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La città e l’isola – G. Goretti e T. Giartosio

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Arrusi al confine, una vergogna catanese

 

In occasione della Giornata Mondiale della Memoria vorrei ricordare un fatto che riguarda la nostra città di quegli anni terribili ed in particolare una minoranza di catanesi che hanno subito enormi sofferenze a causa delle proprie inclinazioni sessuali.

Trattano questo importante tema Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosio ne’ La città e l’isola (Ed. Donzelli). Gli autori rievocano con il supporto di dati e documenti una vasta operazione di polizia ai danni di uomini omosessuali all’alba del 1939. Tra i questori italiani più solerti nel mandare gli omosessuali al confino vi fu quello di Catania, Alfonso Molina, che da solo ne mandò più di tutti gli altri. A seguito di meticolose indagini, decine di catanesi, in gran parte giovani o giovanissimi, vengono prima incarcerati, poi mandati al confino alle Tremiti fino allo scoppio della guerra, in due casermoni sull’isola di San Domino. Tornati a Catania, cercheranno di dimenticare e far dimenticare ciò che hanno vissuto. Pochissimi di loro, a distanza di decenni, hanno accettato di raccontarlo.  L’interesse del loro saggio risiede soprattutto nella ricostruzione di un pezzo di vita che viene così sottratto all’aridità della storia fatta di numeri o di astrazioni. E’, insomma, storia nel senso migliore e più nobile del termine, storia che recupera l’individuo che altrimenti verrebbe inghiottito dall’oblio. I due autori partono dalla vicenda di due sopravvissuti a quell’esperienza, Filippo e Salvatore, e a ritroso ricreano l’ambiente degli arrusi nella Catania degli anni trenta. Si rievocano volti, consuetudini e luoghi di una Catania d’altri tempi, vissuta nei postriboli e nei marciapiedi.

I gruppi sono essenzialmente due: uno di ragazzi giovanissimi, spesso provenienti da famiglie povere, semianalfabeti e dediti a lavori umili, che s’incontrano intorno all’ “alvuru rossu” in quella che oggi è piazza Borsellino o in una sala da ballo prevalentemente frequentata da uomini che cercano altri uomini. L’altro gruppo è invece costituito da “arrusi” più maturi che s’incontrano invece in case private, nascondendosi così allo scrutinio pubblico. L’arruso era l’omosessuale passivo, quello che «faceva la donna» non solo sul piano delle prestazioni sessuali ma anche nelle vesti di chi si prendeva cura del suo uomo e che svolgeva attività prevalentemente legate alla sfera della domesticità (cameriere, sarto, parruchiere, ecc.). Gli arrusi non si accoppiavano tra loro, sarebbe stato impensabile. Masculi erano invece quelli che nella coppia svolgevano ruoli attivi, avevano vaste relazioni eterosessuali e non si autorappresentavano affatto come omosessuali. Anzi. Chi era desiderato anche dagli arrusi acquisiva un ulteriore merito che confermava la propria indiscutibile virilità. Con l’introduzione delle leggi razziali, nel1938, la morsa d’intolleranza verso gli omosessuali diventa sempre più consistente, tanto che moltissimi di essi (anche catanesi!) finirono tristemente i loro giorni in vari campi di concentramento nazisti. La città e l’isola è uno di quei libri per la conservazione della memoria degli anni più tetri della storia dell’uomo moderno, un libro su una persecuzione relativamente silenziosa e quasi del tutto ignota. E’ un saggio che illumina delle vicende personali e le ricostruisce da più punti di vista: usando i documenti d’archivio della polizia (il punto di vista degli accusatori), le suppliche di grazia (il punto di vista delle vittime in rapporto ai loro accusatori), i racconti dei due sopravvissuti (il punto di vista personale) e le testimonianze di altri confinati politici (che, in molti casi, condividevano il disprezzo nei confronti degli omosessuali o, comunque, cercavano di smarcarsi per non venire confusi con loro). Il libro si conclude con una lunga appendice storico-teorica su che cos’era il confino durante il fascismo e racconta, tra l’altro, anche dell’unico caso di una donna lesbica che fu sottoposta a questa misura di polizia.

Una pagina triste della storia di Catania, anch’essa da non dimenticare.

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