi successive sono pregne di capolavori, a cominciare con l’arrivo di Frank Zappa (Freak out!) e il Well-tempered synthesizer di Walter (fu) Carlos; nei ’70 l’album di esordio dei Devo, “Are we not men”, e la progressive declamatoria di Peter Hammill coi suoi Van Der Graaf Generator, magnifico Pawn Hearts. Negli ’80 si complicano le cose, ma l’opera che mi viene da menzionare è The Initial Command dei Front Line Assembly, una delle pietre miliari dell’electro-body music. Poi gli anni novanta vedono la pubblicazione dei Selected Ambient Works di Aphex Twin, e uno dei più bei lavori di electro-dark della storia, Ad Infinitum di Philippe Fichot ed Eliane P., in arte Die Form. Il 2000 ha ancora molto da dire ma i lavori che più mi hanno influenzato sono “B” di Mellow-D, le composizioni di Zbigniew Preisner, Brothomstates (con Claro), Temp Sound Solutions con Yesteryear EP (geniali The Tempest e Martin Luther King) e Blast Furnace di Converter, che mi ha fatto scoprire un’adorazione profonda verso la power-electronics di un certo calibro (capolavoro “Resolution”).

Davide

Tutte le release di Ogredung escono sotto licenza Creative Commons, quindi senza fini di lucro… Lucro ha un’accezione per lo più negativa e, come termine, lo cassiamo subito. Però, non ti piacerebbe sbarcare il lunario con Ogredung e con la tua musica? Voglio dire, non si è in gran parte rinunciato, non dico a fare improbabili e assurde palate di soldi come Elton John e tutte le vecchie rockstar, ma a poter quanto meno vivere con la propria musica, come ogni buon musicante di sempre? Io, per mille euro al mese, lo farei a tempo pieno e ne sarei felice. Secondo me andrebbe scoperta una via di mezzo… Oggi, nel pubblico, si verifica spesso una pretesa di principio largamente condiviso (e talvolta antipaticamente urlato) per cui la musica dev’essere comunque gratuita come un bene primario e assoluto (ma poi nemmeno il cibo e l’acquedotto – privatizzazioni boliviane a parte – lo sono). In generale, sembra un ritorno agli anni ’70, quando nessuno voleva pagare i biglietti ai concerti… Ma un gruppo, una organizzazione, e una stessa net-label hanno anche dei costi, il bisogno di non vivere di aria. Tu cosa ne pensi?

Purusha

Ho sempre avuto il segreto desiderio di vivere di queste mie attività musicali; per un certo periodo abbiamo provato a pubblicare delle release in cd-r. Questo formato mi ha sempre in qualche modo affascinato, molte cd-r label ti mettono a disposizione prodotti confezionati a mano, con musica in genere di qualità e altrimenti introvabile, e spesso e volentieri gli artisti e le etichette si propongono senza freni di alcun tipo. Comprare e ascoltare un cd-r mi dà una sensazione piacevole, mi fa sentire parte del sottobosco, mi fa entrare in contatto con certe realtà musicali. Mi viene in mente Alku. Purtroppo coi cd-r non abbiamo avuto molto successo, in quanto sebbene abbiamo smaltito quasi tutte le copie, il lavoro e il tempo necessario per fare tutto per bene era davvero troppo se rapportato poi ai ricavi. Inoltre se fosse un lavoro a tempo pieno diventerebbe un dovere e anche un’ossessione quella di cercare artisti, collaboratori e stare al passo col movimento musicale. Invece una netlabel vive anche di tempi morti e di silenzi, e di cambiamenti. Ogredung è nata orientata al web e penso che debba rimanere così. Recentemente sto intravedendo una via di mezzo, quella delle donazioni spontanee; pensa a qualcosa come bleep.com, ma con le release in ogni caso free e ad alta qualità. Pensa a un utente che apprezza particolarmente una release e che si trova in homepage un pulsantino già pronto, del tipo “ti piace ciò che ascolti? puoi dare il tuo contributo di 1$ cliccando qui!”. In ogni caso non avrei mai attivato Ogredung se non avessi accettato a priori i costi da sostenere: è anche vero che con la crescita di popolarità crescono le spese (pensa alla capacità di banda), quindi un supporto economico da parte del pubblico rimane molto importante, ma non è per questo che siamo nati e non è da questo progetto che mi aspetto un ritorno economico. Con questo non voglio schierarmi dalla parte di chi sostiene che la musica debba essere un bene gratuito, è piuttosto questa tendenza che taglia le gambe a chi nella musica ci intravede un paycheck, soprattutto chi intraprende un discorso musicale di un certo tipo.

Davide

Mi parli un po’ del Purusha musico? Perché Purusha? Seguire le sorti di una net-label, se da una parte arricchisce in stimoli, cultura e competenze, dall’altra non ti toglie tempo e concentrazione al fare musica personale?

Purusha

Purusha è un progetto mutevole, io sarei il cosiddetto leader ma è capitato spesso che facessi qualcosa a più mani. Questa mutevolezza e la volontà di spaziare tra i generi, sempre nell’ambito dell’elettronica e della sperimentazione, motiva la scelta del nome: secondo una filosofia induista, Purusha è una divinità con mille mani e mille teste. Musicalmente ho (abbiamo) toccato diversi generi, anche se ultimamente mi sto concentrando su uno stile che mi piace chiamare “romantic noise”, una derivazione del micronoise a cui cerco di donare emozionalità e, spesso, ritmo, anche con l’aiuto di strumentazione analogica e parti vocali. I miei lavori su Ogredung non sono molto rappresentativi in questo senso, eccezion fatta per il mio contributo alla compilation Snowsky & No Ink, che puoi ascoltare da qui:
www.scene.org/file.php?file=/music/groups/ogredung/od055_-_04__luca_sigurta__fireworks_euneun_rmx_by_purusha.mp3&…
Negli ultimi tempi non sono molto attivo dal punto di vista compositivo ma ho collaborato in vesti diverse ad alcuni lavori, tra cui ti menziono il brano “Diciassette Anni”, di Planet Boelex, uscito su Monotonik. Ciò è dovuto a diversi motivi, primi tra tutti lo studio e il lavoro, ma senza dubbio il fatto di gestire la label fa la sua grossa parte. Quando avevo più tempo per me stesso dedicavo almeno due ore piene al giorno ad Ogredung, per organizzare le release, gestire i contatti e realizzare i lavori. Con l’aumentare degli impegni ho dovuto togliere tempo alla musica per poter tenere in vita l’etichetta. Tengo molto al rapporto con gli artisti e con il pubblico, quindi ad esempio mantengo una base dati di contatti e un repositorio della corrispondenza e del feedback, che uso per mantenere vivi i rapporti, anche se in maniera saltuaria, e che monitorizzo per avere uno schema preciso dei progetti in corso e delle cose da fare. Questo lavoro richiede tempo e risorse; in questa situazione, nei periodi più bui ho perso le motivazioni e purtroppo ho anche fatto molti errori, ho lasciato cadere troppe cose in ballo e tenuto cose in sospeso indefinitivamente. Di tutto ciò, Purusha ne ha ovviamente risentito ma continuo a raccogliere stimoli e conservo molte intuizioni musicali che vorrei mettere alla prova nel breve termine.

Davide

Io vengo dai ’70, quando le copertine erano tanto importanti quanto i dischi stessi (quelle dello studio Hypgnosis erano le mie preferite). Chi cura la grafica dei dischi Ogredung? C’è un segno, uno stile che contraddistingue e per comunicare cosa al primo impatto?

Purusha

Della grafica inizialmente me ne occupavo esclusivamente io, ma a volte erano gli artisti stessi che mi proponevano qualcosa da mettere come “copertina” (ad esempio per la release 025, di Stonda). Poi ho conosciuto Felix (una metà di Makunouchi Bento), che oltre a curare la cover-art per i suoi lavori si era reso comunque disponibile per le altre release. Due esempi sono la 038 (Oto) e la 039 (Tao/Julien Neto). Fino alla prima cinquantina di release, la grafica era concepita proprio come se fossero copertine da cd, di fatti per vederle bisognava cliccare un link che apriva una finestrella quadrata e finiva lì. Un giorno mi contattò Alberto Seveso, un grafico appassionato di netmusic che si occupava di un progetto chiamato Ko-lo, e mi propose un brano e un artwork a pagina intera, pensato proprio per il web (la release è la 052). Questa cosa in un certo senso mi illuminò, era proprio l’approccio più adatto per una etichetta orientata al (e motivata dal) web. Da allora ogni release va in homepage con il suo artwork, non più sottoforma di coverart quanto piuttosto come un minisito dedicato a quella pubblicazione. Quando c’è un artista in fase di release, gli chiedo se ha già in mente qualcosa per l’artwork; se ha idee ne parliamo e le realizziamo insieme, altrimenti mi rivolgo io a qualcuno, come Alberto, Felix o, più recentemente, Jacklamotta di DesignRadar. In generale comunque mi piace contattare sempre gente nuova e dare diversi ‘sapori’ al nostro catalogo. Quindi non si può parlare di uno stile che ci contraddistingua e onestamente mi piace questa aleatoreità, mi piace vedere una release vivere del suo spazio musicale e visivo. Prima invece eravamo più circoscritti, con il fatto che le cover non si vedevano subito la gente quando pensava a Ogre pensava allo stile minimale e monocromatico del sito (curato da un ragazzo finlandese, Muira Puama), e invece è più giusto dare a ogni release la sua dignità visiva.

Davide

I link per Ogredung?

Purusha

Ogredung può essere raggiunta in questi modi:

sito ufficiale: www.ogredung.org

sezione su Archive: www.archive.org/details/ogredung

directory su Scene.org: www.scene.org/dir.php?dir=%2Fmusic%2Fgroups%2Fogredung/
pagina su Earlabs: www.earlabs.org/releases/releaselabel.asp?labelID=142



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