KULT Underground

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La Bocca del Lupo

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Il mare. Le onde. Il porto. La brezza. Le nuvole e le navi in lontananza. La storia di una città e quella di un uomo che si intrecciano come i viottoli stretti in cui ancora siedono le puttane ad aspettare i loro clienti. La storia di una città, Genova, raccontata attraverso le riprese amatoriali di quelle persone che l’hanno amata e filmata. Immagini color seppia che riportano alla luce i fantasmi della memoria. Le cose perdute e quelle distrutte dal tempo. La storia di uomo, Enzo, e dell’amore della sua vita, Mary. Gli anni di prigione, le parole registrate su cassette, la piccola casa in cui tornare, il sogno di una vita insieme, in campagna, come nelle ultime strazianti inquadrature, prima che sia di nuovo l’acqua del mare a ricoprire tutto, a segnare il passare del tempo con il suo lento movimento.
Il regista costruisce attraverso immagini, colori e suoni (ottimo il lavoro sul tessuto sonoro che accompagna il film) un nuovo modo di sentire e percepire le cose, filtrandole attraverso il cinema, prima di tutto, e poi rendendole sullo schermo in maniera poetica e umana. Come se attraverso le immagini si potessore sentire gli odori del porto, delle strade e degli uomini che vi camminano. Come se attraverso le immagini il dolore e la sofferenza e quindi la vita vera riuscissero ad avere spessore e peso, aggrappandosi agli occhi dello spettatore, trascinandolo con loro nello schermo, in quella città di mare, dove i sogni ancora si infrangono, come flutti, sugli scogli della realtà.



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