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Capelli blu – Valerio Nardoni

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E/O (Roma, 2012), pag. 131, euro 16.00
 
L'esordio di Jiulium. Esistono, nella storia della letteratura, quei romanzi che si faranno ricordare per sempre, per esempio grazie al nome che l'autore marchia sul protagonista della storia e, solamente poi, in virtù della costruzione complessiva del personaggio. Succederà, quasi sicuramente, per il Julium inventato da Valerio Nardoni nel suo "Capelli blu". Dove troviamo uno di quegli esordi indimenticabili, appunto; mentre quest'anno scorre anche l'acqua nuova di Massimiliano Santarossa col suo impeccabile "Viaggio nella notte" (Hacca) e l'altro esordio, quello di Fabio Calenda con "Rosso totale" (Laurana). "Jilium è un giovane laureato che, come tanti della sua generazione, lavora come cassiere in un discount, in attesa della grande occasione". Ma Jiulium c'appare subito come una specie di disadattato. Una vittima, comunque, dei difetti assoluti del nostro tempo, nella nostra società. Un ragazzo che vive, potremmo superficialmente sintetizzare, ogni inquietudine che noi viviamo e tutti i dubbi esistenziali – più il gelo – che ognuno di noi – o quasi – sopporta. Tanto da "costruirsi" una ragazza dai capelli blu. Più la sua morte. Reali o no, insomma, questi avvinimenti/episodi/persecuzioni produrranno nella pellicola di Jiulium, che la mano di Nardoni fa volare, appunto, fra film e canzoni, un'ulteriore dose, e fatale forse, di dissoluzione; in sostanza, tra prima persona e terza persona, nello sguardo della camera esterna come nel contatto diretto con la (falsa)confessione, il romanzo di Valerio Nardoni riversa sulle nostre tavole tutta la potenza d'uno sfibramento della coscienza. (Non a caso – in pratica – fa a un certo appunto nella trama apparizione persino un vero psicologo). Ché siamo i figlioletti del dramma occidentale. I vuoti di memoria, dunque, non saranno che espedienti utilissimi alla penne d'un Nardoni incorregibile: per rammentarci delle nostre disperazioni. La penna di Valerio Nardoni, che con gioia scopriamo oltre le capacità di critico letterario, è sicura e fine allo stesso tempo. Un piacere per chi ascolta. Non c'è fiaba, nel racconto di Nardoni. Ma più d'un'opera d'Allen.
 

 

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