Per chi va al mare, e per chi resta in città
«In estate tutto scorre più velocemente perché l'estate non è una stagione ma uno stato d'animo»
(anonimo)
Finalmente, la tregua olimpica è terminata e ora possiamo, ferragosto permettendo, tornare tutti ad occuparci (o preoccuparci) delle questioni veramente importanti.
Eh sì, perché mentre ci esaltavamo nel seguire dalla poltrona di casa uomini in calzamaglia che correvano più veloci del rapido delle 7 e 48 per Vigevano, l’Italia, l’Europa e il mondo intero continuavano la loro, e nostra, inarrestabile caduta.
Non ci siamo forse resi conto che un ministro ha profetizzato un settembre “terribilis”, che i tedeschi ci hanno gentilmente definiti “morti di fame”, che il governo sta svendendo i “gioielli di famiglia” e che, in tutto questo, Pisa e Livorno litigano ancora come fossero nel medio-evo.
Ragazzi! I fasti delle repubbliche marinare sono finiti da tempo e se non fosse che la Germania ha problemi gravi quanto i nostri, ma non se ne rende conto, le loro parole dovrebbero allarmarci più che offenderci.
Invece, pare che vada tutto molto bene: per questa settimana, l’ombrellone è pronto, la crema solare è nel beauty e non parlatemi di spread, bund o rating che sia!
Per fortuna, però, qualcuno resta vigile.
Ricordate i programmi di aggiustamento strutturali imposti da Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale ai paesi del Sud del mondo negli anni ’80 e ’90 affinché potessero accedere a nuove linee di credito ed essere accolti nel consesso delle nazioni virtuose? Ricordate quali effetti hanno sortito? No?
Smantellamento dei servizi pubblici essenziali (sanità, istruzione, trasporti), privatizzazione di aziende pubbliche strategiche e cessione del patrimonio demaniale a speculatori stranieri, perdita di cospicue fette di sovranità e aumento vertiginoso degli indici di instabilità sociale.
Scenario apocalittico o realistica previsione del destino che ci attende?
Possiamo evitare tutto ciò? Certo che sì!
È nostro dovere! Dovere di tutte le persone di buona volontà che si sentono responsabili verso il Paese e la comunità: agire prontamente ed in maniera efficace facendo sentire la propria voce.
Queste, per quanto mi riguarda, alcune delle misure che ritengo urgenti e agevolmente attuabili per rispondere all’emergenza:
– abolizione di tutte le province e ripartizione delle competenze tra regioni e comuni;
– riduzione del 50% del numero di deputati e senatori e riduzione del 50% dei loro emolumenti;
– introduzione del tetto massimo di 200.000 euro annui per gli stipendi dei dipendenti pubblici;
– introduzione del reddito sociale garantito (o reddito di cittadinanza) per situazioni di reale disagio, per periodi di tempo determinato, accompagnato da adeguate misure di riqualificazione professionale e inserimento lavorativo;
– congelamento per 24 mesi dei debiti delle micro, piccole e medie imprese verso l’erario;
– creazione di un fondo nazionale di sviluppo e crescita.
Parallelamente, a livello europeo, dovremmo:
– convocare da subito una costituente per la riforma federale di una reale Unione politica;
– rafforzare il ruolo del Parlamento europeo, rendendolo autentico decisore democratico;
– blindare i flussi finanziari dalla BCE alle banche nazionali condizionandoli all’erogazione di crediti agevolati a tasso calmierato destinati alle imprese;
– emettere buoni europei per finanziare interventi di crescita (i c.d. European Development Bonds).
Tutto questo è possibile: e se ci crediamo, insieme, possiamo farcela!