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Lezione #4: altre tecniche

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Lezione #4: altre tecniche


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    Altra tecnica è il ‘cut up’ cioè l’inserimento di ampi brani di carattere diverso, informativo o descrittivo, che pare nulla abbia a che fare con la narrazione. Molti, infine, preferiscono la forma epistolare o   diaristica.

     Soprattutto i giovani, spesso, sono affascinati dallo sperimentalismo. Da giovani, forse, si ha la voglia di cambiare, ma poi, per cambiare, è necessario integrarsi nel sistema e agire dall’interno, perché dall’esterno nessuno ci prende in considerazione, ma  quando si è all’interno, dopo tanta fatica, perché cambiarlo affatto?  Ed ecco un nuovo giovane scrittore che vuole innovare la lingua e noi penseremo: ma che diavolo scrive; ma come scrive?

    La scrittura sperimentale è in genere quella senza regole, dove tutto può essere scritto e detto, ma questo dimostra solo una mancanza di sensibilità nei riguardi del lettore; presuppone solo un lettore colto ed è, in fondo, una visione snobistica della letteratura. Lo sperimentalismo ha valore  quando a farlo sono i grandi romanzieri, e solo dopo che hanno effettivamente assorbito l’idea di un superamento della lingua. Ne approfitto anche per dire che non bisogna credere  che ci sia stata molta innovazione nella scrittura. Gli scrittori si adeguano alla visione del mondo dei lettori e lo sperimentalismo ha sempre breve durata. Siamo esseri ripetitivi e conservatori, tutto sommato.

   Un romanzo può essere di varia natura, o avere più piani di lettura, cioè, al di là della storia narrata superficialmente, lo si può leggere come mezzo per scoprire tematiche filosofiche o politiche o sociologiche. Allora diciamo che il romanzo è scritto in   chiave psicoanalitica,  simbolica, marxista, sociologica, storicistica, etc.

    Molto importante è anche saper penetrare all’interno dei vari registri linguistici, cioè utilizzare i linguaggi settoriali per creare le atmosfere giuste. Ecco due esempi di registro linguistico fantascientifico.

 

    “L’Impero Galattico era in piena decadenza. Era un impero colossale, che comprendeva i milioni di mondi esistenti da un capo all’altro della immensa doppia spirale chiamata Via Lattea. La decadenza e la caduta di un Impero tanto enorme era altrettanto colossale, ma anche lenta, data la sua vastità”. (Isaac Asimov: ‘Il crollo della galassia centrale’, Mondadori, Milano, ’76 – pag. 3).

 

    “Reduce da vent’anni trascorsi nello spazio, la Prima Unità Operativa Interstellare faceva ritorno sulla Terra. L’Operazione Tyler era stata portata a termine. Eravamo stati sulla Stella di Barstow, a quasi un anno luce di distanza dal Sole. Adesso i sei giganteschi incrociatori erano appesantiti da un carico prezioso e mortale. Sui gelidi pianeti della Stella Nera avevamo lavorato per otto anni: avevamo estratto il minerale d’uranio, costruito impianti atomici, riempito di plutonio i contenitori di cadmio”. (Jack Williamson: ‘L’ugualizzatore’, Urania, Mondadori, Milano, ’79 – pag. 4).

 

    Ed eccone uno legato al giallo, in cui predominano i termini che hanno a che fare con l’azione.

    “Max rotolò su di sé un paio di volte e si fermò contro il muro; cercò subito di tirar fuori la pistola, ma Duffy afferrò una sedia e gliela scaraventò addosso. Colpì soltanto in parte Max che allungò un calcio. Duffy, preso alla spovvista, barcollò per un attimo. Max ne approfittò per estrarre la pistola, ma Duffy fu pronto con un balzo in avanti a colpirlo con un calcio sotto il mento. Un colpo partì, e il proiettile si conficcò nel soffitto facendo cadere un nuvolo di calcinacci. La pistola cadde di mano a Max che finì con la faccia sul pavimento”. (James Hadley Chase: ‘La strage dei potenti’, Il Giallo Mondadori, Milano, ’66 – pag. 67).

 

    La guerra è stato il tema che principalmente ha captato l’attenzione degli scrittori nel secondo dopoguerra, soprattutto di quelli che l’hanno vissuta in prima persona.

 

    “Il Vecchio arriva, saltellando sulle sue corte gambe arcuate e mi batte sulla spalla.

    – Tu cerca di prendere il primo T34, Gregor il secondo. Porta si occuperà del KW2 e l’ultimo spetta a Fratellino. – Un colpo si bomba anticarro sibila. Il razzo magnetico fila diretto verso il primo veicolo, atterra sul lato della torretta, rimbalza e sale come una palla di fuoco verso il cielo.

    -Chi è quell’imbecille che ha sparato? – sbotta il Vecchio, furioso.

    E’ stato un sottufficiale di fanteria, che si nasconde  in una buca. Ci viene così a mancare il vantaggio dato dalla sorpresa, per colpa di questo idiota. I carri si mettono in formazione, come se si fossero risvegliati e riprendessero per un istante fiato, i cannoni rimbombano, i cingoli stridono. Avanzano, un’intera sezione d’infermieri viene annientata, i feriti rotolano nel fango mentre le ambulanze prendono fuoco. Un giovane infermiere rimane nel mezzo del campo e guarda inebetito, con l’aria di non capirne la ragione, la sua gamba troncata e la divisa grigia che diventa sempre più rossa di sangue. Fratellino si precipita, gli strappa di dosso la sacca del pronto soccorso e torna di corsa vicino a Porta per rovistarla in furia.

    – Nemmeno una goccia di morfina! E’ tutto un bidone questa buerra di merda. Iodio e garze, a che servono? –

    Un maggiore di fanteria, decapitato, corre ancora per qualche metro; un sottufficiale tiene nella mano destra  l’altra mano troncata, ma una salva di artiglieria lo dilania in due tronconi. Una batteria inizia un tiro di sbarrameno così massiccio che sembra che il suolo tutto si sollevi, diretto verso il cielo. Le mie mani stringono una mina anticarro… Si avvicina un T34.

    I cingoli stridono, i motori diesel impestano l’aria. Il muso del colosso che mi è davanti è dipinto con l’immagine di un pescecane, i denti disegnati col fosforo. Il KW2 di ottanta tonnellate si impenna mentre spara il suo cannone calibro 15. Due razzi, che un ignoto imbecille ha lanciato, rimbalzano contro il suo ventre d’acciaio. Non bisogna sparare se la distanza è superiore a venticinque metri, se si vuole che il razzo riesca a penetrare nella corazzatura blindata”. (Sven Hassel: ‘Commando Himmler’, Longanesi, Milano, ’75  – pag. 224).

 

    E, chissà, vista la voglia sempre insoddisfatta dell’uomo nel provocare la guerra, può darsi che ci sarà un nuovo corso storico che la riporterà di moda. La Bosnia, d’altra parte,  è vicina. Allora, un altro piccolo promemoria.

    “Amico mio, sai che cosa vuol dire avere male ai denti. Pieno di apprensioni sei andato dal dentista. E’ stato gentile; ti ha anestetizzato; ti ha dato due pastiglie da prendere a casa, se ti fa male. Ma tu non hai avuto né pastiglie né anestesia quando una granata ti ha fatto saltare tutti i denti e una buona parte della mascella. Meravigliato, tu guardi i tuoi denti insanguinati, là, nel fango, ai tuoi piedi. Quando ti avranno ricucito, neppure tua madre ti riconoscerà, e la tua amica, se non ha davvero la bocca buona, non vorrà più saperne di te. Non sono numerose le ragazze con un’anima da suora di carità, e tu fai paura a tutti…

    Si può anche essere colpiti in pieno nella colonna vertebrale. In questo caso si resta paralizzati o si cade in delirio. Se ti succede, non sarai mai più come prima. Durante le innumerevoli notti tu gemerai per il dolore e per te la guerra sarà eterna. Non ritornerai più a casa; se lascerai l’ospedale, morirai. Tu dici, in questo momento: piuttosto morire che vivere così. Ma vedrai, un giorno forse potresti preferire di ‘vivere così’ piuttosto che morire’…

    Hai mai provato a versare una goccia di acido sulla mano? Fa male; pizzica e brucia. Ma si può mettere un po’ di pomata, per alleviare il dolore. Immagina, camerata, che cosa può essere gemere da solo in una buca scavata da una granata, il basso ventre aperto dalla scheggia di un proiettile al fosforo, che lentamente rode le tue viscere. Ci vogliono tre, quattro ore prima di morire e ti assicuro che neppure per un istante avrai voglia di canticchiare”. (Sven Hassel: ‘Gli sporchi dannati di Cassino’, Longanesi, Milano, ’71 – pag. 186).

Giuseppe Cerone

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