Scommessa o investimento per il futuro?
«Forse non è lontano il giorno in cui tutti i popoli, dimenticando gli antichi rancori,
si riuniranno sotto la bandiera della fraternità universale e, cessando ogni disputa,
coltiveranno tra loro relazioni assolutamente pacifiche, stringendo solidi legami.
Noi aspettiamo quel giorno»
(Ernesto Teodoro Moneta, Premio Nobel per la Pace 1907)
Penso che la notizia del conferimento del Premio Nobel per la Pace[1] 2009 al presidente statunitense Barak Obama abbia lasciato molti quantomeno un po’ perplessi per diversi motivi.
Primo fra tutti, il fatto che in soli nove mesi dal suo insediamento, al di là di numerose dichiarazioni d’intenti che segnano una forte discontinuità con i suoi predecessori circa il desiderio di pace e la necessità di operare per un mondo senza conflitti, l’inquilino della Casa Bianca non si possa dire sia già riuscito a realizzare grandi cose, anzi pare che i contingenti militari presenti in Afghanistan dovranno presto essere rinforzati.
Secondariamente, pur in ossequio alla ragione di stato e alla normalizzazione dei rapporti sino-americani, a chi da sempre si impegna per la pace non è piaciuto per niente il rifiuto di incontrare il Dalai Lama opposto da Obama durante la visita a Washington del leader tibetano nei primi giorni di ottobre.
In terzo luogo, non si capisce cosa abbia ispirato i membri del comitato del Nobel nell’insignire il presidente USA del prestigioso premio che, nel passato, è stato riconosciuto a personaggi quali Nelson Mandela o Rigoberta Menchú, madre Teresa di Calcutta e Martin Luther King, e ad organizzazioni impegnate del livello del Comitato Internazionale della Croce Rossa, UNICEF e Amnesty International[2].
Anche noi ci siamo interrogati a questo proposito e, dopo una notte insonne, desideriamo proporre ai nostri lettori la riflessione sintetizzata nel titolo: “scommessa o investimento per il futuro”.
Difatti, ammettendo l’infondatezza attuale del riconoscimento per “mancanza di meriti” non possiamo non intravedere un atteggiamento ottimista e quasi profetico nel conferire il Nobel per la Pace all’attuale successore di quegli “uomini più potenti del pianeta” che tanti conflitti hanno guidato, organizzato, comandato, vinto o perduto, in ogni angolo della Terra, in proprio o conto terzi, dal 1789[3] ad oggi.
Riteniamo che chiunque riceva un simile riconoscimento non potrà mai, e speriamo di non venire smentiti dalla Storia, continuare a mantenere le proprie truppe in svariati scenari di guerra o aprirne di nuovi, pur sotto la copertura di sedicenti “operazioni di repressione del terrorismo internazionale” e fregiarsi del titolo di “comandante supremo”.
Ugualmente, non gli sarà consentito avviare nuovi e costosissimi programmi di “scudi stellari”, battaglie cosmiche o scaramucce intergalattiche, o anche solo promuovere lo scambio “armi vs. petrolio” tipico di certe amministrazioni.
Dunque, un investimento sul futuro della gestione Obama e, al contempo, sul futuro dell’umanità e una scommessa dalla quale, se le cose andranno come speriamo, usciremo tutti felici e vincenti.
Ricordando che l’indiscusso simbolo della non-violenza, il Mahatma Gandhi, ottenne ben cinque nomination per il Nobel per la Pace senza mai riceverlo, e che il segretario di stato americano Henry Kissinger, invece, lo ricevette nel 1973, nonostante le sue “attività” in America latina e Sud-Est asiatico, solo lo scorrere dei prossimi anni potrà svelare l’esito di questa decisione.
Per il momento, good luck Mr. President!