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Intervista con i Saesciant

7 min read

 
COMUNICATO STAMPA A CURA DI SYNPRESS44
Saesciant – Andiamo a Zanzibar
(Saesciant Records) 
10 brani – 41.21 minuti
All’insegna della ‘musica ricreativa’ l’album d’esordio della frizzante band romana. Un viaggio surreale e ironico, con intelligenza e passione, tra rock e ‘canzoni di fuga’.
Andiamo a Zanzibar: arrivano i Saesciant!
I Saesciant amano definirsi “un quartetto di musica ricreativa” e con il disco di debutto Andiamo a Zanzibar propongono una miscela di sana musica e profonda ironia. Il gruppo romano è composto da affiatati amici ed eclettici musicisti: Marco Pofi (voce e chitarra), Umberto Cutillo (basso e voce), Carlo Zambon (chitarra, tastiere e kazoo) e Gabriele Morcavallo (batteria). Nascono nel 2002 e hanno alle spalle numerosi singoli come Nicotina & Desideri, Meridionale e Shaolin, apprezzati in particolare nel mondo radiofonico; dopo il demo Sotto certi aspetti sono vincitori e finalisti di vari festival di musica indipendente, e grazie all’esperienza fatta sui palchi di tutta Italia, approdano con entusiasmo al primo disco.
Andiamo a Zanzibar è un album che tocca tutti i colori dell’anima e della contemporaneità, con 10 travolgenti canzoni influenzate da Eduardo Bennato, Fabrizio De André e Rino Gaetano, dal miglior classic rock (dai Led Zeppelin ai Police), senza disdegnare svisate reggae e funk. Un panorama di riferimenti vissuto senza emulazione, dove i Saesciant con originalità sviluppano uno stile unico e fresco, scanzonato e coinvolgente. “Se un progetto è il punto di vista, beh, l’arte secondo noi sta nel punto di fuga”, affermano i ragazzi. L’elogio della fuga è affrontato con uno sguardo surreale e intelligente, in queste “canzoni di fuga” ci accompagnano il Tenente Sciant, i pirati all’orizzonte, una misteriosa Valentina, Giovanna e uno spettro di personaggi pittoreschi e animati  dalla passione dei Saesciant.
Si legge su RockAction: “I Saesciant si esprimono in scioltezza in un lavoro dove la componente del divertimento gioca un ruolo decisivo, ma senza prendere il sopravvento sull’intensità e sulla serietà della loro proposta musicale”. Musica che parla di cose serie senza prendersi sul serio, da parte di un gruppo divertente e divertito, abile nel confezionare canzoni rock fantasiose e inebrianti. Una rivelazione della nuova musica italiana.
I Saesciant:
Marco Pofi: voce e chitarra
Umberto Cutillo: basso e voce
Carlo Zambon: chitarra, tastiere e kazoo
Gabriele Morcavallo: batteria
Info:
http://www.saesciant.it (album ascoltabile in streaming)
 
INTERVISTA
 
Davide
Ciao Saesciant…  Saesciant! Bel nome… Non è un sostantivo irregolare della grammatica latina, e neanche una fumeria araba. Suona come “C’est chiant », che in francese vuol dire « che seccatura!»… O è un modo di intimare il silenzio, come nel vostro logo? Insomma, cosa vuol dire?
Saesciant
M – Ascoltare per capire…
U – Vuol dire…..quello che vuoi dire quando lo vuoi dire, quello che vorresti dire quando non ti escono le parole dalla bocca…un intercalare, il mare.
Davide
C’è chi si ricrea con le opere di Wagner, di Stockhausen o con lo harsch noise e chi si annoia con il liscio, con lo ska o con la disco-music. La ricreatività o la ricreazione della musica è un fatto molto soggettivo. Vi sta bene il conio del termine musica ricreativa o non finisce per essere limitante?
Saesciant
M – Ci piace quel senso di poco serio che la parola dà al suo impatto. Oggettivamente è raro che si pensi al giovane Werther in prima battuta…. magari al terzo scambio liftato… la nostra musica la vedo un po’ così.
U – Che sia ska, liscio o disco non mi annoia. Personalmente credo che il termine “ricreativo” sia il più indicato per definirci.  È il momento in cui fuggi dall’aula della scuola, il momento in cui stacchi la spina. Il momento di ricrearsi, appunto.
Davide
2002-2010… Siete al vostro primo disco. Tempo d’arrivo per fissare quanto fatto dagli esordi otto anni fa ad oggi. Una frase di David Bowie in “Changes” cantava: Every time I thought I’d got it made / It seemed the taste was not so sweet… “Ogni volta che pensavo di avercela fatta / Sembrava che il sapore non fosse così dolce…” Qualcosa di simile avete detto voi nella canzone di apertura: “Non è detto che arrivare sia un bel modo di partire”. Oppure? Al di là del fatto che siamo io o persone come me a dirvi che avete fatto un buon disco, siete soddisfatti del vostro arrivo, qui, ora? 
Saesciant
M – Sicuramente no… non siamo soddisfatti affatto, però dovevamo pure arrivare a qualche scalo ;)) …dicono che il nostro viaggio non sia diretto… ggiungo sarà particolarmente lungo e colorato.
Quella frase sta a dire che la psicologia dell’arrivo non sempre indica la giusta partenza… spesso è simpatico soffermarsi a osservare un punto di partenza.   
U – Se intendi il disco come arrivo si, è buono, è fresco, te lo ascolti dall’inizio alla fine senza skippare. Le recensioni positive e i riscontri del pubblico confermano la bontà del prodotto. E poi piace molto alle piccole ragazze cinesi…..comunque non si arriva mai fondamentalmente…
Davide
Se è vero che conosciamo un’età più vividamente attraverso la sua musica, piuttosto che attraverso i suoi storici… Beh, a chi pensereste per primi a caratterizzare vividamente la storia dei nostri primi dieci anni del Duemila?
Saesciant
M – Gli U2 che uccidono l’icona della ribellione del rock e diventano politici filo-convenzionali. Le pornodee del pop che almeno fanno le ribelli. La grande diaspora della musica. Sono convinto che Lei tornerà ad essere focale per la società.
U – Non mi piace la piega maistream che ha preso la musica, troppo depressa. Radiohead, indie inglese e americano….però posso dirti che mi sono aficionado alla musica elettronica…credo sia l’unica evoluzione genuina in senso artistico. Il resto lo reputo noioso.
Davide
La lezione di Rino Gaetano secondo voi? E quella di Bennato?
Saesciant
M – Gaetano ci ha fatto fare auting come popolo..ma a quanto pare ci siamo rilassati ancor di più. La sua attualità a volte mi rende triste… perché poco è cambiato nella ns. italianità…
sono convinto che lui se la rida invece
ora più che prima da lassù
ché da 20 anni continua a cantarci nunteregghe più
Bennato è tutt’altra cosa… non lo conosco benissimo… ma lui cerca di parlare al bambino..cerca di tenerlo vivo credo.
U – Una lezione per cui eravamo nati, veramente. Pensavamo e vivevamo i suoi insegnamenti prima di scoprirlo.
Bennato mi ricorda le elementari, il mio maestro di musica ce lo suonava a lezione.
Davide
Lascia stare i… silvestri, cantate in “La cameretta”… Nel senso dei Daniele…?
Saesciant
M – Si meglio Marilyn Manson..poi lì c’era un richiamo al lassismo prendendo spunto dalle fonti rinnovabili..una critica nella critica. Vedi io sono cresciuto nella mia cameretta con tizi come Jagger, Rose, Tyler, Cavalera…consiglierei più quella come una buona partenza piuttosto che un impegno poco maturo nel “sociale”. Gridate miei Prodi!!!…ha ragione Neffa.
U – Credo Marco si riferisse a Giangiacomo Silvestri, noto pornoattore.
Davide
Tenendo conto di quel che disse il poeta Czeslaw Milosz al riguardo, realizzare e “proiettare”, “gettare o mandare avanti” un progetto, come indica la derivazione della parola (proiectum), significa sviluppare un’idea in modo tale che essa acquisti una propria autonomia e sia realizzata non soltanto dagli sforzi di chi l’ha originata, ma anche da quelli indipendenti dal proprio Io, come descrivereste il vostro progetto musicale?
Saesciant
M – Noi nella nostra ricreatività la vediamo chiaramente al contrario…tutto parte dall’ascolto dal sentire fuori di noi… noi ci si limita a trascrivere a dare qualche timonata qua e là cercando il vento..a smadonnare quando non c’è (in questo siamo molto bravi) etc etc. Ci limitiamo a dire “presente” quando siamo chiamati. E finché chiamano e quindi finché lo “sentiamo” continueremo a rispondere.
U – Un bel progetto.
Davide
Il maestro Giorgio Fabbri, concertista, direttore d’orchestra e di conservatorio, all’inizio delle sue lezioni-concerto, chiede abitualmente al pubblico a cosa serve la musica. Dunque, con qualche variante, la giro a voi. A cosa serve la musica oggi, specialmente in Italia? A cosa vorreste servisse la vostra? E a voi, a cosa serve?
Saesciant
M – Siamo semplicemente convinti che “serve”, soprattutto la nostra… anche per questo abbiamo avuto qualche problema con i centri sociali (uahahah)
U – Secondo me senza troppi giri di parole….a rimorchiare.
Davide
Veniamo ai testi… Qualcuno ha scritto che sono surreali. Nel 1924 il Manifesto surrealista definì il surrealismo come automatismo psichico puro attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale. Corrisponde alle vostre intenzioni?
Saesciant
M – Non so… le frasi che scrivo che amo veramente sono quelle che non capisco ma mi suonano bene… allora mi fido, dopo un po’ le capisco e sorrido.
U- Paradossalmente li trovo molto realisti.
Davide
Prossime cose?
Saesciant
M – Siamo in attesa di nuove chiamate… credo che siano vicine… llora finalmente ci risarà da stupirsi.
U- Fare cose, vedere gente…
Davide
Grazie e… à suivre.

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