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Onward to Venus

6 min read
gioco per 2-5 persone
Autore: Martin Wallace
Editore: Treefrog Games (www.treefroggames.com)
 
L’ambientazione è fantascientifica, ovvero l’espansione terrestre nel sistema solare, ma vista in chiave steampunk: ci troviamo alla fine del diciannovesimo secolo (in epoca Vittoriana) e le principali nazioni della Terra hanno già la tecnologia necessaria per raggiungere altri corpi celesti, per la precisioni gli altri pianeti, che in questa realtà alternativa sono esattamente come si immaginavano gli scrittori di allora: su Venere ci sono giungle lussureggianti, piene di belve feroci e venusiani selvaggi, e Marte è sì un deserto, ma con città costruite da marziani tecnologicamente al nostro livello. Lo spunto (e la grafica) per questa ambientazione è venuta dalle idee di Greg Broadmore, che ha immaginato le creazioni tecnologiche (soprattutto armi) dell’impronunciabile Dr. Grordbort; inizialmente pensavo che Broadmore fosse uno scrittore (o un disegnatore di fumetti), solo in seguito ho scoperto che è anche scultore e designer, e ha realizzato soprattutto armi a raggi (dal design tipicamente steampunk) ed è su queste che il nostro Martin Wallace ha realizzato il gioco da tavolo. Tra parentesi, il collegamento tra i due è più solido di quello che può sembrare, dato che entrambi risiedono in Nuova Zelanda (e a questo proposito Broadmore ha lavorato anche con Peter Jackson per Il Signore degli Anelli e King Kong). Ma vediamo che cosa si è inventato il nostro Wallace.
La scatola è di dimensione media (appena un po’ più alta del formato standard usato da Treefrog) e contiene:
– otto dischi, uno per ogni “pianeta”,
– tessere di cartoncino per le unità, le costruzioni dei giocatori e le azioni sui pianeti,
– un mazzo di carte,
– tre dadi,
– segnalini di cartoncino per le monete (sterline, in questo caso),
– cubetti e segnalino primo giocatore in legno,
– un sacchetto di tessuto,
– il regolamento (in inglese).
La qualità dei componenti è buona (il cartoncino è robusto) e le illustrazioni sono molto belle (seguendo lo stile di Broadmore); di questo gioco è stata anche realizzata una versione “deluxe” che, nell’accezione classica della Treefrog, sostituisce il cartoncino delle tessere delle unità dei giocatori e le monete con il legno. Ci sono alcune scritte in inglese sulle carte (che devono rimanere segrete) per cui è necessario che i giocatori abbiano almeno un’infarinatura della lingua (mentre per la descrizione e la risoluzione delle crisi è sufficiente che se ne occupi un solo giocatore).
Per la preparazione, si dispongono i dischi dei pianeti in una linea (a parte la Terra e la Luna che vanno affiancati) da Mercurio fino alla Fascia di Kuiper (che si trova all’esterno del sistema solare). Ogni giocatore piazza quattro truppe due astronavi in orbita terrestre e una fabbrica sulla superfice, riceve due carte dal mazzo da aggiungere alle quattro personalizzate (sono quelle che differenziano una nazione dall’altra) e dodici sterline; infine si sorteggia un giocatore iniziale e si può partire.
Una partita si articola su tre “periodi”, ognuno composta da sei fasi:
– si piazzano tanti cubi neri sulla carta “Pass” quanti sono i giocatori, più due; questi serviranno per stabilire il termine di un periodo (ovvero quando non ce ne saranno più da pescare).
– su ogni pianeta verranno piazzate un certo numero di tessere (in base al numero dei giocatori) pescate da un sacchetto.
– ogni giocatore a turno eseguirà un’azione, oppure passerà, prendendo un cubetto nera dalla carta (e una carta dal mazzo); nel momento in cui un giocatore pesca l’ultimo cubetto questa fase termina.
– si controlla se ci sono delle crisi in atto, ovvero si lanciano i tre dadi e si aggiungono i risultati dei teschi a quelli già presenti sulle tessere “crisi” rimaste sui pianeti, per ogni pianeti si consulta la tabella e si attiva l’effetto relativo al livello di crisi raggiunto: si va da effetti marginali alla “chiusura” di determinati pianeti fino alla conclusione della partita con la sconfitta di tutti i giocatori (come nel caso di rivolta dei robot sulla Terra). In teoria è un meccanismo che promette bene, ma nella pratica i giocatori esperti provvederanno a risolvere subito le tessere crisi (valgono punti vittoria) e quindi sarà difficile vederne gli effetti.
– ogni giocatore riceve due sterline per ogni fabbrica e tre per ogni miniera che possiede.
– si riattivano tutte le unità (quelle sui pianeti, che quindi sono state attivate, ritornano in orbita) e si passa al periodo successivo, se si è già nel terzo, si conclude la partita.
Nella fase delle azioni, un giocatore può eseguirne una tra queste alternative:
– movimento, una flotta di una o più astronavi (che può trasportare un numero qualunque di truppe) si può spostare di uno o due pianeti (se lo spostamento è solo di uno, può anche far sbarcare una truppa o un’astronave e prendere una tessera). Notare che normalmente i carri armati non possono viaggiare con le astronavi (lo possono fare solo giocando determinate carte) per cui sono vincolati al pianeta dove sono stati costruiti.
– prendere una tessera, una truppa, un’astronave o un carro armato in orbita può essere posizionato sul pianeta e il giocatore può prendere una delle tessere presenti. L’effetto dipende dal tipo di tessera e si va dal ricevere carte o sterline, costruire miniere o fabbriche, partecipare ad una battuta di caccia (vale punti vittoria) fino all’attacco di una tessera “crisi” o di una miniera o fabbrica di un altro giocatore, attraverso una tessera “tensione” (questo vuol dire che se non c’è una di queste tessere, non è possibile attaccare un avversario). Il combattimento è molto semplice, per calcolare la forza in difesa si somma la valore della struttura la forza delle unità avversarie, si lanciano i tre dadi e si aggiunge la differenza tra il più alto e il più basso (un teschio vale zero), a questo punto il giocatore può aggiungere alla forza di sbarco delle carte per superare (o pareggiare) il valore di difesa, e vincere lo scontro (e quindi catturare l’installazione). Il numero di teschi ottenuti dal lancio del dado equivale al numero di unità perse dall’attaccante nello scontro.
– costruzione di unità, ogni giocatore ne può costruire due, pagandone il costo, e piazzarle in orbita sulla Terra, o su un altro pianeta dove possiede una fabbrica. L’importanza delle unità è evidente, dato che più unità si posseggono, più azioni si possono eseguire (vi ricordo che dopo un’azione l’unità viene fatta “atterrare” e non sarà disponibile fino al prossimo periodo, a meno dell’utilizzo di determinate carte).
– usare una carta, che riporti la dicitura “azione” (se non è presente tale dicitura, la carta può essere utilizzata in qualunque momento, durante la propria fase azione).
– passare, prendendo un cubetto nero (e una carta).
Alla fine della partita si attribuiscono punti per ogni pianeta, in base al valore delle costruzioni presenti su ognuno di essi (in un classico sistema a maggioranze); a questi si aggiungono i punti dati dalle tessere crisi e caccia grossa, e il vincitore è colui che totalizza il punteggio più alto (in caso di parità si valuta chi è primo giocatore, poi il numero di miniere e fabbriche costruite, poi i punti dati dalle tessere, se si è ancora pari si dichiara un pareggio). Notare che le unità militari e le sterline conservate non valgono punti vittoria.
Si può notare come non si tratti di un gioco di pura conquista: il combattimento non è un elemento preponderante, e in effetti parlando della meccanica è completamente gestito dall’attaccante, ovvero, il difensore, quando è un giocatore, non può intervenire e deve “subirne” le conseguenze. Questo può sembrare un po’ limitante, ma dà la garanzia che le mosse possano essere pianificate con un notevole grado di sicurezza: al massimo ci si trova a dover gestire un +6 di forza, dato dal lancio dei dadi (con un massimo di due perdite, dato che le tre perdite corrispondono necessariamente a un +0 di forza).
Onward to Venus è un classico gioco di Wallace, dove le meccaniche si adattano bene all’ambientazione, senza che quest’ultima diventi invasiva. Per chi cerca un gioco di scontro diretto, potrebbe risultare non del tutto appagante, mentre chi cerca invece un gioco ricco di ambientazione, in cui è possibile cercare di pianificare le proprie mosse (ma solo all’interno dello stesso periodo), dall’interazione limitata al reciproco ostacolarsi (con sporadici attacchi), e non disdegna qualche colpo di scena (dato dalle carte) è un prodotto sicuramente consigliato.

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