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Intervista con Claudio Melchior

8 min read
Claudio Melchior Ho Molti Follower dal 12 aprile 2019 #synthpop
 
 
Claudio Melchior ha lavorato come speaker spara-sciocchezze nelle radio della fine degli anni ’80, ha recitato in teatro (off e alternativo come si conviene) per tutti i ’90, è finito a Milano a fare il creativo pubblicitario dove ha messo le mani su spot e campagne che hanno ammorbato gli italiani e che è meglio non citare per evitare querele, finendo poi per trovare la pace dei sensi come professore universitario di comunicazione. Dopo aver prodotto pezzi, cover e remix sotto diversi pseudonimi e progetti, le cui tracce sono sparse nel grande mare della rete, con “Ho molti follower” presenta al pubblico il suo primo album. “Ho molti follower” è un album ironicamente cantautorale tutto realizzato senza l’uso di chitarre, tanto per distanziarsi dalle abitudini dei cantautori vecchio stile, e completamente privo di virtual instruments, tanto per distanziarsi dalle abitudini dei cantautori nuovo stile. Il disco è interamente arrangiato e suonato da synth analogici: un Roland D50 dai profondi anni ’80, un Korg Karma e un glorioso Moog con i suoi caratteristici “fat sounds”. Il tutto ritmato dalle batterie, realissime, di Matteo Dainese aka Il Cane. Se ci si fermasse a questa descrizione, potrebbe sembrare un prodotto musicale retrò, che strizza l’occhio ai tempi passati e gioca con la musica che fu, in particolare le sonorità che hanno riempito di gioia le orecchie degli anni ’80. Al contrario testi, ritmi e arrangiamenti sono pienamente contemporanei, in un mix strano, particolare e personale che non si ritrova altrove. Pop d’autore, non scontato, che strizza l’occhio alla scena indie e cerca di raccontare il mondo di oggi. “Ho molti follower” parla della vita, del tempo che passa (e mentre passa ci cambia), dell’amore (che va preso con le pinze), del bisogno di apparire, dei dubbi e delle falsità che sempre più sembrano essere la cifra del mondo che ci circonda.
 
Tracklist:1. Ho molti follower (3:44) / 2. Al mare (3:04) /3. Andiamo di qua (4:06) / 4. Essere felici almeno un’ora (3:24) / 5. Giocare a dadi con Dio (3.36) / 6. Fake Simon Le Bon (3:14) / 7. Sì in fondo (2:48)
Testi e musiche di Claudio Melchior
(eccetto “Fake Simon Le Bon”: musica di Luca Franzolini, testi di Claudio Melchior)
Batterie di Matteo Dainese
Registrato e mixato da Matteo Dainese aka Il Cane presso La Cuccia Studio di Udine.
Mastering: Marco Lega, Firenze
 
Intervista
 
Davide
Ciao Claudio. Sei dunque al tuo primo album pur dopo aver prodotto pezzi, cover e remix sotto diversi pseudonimi e progetti, le cui tracce (come dice la presentazione) sono sparse nel grande mare della rete… Possiamo chiederti quali, almeno i più salienti?
 
Claudio
Sarei tentato di dirti di no! Nome nuovo, vita nuova! 🙂 Come se mi avessi chiesto quanti anni ho: ci sono cose che noi narcisisti patocchi non siamo in grado di confessare… Scherzo, ma non del tutto. La decisione di pubblicare l’album con il mio nome invece che nascondermi dietro all’ennesimo pseudonimo è stata una decisione forte per me. Perché mescola vite diverse e immagini sociali diverse. Quindi, se deve essere la musica di Claudio Melchior, voglio che sia solo quella. Detto questo, volentieri: l’ultimo pseudonimo è stato Beflexy, se curiosate sui canali di Skardy, ad esempio, troverete un remix “Papa nero Beflexy Version” pubblicato un paio di anni fa. Diversi pezzi firmati Beflexy, soprattutto in inglese, sono ancora là su Soundcloud. Chi ha voglia di scavare, trova.
 
Davide
La radio, il teatro, la pubblicità, hai lavorato in diversi ambiti artisitici o creativi. Qual è stata invece la tua formazione musicale e perché sei giunto soltanto ora a desiderare e a realizzare un tuo primo disco?
 
Claudio
Ho iniziato come quasi tutti suonando la chitarra e cantando. Da giovane ho suonato per le strade, poi ho iniziato a registrare le mie cose con un multitraccia a cassetta fino a incontrare la produzione in the box e rimanerne folgorato (già dai tempi del primo Cubase, ho comprato un Atari 1040 solo per quello duemila anni fa). Da quando mi ricordo ho sempre scritto canzoni. La musica è quello che oggi mi permette in modo più libero di buttare fuori la mia esigenza creativa e di espressione. Non inseguo un successo o un’affermazione. Voglio diffondere le mie canzoni perché dentro le mie canzoni dico le cose a cui tengo e che voglio condividere con gli altri. Metti assieme il tutto e trovi i motivi dell’album. Perché solo oggi? Boh. Però se aspettavo ancora arrivava domani.
 
Davide
Come sono nate queste tue canzoni, intorno a quali temi più urgenti per te in questo momento e per comunicare cosa innanzi tutto?
 
Claudio
Voglio parlare della vita. Di quanto siamo stupidi, di quello che ci succede nella testa quando ci guardiamo allo specchio e vediamo il tempo che passa. Delle nostre fragilità, di come può essere complicato capire quello che ci circonda. Il tutto con la massima leggerezza possibile. Poi, su come nascono, per me ogni canzone nasce diversamente. Quasi tutto questo album è nato da riff e basi musicali elettroniche che, una volta acquisito un po’ di groove, mi facevano venire voglia di tirargli fuori l’anima con un testo. Ma mi capita anche di iniziare da un testo oppure “alla vecchia”, ovvero con una chitarra in mano e tanti accordi. “Al mare” ad esempio ha una genesi tutta particolare. L’ho scritta a mente nel corso di una vacanza al mare con mio figlio. Quando sono tornato a casa avevo già tutta la canzone nella testa senza neanche sapere che note o accordi fossero.
 
Davide
A volte ho l’impressione che la più grande barriera alla comunicazione sia oggi diventata l’eccesso di mezzi di comunicazione e il farne continuo uso, l’eccesso stesso di comunicazione. Come professore universitario di comunicazione, qual è la prima cosa che insegni, un concetto o un viatico che ti sia particolarmente caro nell’indicare un approccio alla materia?
 
Claudio
Hai ragione, è un osservazione veritiera. Il bombardamento di messaggi che subiamo continuamente ci porta in qualche modo “a vaccinarci” rispetto ai messaggi stessi. Sto sviluppando nella mia ricerca una prospettiva che ho chiamato “comunicazione a-consapevole” o “trasparente”. L’idea di fondo è che i pubblicitari o i propagandisti sanno che non devono mai dire messaggi espliciti o chiaramente leggibili da parte delle persone. Ed ecco che i messaggi “veri” ormai vengono tutti fatti passare attraverso messaggi legati al non verbale, alla metacomunicazione, agli aspetti relazionali e pragmatici contenuti nei messaggi. Se vuoi possiamo aprire una piccola parentesi su questo tema e parlarne diciamo per un centinaio di ore…
 
Davide
C’è qualcosa dello speaker radiofonico nel tuo modo di cantare: è più un cantar parlando oppure un parlar cantando?
 
Claudio
Ah-Ah! Sì, hai ragione! Non canto, parlo… È vera questa cosa dello speaker, ma c’è ancora di più l’esperienza del teatro che viene fuori. Per me è più importante l’espressività rispetto alla nota o al virtuosismo. Mi piacciono quelli che una volta si chiamavano “gli interpreti”. Ti confesso che in alcuni pezzi ho volutamente cantato più “down” di quanto avrei potuto perché tutte le volte che nel passato ho provato a “cantare di più”, immancabilmente quelli che mi producevano arrivavano a dire: “belle le voci nuove che abbiamo registrato: ma sai che era meglio quella del provino?” E le voci del provino erano sempre registrate male, alle due del mattino, magari a bassa voce cercando di non disturbare troppo i vicini però con molta concentrazione ed emozione vera. Quindi io cerco di seguire quella via lì.
 
Davide
Ci sono dischi che abbiamo negli anni ascoltato e riascoltato decine e decine di volte, magari anche più di cento. Quali sono stati i dischi che sei tornato ad ascoltare più di altri?
 
Claudio
Su questo sono abbastanza psicopatico. È raro che vada a dormire senza avere ascoltato almeno una volta “Never mind the bollocks” dei Sex Pistols. E lo stesso effetto me lo fa Zappa. Negli ultimi dieci anni l’ho ascoltato in tutte le solfe, ho proprio consumato gli mp3. Dopodiché sono nato con Bowie e Queen, Beatles, Rolling e Pink Floyd come tutti, e adesso ascolto spesso anche la Trap, o il pop che sta girando ora, e mi piace.
 
Davide
La musica può rendere gli uomini migliori? Migliora la vita, quanto meno la tua, e in che modo? Qual è il suo scopo oggi più che mai?
 
Claudio
Se rende gli uomini migliori non lo so. Certo, la cultura in generale lo fa, però nel parlarle a mio avviso bisognerebbe anche evitare di fare distinzioni false come quelle tra la cultura con la “c” maiuscola e la cultura pop, ad esempio. Sullo scopo che ha oggi, è difficile dirlo. Certo non ha più l’importanza sociale che aveva negli anni ‘60, ‘70 e ‘80 del secolo scorso, dove sembrava che tutti in qualche modo dovessero essere connessi con quel tipo di linguaggio. Oggi la musica vive più sotto traccia, però se ne produce tantissima, molta più che nel passato, e a mio avviso in questi ultimi anni abbiamo ricominciato a produrre delle cose assolutamente interessanti. Secondo me c’è molta creatività musicale in giro oggi. Per quanto riguarda me stesso, la musica aiuta senz’altro molto la mia vita. Il modo che mi sono tenuto per esprimere me stesso e quello che ho dentro. Per me il valore delle canzoni che ho fatto è tutto qui. Che dicono quello che volevo dire.
 
Davide
“Si dovrebbe, almeno ogni giorno, ascoltare qualche canzone, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro…” scrisse Goethe. Ci dai quindi il titolo di qualche canzone da andarci ad ascoltare ora, di una bella poesia e di un bel quadro?
 
Claudio
“Superba è la notte” di Alda Merini è una raccolta di poesie che bisogna leggere. Le nature morte di Morandi continuano ad affascinarmi molto: a Bologna abitavo davanti alla sua casa in via Fondazza e ci andavo proprio spesso. Per quanto riguarda le canzoni, sono troppe. Però ti cito “Port of Amsterdam” di Bowie, cover di Brel ancora più poetica dell’originale. E sfido tutti ad andare a riascoltarsi “Mmh ha ha ha” di Young Signorino. Io la trovo geniale, mi ricorda Marinetti.
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Claudio
Seguirà un secondo album! E nel frattempo, spero, incontrare bella gente, belle collaborazioni, suonare in giro, fare chilometri spesi bene. Questo è l’obiettivo, far vivere queste canzoni e avere la voglia e la capacità di scriverne altre, spero ancora più belle. Anche se devo dire che a me piacciono anche queste. D’altra parte, ogne scarrafone è bell’ a mamma soja.
 
Davide
Grazie e à suivre…

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