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Buia è la notte vol. III

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Complice e tiranna. La notte così appare nell’immaginario collettivo. È nero manto a coprire fughe e tradimenti, spandendo silenzio, amplificando mormorii e pensieri. Spazio da reinventare quotidianamente, costruendosi solitudini necessarie, dal sapore di complotto. Oppure prigione dalle invisibili sbarre, che dilata le ore, diluendole nell’assenza. Ogni percezione acuita a diventare stiletto per anime sofferenti che in questi vuoti galleggiano, impossibilitate a riempirlo di null’altro che ricordi.

Rievocazione rituale che ogni giorno inscena la fine, quasi per scherzo coprendo i dormienti con una maschera di morte. La notte.

Scatola oscura brulicante di mostri, a tormentare ed uccidere il sonno, costringendo alla veglia coloro che non possono far altro che perdersi in una spirale di voci e d’ansie. La notte.

Questa, ovviamente, la protagonista di “Buia è la notte vol. III”, raccolta a cura di NonSoloParole Edizioni, che seleziona undici racconti tra quelli che hanno preso parte all’omonimo concorso, giunto appunto alla terza edizione.

Tra brani che ci parlano di trasgressioni mai pensate, e capitate complice il momento, traversando le anguste stanze degli insonni che cercano nelle carte l’unica prospettiva futura pensabile, incatenati al passato; o di coloro che la cecità costringe ad un buio perenne. Così ci addentriamo nelle diverse interpretazioni della notte, a sfumare l’oscurità, dall’argenteo lunare fino al nero della disperazione.

Vi sono, tra i racconti che maggiormente ho apprezzato “L’incontro” e “Poseidon”.

Il primo, scritto da Maria Gagliardi, narra la notte quale parentesi intimistica. La vita di una donna realizzata e soddisfatta viene scossa dall’incontro con un antico amore, che getta scompiglio sotto la perlacea perfezione della superficie. È col calare dell’oscurità – complice in questo caso – che la protagonista trova lo spazio ed il tempo ideali a rivivere il ricordo e meditare sull’onda emotiva suscitata dall’evento. Il corpo può così sentire nuovamente vibrazioni mai davvero dimenticate, rivivendole nell’evanescenza della luna; la mente smarrirsi in un sovrapporsi d’identità vecchie e nuove, vagando senza meta tra presente e passato, alla ricerca dell’essenza di sé riflessa nei risultati e negli incontri  occorsi.

Un momento tipicamente muliebre e descritto con profondità e delicatezza. La messa in discussione, la riscoperta delle pulsioni profonde e mal sopite del proprio corpo, pur nel timore che esse provocano. Vanità insoddisfazione bramosia. Il lato oscuro trova la propria emersione chiamato dal magnetismo lunare. Per poi essere saggiamente riposto, arma potenzialmente letale affidata al cuore della notte.

Passando invece a “Poseidon”, scaturito dalla penna di Michele Renzullo, troveremo l’afflato mortifero, la solitudine, la necessità di riempirla nel tempo insostenibile del buio. Il protagonista della storia pagherà a caro prezzo lo scotto di un fugace incontro erotico. Una notte d’inverno senza luna a confondere gli occhi e la mente. Una notte liquida da buttar giù tutta d’un fiato anestetizzando malinconia e rimorsi, solidificherà infine in un’alba di nebbia. Quasi a ribadire la confusione, lo smarrimento, l’oblio che concluderanno tristemente le pagine perverse di questo racconto ben architettato. Scritto con la mente libera di vagare fra gli anfratti della tenebra.

Buia è la notte di queste undici piccole storie. E ambigua. Polimorfa all’occhio che la osserva, placidamente catturato. Ci culla e ci tortura. Complice e tiranna. E da sempre ispiratrice – di sogni o nefandezze – per quanti increduli la vivono.

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