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Antologia del Fantastico Italiano Underground

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Nasce all’insegna della declassificazione questa “Antologia del Fantastico Italiano Underground”. Come, infatti, c’induce a riflettere Valerio Evangelisti nelle righe della prefazione, la scena ufficiale della narrativa fantastica vede ancora la suddivisione per generi, sottostando con ciò tuttora ai dogmi ingessati della critica letteraria nella prima metà del ‘900. Questo va ovviamente a discapito di tutta quella produzione che ad un genere preciso non può essere ricondotta, ed appunto nell’Antologia curata dalle Edizioni Il Foglio troviamo espressione di questa varietà categorica, di quest’anarchia rispetto a classificazioni di ogni ordine e grado. Poiché la creatività non cristallizza in regole. E la cristallizzazione di per sé significa morte.

I criteri di scelta in questa raccolta paiono dunque essere improntati al grido di battaglia lanciato alla fine degli anni ‘50 da Judith Merril, curatrice americana delle raccolte “Year’s Best SF”, assolutamente persuasa della necessità di abbattere la categorizzazione letteraria, sterile ed inutile, a vantaggio di una definizione di letteratura speculativa, che fosse in grado di comprendere al suo interno le diverse espressioni che andavano delineandosi, dalla fantascienza all’horror, passando per opere aldilà di qualsiasi canone, come quelle di J.L. Borges. Fu proprio questo l’impulso che diede vita al fermento rivoluzionario che prese il nome di New Wave e che portò la SF oltre il limite della letteratura bassa, di genere. E d’altro canto, è questo che tutt’oggi proietta opere come quella in esame verso scenari ampi e giustamente ambiziosi.

Non è un caso che i curatori dell’Antologia siano andati a ricercare gli autori proprio nell’underground letterario cui si fa cenno nel titolo. Molti di loro, in effetti, provengono dal mondo umbratile indeterminabile e polimorfo per antonomasia, il web, ed in particolare dalle e-zine che lo costellano ed arricchiscono. Si tratta nella maggioranza dei casi di persone con una gran passione per la scrittura, un impiego magari avulso dall’ambito letterario, e comunque lontane dal mainstream e dal successo. Una realtà sommersa che ruota più che altro attorno ai concorsi letterari di provincia. Dev’essere a questa caratteristica di semi- clandestinità, di sospensione, che dobbiamo la fertilità di queste penne, il loro scavare nei meandri della fantasia, declinandone le varie sfaccettature.

Il Fantastico Underground apre i propri battenti con un esempio piuttosto classico in verità. “Le acque oltre la riva” di Vincenzo Spasaro è infatti un brano di chiara discendenza dall’eredità di Lovecraft. L’atmosfera gotica ed allucinata è data da personaggi rarefatti che come fantasmi si spostano impercettibilmente attraverso le stanze di un palazzo antico, affacciato su un sublime mare burrascoso da cui deriverà l’elemento soprannaturale della trama.

Attraverso la sperimentazione narrativa di Lorenzo Trenti che in “Altri crocevia” gioca con le sequenze narrative combinandole in modo tale da ottenere contenuti sempre diversi, arriviamo poi alla terrificante trasfigurazione della burocrazia italiana in un ascensore lento e mortifero, che imprigiona il protagonista del racconto di Raoul Cannella.

“Le parole, le stelle” di Sacha Naspini è invece il primo brano di collocazione non tanto scontata. Una favola densa d’immagini surreali e lievi, permeata di malinconica poesia, come nella prosa di Boris Vian. L’uomo con la pipa che incanta i bambini con parole che volteggiano in aria dando forma ad oggetti ed emozioni, incarna la figura del cantastorie del passato, rievocando così l’utopia di una società arcadica e pacifica dominata dai buoni valori trasmessi dall’oralità. La comparsa della tecnologia, rappresentata nel racconto nell’aspetto più negativo, da un aereo- caccia, provoca la rottura dell’idillio e con lo smarrimento del potere d’affabulazione, riscontreremo il sopraggiungere dello sfaldamento sociale, secondo uno schema che potrebbe richiamare per certi versi quello paventato dalla narrativa utopica inglese.

A seguire, troveremo un altro tra i racconti più interessanti dell’Antologia, quello di Gordiano Lupi. “La scala dei ricordi” è sostanzialmente una storia dell’orrore, in cui però l’elemento romantico prevale su quello gotico. Protagonista è infatti un’anziana non- morta, tenutaria di una pensione, e non assetata di sangue bensì prigioniera del ricordo che ogni notte la vede ringiovanire e cantare sulle note di uno struggente tango argentino, perpetuando forse il rito di un amore perduto o maledetto, quale solo una milonga avrebbe potuto ospitare.

Continuando a scorrere le pagine, leggeremo poi la narrazione fantastica ad opera di Michele Rossini di come un tranquillo pic-nic sur l’herbe possa trasformarsi in un evento davvero fenomenale, assistendo alla nascita di uno stagno. Della serie “non c’è più la mezza stagione”. Invece il racconto successivo, “Le sabbie di Lankiveil” è forse uno tra i più pretenziosi dell’intera raccolta. Vale comunque la pena di citarlo come rappresentante della categoria più eminentemente fantascientifica, ma a mio parere, nonostante alcuni cenni ed ammiccamenti alla New Wave ed al cyberpunk, risulta in complesso molto più vicino alla prosopopea tronfia e sferragliante della space opera più tradizionale.

Non è affatto tradizionale, al contrario, la via di fuga da una realtà venefica e claustrofobica di periferia industriale, escogitata dalla protagonista di “Prigioniera dell’illustrazione” di Maria Mazzei; con “La mamma ha sempre ragione” ci ritroveremo in un mercato rionale nei panni di un ladruncolo, punito in modo insolito ma esemplare per aver tentato di rubare ad una zingara. Altro racconto di collocazione trasversale è ancora quello di Franco Foschi, “Canto Bakshi della vita e della morte”, che assunti i connotati di una relazione antropologica, si sviluppa come un’indagine che ci accompagnerà presso popoli lontani alla ricerca di un senso della morte consolatorio, all’insegna di una continuità tra viventi e morenti in cui forse risiede il vero elemento magico e fantastico della narrazione.

Con “L’odore dell’ombra”, poi, torniamo al filone horror, in una storia intrigante che parte da un pretesto solo in apparenza ludico e buffo – la puzza che perseguita il protagonista e lo rende inviso al genere umano -, per approdare ad un inaspettato risvolto esoterico che raggiungerà il climax in una scena cruenta e terrificante. Forse quella più terrificante dell’intera Antologia.

I brani di Vera Mantegoli e Maurizio Cometto chiudono questa carrellata sulla letteratura fantastica di casa nostra. Mentre l’uno, “interferenze REM” è forse eccessivamente onirico e compiaciuto dell’essere criptico; l’altro, “Sequenza di verdi”, è una storia leggera e divertente, in cui l’elemento surreale corrode la materia della vita quotidiana di un ingegnere torinese, sulla grigia via del lavoro. Quali effetti potrà produrre la mitologica onda verde dei semafori sull’entropia che governa il piccolo mondo di un povero impiegato?

Il Fantastico Italiano Underground ci offre insomma con questo libro un saggio di quello che è il suo potenziale nascosto. Si prepara ad affilare le armi per emergere definitivamente e mostrare al grande pubblico le infinite possibilità di creare sulla terra, tra noi tutti, il beato reame di Fantasia. Forte di nuove idee, di menti creative che sappiano superare in volo i limiti imposti dal canone letterario. Poiché cos’è la fantasia se non la possibilità di travalicare qualsiasi confine stabilito, travolgendo steccati d’ogni sorta? Attendiamo dunque un’ulteriore nuova antologia che completi il quadro fin qui tracciato, arricchendolo di tutte le sfumature possibili.

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