Dopo le Olimpiadi di Porto Alegre, del 2062, in cui avevano dominato gli atleti del Ghana Burkina, il record maschile sui cento metri era sceso a 7.9.42. I Comitati Sportivi Continentali Europei decisero di dare avvio a una serie di interventi tesi a modificare la struttura ossea e muscolare degli atleti di razza bianca per reagire allo strapotere degli atleti di colore.
Il prestigio della razza bianca era calato in progressione costante negli ultimi decenni e nei laboratori computerizzati del vecchio continente venivano esaminati i nuovi requisiti necessari per contrastare la fatidica barriera dei 7.9.42.
Negli anni immediatamente successivi al 2042, schiere di atleti sottoposero la loro impostazione sportiva a radicali trasformazioni. Fu calcolato inoltre, per esempio, che i laccioli delle scarpe o le fasce adesive frenavano il corpo di un diecimillesimo di secondo e pertanto furono eliminati con un accorgimento tecnico. Da ciò scaturì ben presto l’eliminazione delle scarpe stesse e agli atleti vennero impiantati dei tacchetti direttamente nei talloni e nelle piante dei piedi (un’idea geniale, paragonabile alla scoperta degli zoccoli per i cavalli).
Studi di aerodinamica, poi, stabilirono che anche i capelli frenavano la corsa per un centimillesimo di secondo e gli atleti furono sottoposti a cure per indurre la calvizie sul cranio. Dall’eliminazione dei capelli derivò tutta una serie di riduzioni delle componenti superflue, come, per esempio, le unghie. Dopo attente rielaborazioni dei dati, infine, l’occhio dei computer si fermò su un’altra parte del corpo che poteva essere modificata: l’apparato genitale. Fu calcolata la quantità di attrito dovuta al pube e l’incidenza impedente dei testicoli sulle fasce dei muscoli adduttori delle cosce.
La macchina si era avviata. Una percentuale di atleti, che aveva dedicato se stessa allo sport e all’abbassamento del record, non esitò a sottoporsi a interventi dolorosi pur di eliminare i pesi superflui. Qualcosa però non andò nel verso giusto. Gli interventi sui testicoli infatti portarono a una riduzione della produzione ormonale, non adeguatamente prevista dalle analisi computerizzate. Gli atleti cominciarono a dare chiari segnali della loro effeminatezza, pur conservando l’aggressività e la forza maschile.
Nel frattempo, la Federazione Mondiale di Controllo, avuto sentore di quanto stava accadendo, cominciò a porsi il problema del se fosse lecito far partecipare elementi dal sesso incerto in competizioni prettamente maschili. Ma, poiché molti paesi avevano effettuato lo stesso tipo di ricerca ed erano pervenuti agli stessi risultati (per non parlare dei russi, che evirarono d’ufficio gli atleti), e poiché gli sponsor avevano investito cifre colossali negli studi di riconversione atletica, non si poteva certo eliminare un’intera generazione di corridori dai Giochi.
Così, prima delle Olimpiadi di Kamina, del 2070, si prese la storica decisione di creare, a fianco delle categorie maschile e femminile, una nuova categoria, detta Mediman (cioè un gradino al di sotto degli uomini, un gradino al di sopra delle donne). L’attenzione generale era perciò puntata sulla nuova categoria. Finalmente, con grande eccitazione degli sportivi europei di razza bianca, un nuovo record fu omologato ai Campionati Indoor di Cape Horn nel settembre del 2069. Lo svedese Thor Sverdlask corse i cento metri in 7.9.40. La strada era aperta alla conquista dell’oro, l’anno seguente.
Tempi di record
Giuseppe Cerone