Altro mese fortunato per gli amanti di questa rubrica di KULT
Underground. Il materiale che stiamo ricevendo mese dopo mese diventa sempre più abbondante ed interessante, e questa volta, a farla nettamente da padroni, sono i racconti, e non le poesie.
E il bello è che, a riprova della eterogeneità di chi legge e segue la nostra rivista (punto di riferimento, mi auguro, di personalità completamente differenti tra di loro), le storie che ci vengono proposte in questo giugno 1995 sono tali da coprire un ampio ventaglio di argomenti e di stili. Si passa infatti dal racconto con il finale a sorpresa, a quello comico, per poi soffermarsi un attivo sulla fiaba prima di riprendere il cammino e leggere il proseguimento del nostro
Uomo Verde.
Il compito di raggruppare per “genere” o per “modo di presentarsi” le opere dei lettori che hanno contribuito a rendere possibile quello che state leggendo è stato, di conseguenza, particolarmente difficile, e dispero di essere riuscito nel mio intento al cento per cento.
Ma bando agli indugi, e iniziamo a descrivere cosa avrete la possibilità di gustare (o di sentire) grazie al vostro fido computer e alla vostra rivista underground preferita.
Il primo racconto proposto è “Sotto la pioggia” di Fabrizio Guicciardi
(autore anche dell’immagine presente come sfondo). Come già detto anche il mese scorso, quando si parla di un opera di Fabrizio, descriverla con il termine “racconto” vuol dire non cogliere al pieno la dinamica della narrazione.
Forse meno poetico di “Il tempo”, pubblicato nel numero di Maggio, anche questo scritto manifesta chiaramente l’intento di oltrepassare il confine sottile della prosa per entrare in una sorta di flusso onirico, quasi vagheggiate, nel quale è possibile udire il ritmo del discorso in maniera netta, a prescindere dal contesto stesso della narrazione.
I temi trattati sono ormai famigliari per chi avesse letto le altre opere dello stesso autore, ma un tocco di originalità fa sì che quando ormai si da per scontato lo stile, qualcosa cambi, spiazzando il lettore, e lasciandolo di fronte a un qualcosa che oltrepassa l’apparenza, e facendogli infine intuire le metafore utilizzate.
“Tre storie non d’amore”, del sottoscritto, è un opera composta da nove poesie e tre brevi brani, collegati tra di loro da un unico filo conduttore. Quest’ultimo è però “mascherato” dal procedere su tre ragazze (Elena, Manuela e Daniela) che hanno qui quasi solo la funzione di catalizzatori, per iniziare un discorso esistenziale più profondo.
Conscio dell’impossibilità di essere obiettivi per quello che riguarda la propria produzione, mi limiterò ad avvertirvi del fatto che essendoci dei collegamenti ipertestuali grafici, questo articolo non è leggibile con SPEAKEN.
“Questo è trendy” di Michele Benatti è un racconto dal ritmo frenetico e dal sapore un po’ acre, in cui viene proposto il mito degli anni 90 in chiave particolare. Il linguaggio utilizzato e lo stile che ha scelto per rendere certi pezzi quasi dei flash, ha riscontro in parte della letteratura contemporanea e ha sicuramente un fascino tutto suo.
Inoltre, non ultimo, il metodo usato per raccontare la vicenda riesce a proporre una dilatazione aritmica del tempo di narrazione veramente spettacolare, che non mancherà, credo, di risultare interessante a chi da un racconto cerca di cogliere anche le sfumature.
Riprendendo poi tematiche simili, quelle cioè del “machismo”, della donna-oggetto sessuale, della vita allo spasimo per il gusto del raccontare e del bruciare velocemente, Raffaele Gambigliani Zoccoli ci propone un altro scritto destinato a rimanere nei ricordi di molti:
Sivilia e dintorni.
Parallelo a “Van Basten”, apparso sull’ormai lontano numero di
Febbraio, si impone subito con un lessico giovanile e senza pudore, del quale dobbiamo avvisare i lettori. Passato questo necessario punto, si sviluppa però un racconto dalle tinte forti, ma vitale e fortemente “mediterraneo”, che vale sicuramente la pena leggere e capire fino in fondo.
La cadenza degli eventi (una vacanza in Spagna fatta in compagnia dei soliti amici di sempre) è molto gradevole, e rende bene l’idea del movimento descritto, e di quella sorta di “follia”, interpretabile anche come desiderio di vivere al massimo, che sembra descrivere bene una parte della gioventù contemporanea.
Cambiando completamente tono, si passa poi a “Barbarella”, che tradendo certe assonanze del titolo, tali da far pensare ad un racconto erotico, si rivela essere una fiaba. Anzi una stupenda favola, raccontata magistralmente da Luca Lanzoni, che riesce a riprendere il modo pacato di narrare una storia, sicuramente al di là di quella soglia che divide l’immaginazione pura dal verosimile, proprio di un passato lontano. La tecnica utilizzata, quella del dialogo tra chi racconta ed un ipotetico pubblico, e il finale in parte ad effetto, aumentano l’atmosfera, alimentando, riga dopo riga, l’ottima resa di luoghi e personaggi.
Altro nuovo amico di SUSSURRI è Andrea Toni, che ci propone il racconto “Il nonno”. Anch’esso in qualche modo una piccola perla, con una storia da “i confini della realtà” descritta con una cadenza tutt’altro che metafisica, se non nel brillante finale. Il tono è pacato e preciso fin dalle prime battute e può sicuramente incontrare il gusto di molti che potranno preferirlo al più audace Sivilia e dintorni o al più delicato Barbarella.
Niente e K., sempre di Luca Lanzoni, ripropone già nel titolo elementi kafkiani, per continuare con un crescendo di sensazioni, (più che di situazioni) assolutamente da non perdere. Il parossismo degli eventi raccontati, lo stridio continuo dei non-fatti, dell’assenza e nello stesso tempo dell’oppressiva presenza di logica, lo rendono assai dissimile dall’altra opera di Luca, ma ugualmente incisivo e, a mio modesto parere, molto gradevole e intrigante.
IGNATZ, presenza fissa, insieme a Raffaele, delle nostre pagine ci presenta questo mese un racconto pieno di ironia, e, sotto certi aspetti particolarmente comico: Solo seduto su una panchina…
Cercando sempre di collegare quella di questo numero con un’altra opera dello stesso autore che abbia qualcosa in comune a livello di contenuti, o di forma, è possibile citare forse “Videotossico”.
Sebbene i due lavori siano infatti diversi come “ambiente” e come finalità, è possibile riconoscere in entrambi un qualcosa di comune.
Forse il non sense di certi passaggi, o forse il sarcasmo di certe situazioni. A voi il compito di formulare un giudizio.
Continua, ormai come una sorta di telenovelas su KULT Underground, la storia dell’uomo verde, ancora lungi dal suo termine naturale. Teo 93, di cui ormai avete letto molte pagine, non ha più bisogno di presentazione, e la poliedricità del suo racconto è diventata ormai una specie di luogo comune tra i lettori della nostra rivista, di conseguenza non mi soffermerò a lungo su questo argomento. Ma ovviamente non posso però fare a meno di sollecitare chi si fosse perso gli ultimi due numeri, affinchè corra a procurarseli, per gustarsi così il racconto dal principio.
Riappare infine Rapidi Pensieri, dopo un mese di pausa e di riflessione, e riappare “alla grande” inglobando piccoli scritti di vari autori, tra i quali è doveroso ricordare almeno Asia 68 e Doc per alcune loro brevi poesie. In più, arrivato proprio all’ultimo minuto, non si può dimenticare di citare Carlo Zarcone che ci ha consegnato svariate composizioni di sicuro interesse, dalle quali traspaiono molte cose, e che ci auguriamo segnino l’inizio di una collaborazione futura.
Che dire?
Se siete arrivati fino a qui, sicuramente starete fremendo in attesa di premere F5 ed iniziare a leggere il primo dei lavori proposti, perciò non vi terrò ancora a lungo.
Quello che non posso fare a meno di sottolineare è come molta gente abbia deciso di collaborare a KULT attraverso questa rubrica, e come voi adesso stiate per leggere ottimo materiale grazie a loro. Quindi ricordate le solite due cose: un ottimo modo per ricompensare la loro disponibilità è manifestare apertamente il vostro apprezzamento anche solo con una cartolina, oppure, ancora meglio, proponendo qualcosa di vostro che gli autori possano leggere e gustare.
Ricordatevi anche le solite condizioni per chi scrive su KULT: i racconti pubblicati diventano automaticamente accessibili a tutti per qualsiasi attività, anche commerciale. L’unica cosa che rimane è il vostro diritto di paternità sugli scritti che vi garantisce di avere il vostro nome citato dove il vostro operato sia presente (un esempio
è stato dato dalle foto di Andrea Corradini pubblicate sui primi numero di KULT, e riproposte dal Carlino, citandone l’autore e la fonte).
Pensateci, ma non troppo. Aspettiamo con ansia le vostre poesie e i vostri racconti.
Buona lettura.
Errata Corrige: le poesie “Piccola notte” e “Verde infinito”, attribuite il mese scorso a TEO93 sono in realtà di Luca Lodi. Ci scusiamo con l’autore per l’errore commesso, e approfittiamo dell’occasione per ricordare a chi invia molto materiale di “firmare” ogni singolo file.