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Intervista con Oteme (Stefano Giannotti)

15 min read
L’AGGUATO, L’ABBANDONO, IL MUTAMENTO
 
OTEME (Osservatorio delle Terre Emerse) nasce nel 2010 a Lucca per opera del compositore e performer Stefano Giannotti. L’obiettivo è la creazione di un ensemble da camera per interpretare composizioni che partano dalla canzone d’autore inglobando molteplici contaminazioni, come la musica classica contemporanea, l’art-rock, la sperimentazione sonora, il teatro musicale. Più che un gruppo, OTEME si configura come un laboratorio aperto con un nucleo fisso di musicisti ed alcuni collaboratori che possono cambiare di volta in volta a seconda dei progetti.
Alcune delle principali influenze includono David Sylvian, Igor Stravinskji, Art Zoyd, Penguin Cafè Orchestra, Fabrizio De André, King Crimson, Lucio Battisti, Frank Zappa, Magma, John Cage e Morton Feldman.
Dal 2011 al 2012 OTEME, in formazione di 9 musicisti, è occupato nella realizzazione del disco d’esordio Il Giardino Disincantato, che esce nell’autunno del 2013 per la casa editrice francese Edd Strapontins, con distribuzione internazionale Ma.Ra.Cash. Sempre nel 2013, OTEME in versione trio ha realizzato il Progetto Lomax in U.S.A. per lo Spazio Performativo ed Espositivo (SPE) della Tenuta dello Scompiglio (Lucca), presentando una serie di arrangiamenti di brani popolari americani fra folk, country e blues rivisitati in chiave contemporanea.
 
 
Stefano Giannotti (1963) è un compositore, chitarrista, performer e video-maker. Il suo repertorio spazia dalla radio arte al teatro musicale, dalla musica da camera alla canzone d’autore. Il paesaggio, i cicli vitali, le voci della gente, i linguaggi, sono alcuni dei principali temi affrontati nel suo lavoro.
Molte delle sue opere sono state prodotte per e in collaborazione di: RAI Radio 1, RAI Radio 3, Polskie Radio, Magyar Radio, O.R.F., Radio France Culture, Danish Radio, WDR Köln, SFB, Deutschland-Radio Berlin, Saarländicher Rundfunk, Südwestdeutsch Rundfunk, Australian Broadcasting Company, HRT, Sveriges Radio, VPR, etc.
Fra i numerosi riconoscimenti internazionali sono da ricordare: Prix Macrophon’91 (Wroclaw, Poland), Prix Ars Acustica International (WDR Köln 1994/95), DAAD Berliner Künstlerprogramm (1998/99), Karl-Sczuka-Preis 2002 e 2007 (SWR, Baden-Baden), Katherine Knight Award (Earth Vision International Environmental Film Festival – Santa Cruz, California, 2008) e tre Nomination al Prix Italia (2004/2009/2013).
 
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(Il giardino disincantato)
 
Intervista
 
Davide
Ciao Stefano. Un disco bellissimo. Come si è sviluppato in più o meno continuità il secondo capitolo di OTEME (Osservatorio delle Terre Emerse) rispetto al primo lavoro, “Il giardino disincantato”, per il quale ricordo un tempo di gestazione lunghissimo, ben dieci anni?
 
Stefano
L’AGGUATO, L’ABBANDONO, IL MUTAMENTO in realtà è un progetto che ha avuto una gestazione molto più lunga. Sarebbe dovuto uscire prima de IL GIARDINO DISINCANTATO, addirittura nel 2002, con il titolo L’AGGUATO, L’ABBANDONO, LA METAMORFOSI. All’epoca avevamo pronta da pubblicare una versione interamente fatta di canzoni, la più vecchia delle quali risaliva addirittura al 1990. La band dell’epoca comprendeva  8 musicisti, non aveva un nome ben preciso, gli unici due concerti che facemmo li presentammo a nome Ensemble IL TEATRO DEL FARO che era il mio gruppo precedente, ma in realtà sia per il tipo di programma, sia per la formazione voluminosa, questo ensemble era una transizione verso quello che sarebbe poi stato OTEME successivamente. Per svariate ragioni, principalmente dovute come al solito alla mancanza di soldi, ma anche di idee chiare, una volta terminate le registrazioni misi il progetto nel cassetto. Successivamente, dopo una residenza di sei mesi in Germania iniziai a scrivere i brani per quello che 10 anni dopo sarebbe diventato IL GIARDINO DISINCANTATO.
Nel 2014 Massimo Orlandini mi ha spinto a pubblicare il vecchio progetto per sua etichetta Maracash; naturalmente l’opera era un po’ invecchiata, così ho cominciato a lavorarci di nuovo, a togliere molti dei brani originali, a comporre nuovi pezzi, a ragionare in dettaglio su come dovesse suonare il secondo CD di OTEME. Alla fine siamo tornati in studio, ed ecco il nuovo lavoro. Sono così soddisfatto che è come se il vecchio progetto non fosse mai esistito, insomma, mi sembra di aver realizzato il tutto in tempi recenti. Un brano come SARA’ IL TEMPORALE, del 1991 sembra sposarsi alla perfezione con L’AGGUATO che invece è del 2015, tutto ciò grazie sia alla compattezza degli arrangiamenti, dovuta alla presenza massiccia di fiati classici (oboe, clarinetto, fagotto, ecc.), ma anche al mastering da parte di Antonio Castiello. È stato come restaurare una vecchia casa, armonizzando i travicelli originali con strutture nuove in acciaio, senza intaccare la continuità del tutto.
 
Davide
Raramente ascolto dischi italiani di così grande spessore e insieme un qualcosa che non so definire altrimenti che purezza artistica. Esiste una purezza dell’arte, della musica?
 
Stefano
Penso che la purezza artistica risieda fondamentalmente nella purezza delle intenzioni. In altre parole, oggi il compito più difficile per un artista è quello di essere estremamente onesto intellettualmente, cioè di seguire fino in fondo la propria volontà, magari sbagliando, ma credendo veramente nel prodotto. Se si comincia a cedere alle lusinghe del mercato, che poi lusinghe non sono, in quanto il canto delle sirene si trasforma ben presto in un incubo, l’opera perde di spessore; vedi, dietro ad un progetto artistico, in modo più o meno trasparente, c’è sempre una parte concettuale, e questa è la parte più importante. Se si corrompe la parte filosofica si corrompe anche il risultato.
Io non ho niente contro la musica commerciale o di intrattenimento, a patto che parta da lì ed arrivi lì.
Da molti anni lavoro per le radio tedesche di stato, Deutschlandradio Kultur, SWR, ecc. e i produttori ci hanno abituato ad operare con il cuore e con la testa, ad essere coltelli dalla lama affilatissima, dall’inizio alla fine del processo creativo. Questo significa, da un lato riflettere costantemente sui concetti, dall’altro lasciare che suoni e strutture fluiscano liberamente. A quel punto sarà abbastanza naturale che le due cose vadano a braccetto insieme.
 
Davide
Mani in copertina e nel booklet… Anche se non c’entra, a me hanno rievocato (e sono andato a ricercarmelo dopo essermene a lungo dimenticato) lo hand painting di Mario Mariotti, oggi riprese nei manimali e nelle manipinte di Guido Daniele. Le tue sono invece nude e semplici mani a formare vari gesti. Dunque, torniamo alla domanda: mani in copertina e nel booklet…  perché?
 
Stefano
Semplici gesti, azioni pure? Riportare il mondo ad una fase pre-linguistica dove il gesto corrisponde al significato? O magari non significa nulla, ma lascia un’immagine impressa come quelle dei sogni? Quando applico questo processo ai suoni, ottengo dei risultati che, come dicevo nell’intervista precedente, chiamo metafore sonore.  In fondo anche ne IL GIARDINO DISINCANTATO c’erano pentole in vari contesti; una vecchia pentola con accanto un pentolino nuovo era il papà con la bambina in PER MANO CONDUCO MATILDE; una pentola rovesciata era ED IO NON C’ERO; una pentola piena d’acqua con un sasso dentro era la descrizione del nostro acronimo OTEME, ovvero OSSERVATORIO DELLE TERRE EMERSE… Quando penso alla vita ed alla morte ho sempre davanti a me l’immagine delle mani, non saprei dirti perché…
 
Davide
Cosa racchiude il titolo “L’agguato, l’abbandono, il mutamento”?
 
Stefano
L’agguato ti coglie all’improvviso, ti fa abbandonare vecchie posizioni e ti costringe ad un mutamento. Questi temi ricorrono un po’ in tutta l’opera, anche nei testi, pur non così chiaramente.
Ad esempio SARA’ IL TEMPORALE parla di un tuono che rivela in un lampo brandelli di ricordi.
CAMMINAVO mostra un altipiano deserto su cui vi sono diverse città distrutte e persone che le stanno ricostruendo. Io cammino su di un sentiero dritto dritto, ho con me uno zaino in spalla, che contiene la mia muta, la pelle vecchia. Ad un certo punto la lascio cadere e continuo a camminare.
DOPO LA PIOGGIA illumina alcune tracce lievi e misteriose nel paesaggio dopo la poggia.
TRACCE NEL NULLA illustra sette paesaggi in forma del corpo di una donna; al tempo stesso i paesaggi si cancellano e tutto ciò che rimane sono tracce nel nulla, appunto.
IL MUTAMENTO, brano strumentale piuttosto corto, è la trasformazione di un bolero (che è la continuazione del bolero del CD precedente) in bossa nova. E così via.
 
Davide
Alcuni musicisti sono cambiati rispetto alla precedente formazione. Ci presenti i musicisti che ti hanno affiancato in questo lavoro? Come scegli la strumentazione per ogni brano, se prima, durante o dopo la composizione e sulla base di quali suggestioni o mediazioni dei sensi e dei significati?
 
Stefano
Come ti spiegavo i nuovi musicisti in realtà sono quelli vecchi. Con alcuni di loro non sono più in contatto. Vi è anche il caso di Giorgio Berrugi, bravissimo clarinettista all’epoca, oggi uno dei più apprezzati cantanti lirici del mondo. La line-up del gruppo oggi comprende più o meno gli stessi musicisti del CD precedente, ovvero Emanuela Lari, voce e tastiere, Valeria Marzocchi, ottavino, flauto e voce, Nicola Bimbi, oboe e corno inglese, Lorenzo Del Pecchia, clarinetto e clarinetto basso, Maicol Pucci, tromba e flicorno, Marco Fagioli, basso tuba e trombone, nonché una grande quantità di diavolerie a forma di tubo, Valentina Cinquini, arpa e voce, Riccardo Ienna alle percussioni o come li chiamiamo scherzosamente, ai “suoni marci”.
Continuando la storia: OTEME nasce dalla fusione di due gruppi diversi, l’Ensemble IL TEATRO DEL FARO, con cui ho lavorato dal 1991 al 2002 e la VAGA ORCHESTRA, un grosso ensemble di studenti che formai nel 1994 e lo diressi fino al 1999; nel 2004/2005 ci fu una reunion della VAGA ORCHESTRA sia con i membri originali, sia con persone nuove. Alla fine, nel 2010 quando gettammo le basi per OTEME, più o meno i musicisti venivano da entrambe le formazioni ed in più c’erano presenze nuove.
C’è poi un altro elemento, molto importante, Tommaso Tregnaghi, il grafico di entrambi i CD, che interpreta alla perfezione alcune mie idee e me ne offre altrettante. E naturalmente mia moglie, Mariola, che sa ascoltare ed è il termometro di tutto il processo.
OTEME più che una vera band è una sorta di progetto con un nucleo abbastanza stabile ed una serie di amici, allievi che ruotano attorno. A seconda dei progetti e dei contesti il gruppo si espande o si restringe.
La strumentazione la scelgo in base ad un’esigenza molto personale di ricreare un certo colore.  Prediligo strumenti che mi riportino alla tradizione della contemporanea colta o Novecento storico, dunque flauto, ottavino, oboe/corno inglese, clarinetto, clarinetto basso, fagotto, tromba e flicorno, arpa, percussioni meno usuali, e i meravigliosi “suoni marci” di Riccardo che riportano ad un jazz più free e si sposano perfettamente con il carattere jazz-bandistico di Marco alla tuba.
Le canzoni però nascono prevalentemente sulla chitarra o al piano.
Un esempio di come penso un arrangiamento: il primo brano, LA GRANDE VOLTA, parte con un riff di percussioni etno/elettroniche che rimandano a un documentario sulla savana; la melodia, semplice, cantabile, è affidata al basso tuba, dunque questo è un primo esempio di decontestualizzazione; l’arpa crea rumori e glissati con lo slider della chitarra elettrica, gli altri fiati contrappuntano come in un brano di polifonia barocca mentre il basso tuba fa un solo free-jazz che sembra un monologo teatrale. Alla fine non si sa dove ci troviamo, si riconoscono vari elementi, vari contesti, ma sono tutti spostati altrove.
 
Davide
I testi e le linee melodiche del canto un po’ mi ricordano il binomio Battisti-Panella. Ma anche la Canterbury Scene. Finalmente qualcuno che di quei grandi momenti ne ha raccolto un’eredità?
 
Stefano
Sono stati entrambi fondamentali nella mia formazione. Da un lato Robert Wyatt, Mike Oldfield, David Bedford, Henry Cow (i primi tre quando avevo 16-17 anni, i secondi più recentemente), dall’altro il binomio Battisti–Panella che ho scoperto per caso nel 1990 mentre facevo delle fotocopie in un negozio, e che mi ha spinto a ricominciare a scrivere canzoni in Italiano dopo un periodo di 7 anni (prima del quale componevo canzoni in Inglese). Dunque sì, se ho realizzato L’AGGUATO, L’ABBANDONO, IL MUTAMENTO lo devo proprio a loro.
Non so però se parlare di eredità. Ho ascoltato tanta musica fin da bambino. Le pietre miliari che mi hanno cambiato la vita, oltre ai sopracitati, sono stati i Pink Floyd di UMMAGUMMA e ECHOES, quando avevo 15 anni, i Tangerine Dream di ATEM, a 17, la SAGRA DELLA PRIMAVERA a 18, Brian Eno e Steve Reich, la Third Ear Band, John Cage, David Bowie, Bach, i Genesis, i Van Der Graaf Generator, i Gong, Alvin Curran (con cui ho studiato per un periodo e di cui sono stato assistente), La Monte Young, David Sylvian, i Penguin Cafe Orchestra, Zappa, per non parlare del cinema di Kubrick, di Leone e Wenders, Le Cirque Immaginaire di Victoria Chaplin, la Biancaneve del Teatro del Carretto, il teatro-danza di Roberto Castello… la lista potrebbe proseguire all’infinito. Un ascoltatore attento credo che riesca a scoprire frammenti di tutte queste influenze nel mio lavoro.
 
Davide
“Tracce nel nulla”, brano lungo quasi 26 minuti, diviso in sette parti, a un certo punto (parte IV) cita o riprende “Alla fiera dell’Est”, in realtà Chad Gadyà, un canto tradizionale della Pasqua ebraica,  in cui si celebra il miracolo della liberazione dalla schiavitù egiziana. Nella versione originale, però, non si parla di un topolino, ma di un capretto. Il canto cela una quantità di significati profondi. Un capretto, un capretto che mio padre comprò per due susim. Un capretto, un capretto. E venne il gatto, che mangiò il capretto, che mio padre comprò per due susim. E avanti. Perché questa ripresa o citazione?
 
Stefano
Volevo qualcosa di estremamente popolare, che anche i bambini conoscono e che rappresentasse una gerarchia alla rovescia. L’idea che il topo mangi il gatto che morde il cane rappresenta a pennello l’idea che nella relazione fra persone, in questo caso la coppia, se il topo non ci sta a fare il topo e si trasforma in gatto, il potere si rovescia e la vittima diventa il carnefice. Più o meno, in modo ermetico e giocoso la sezione parla di questo.
 
Davide
Se ricordo bene ti ho lasciato che stavi lavorando a un’opera radiofonica dal titolo BÜROTIFULCRAZY, prodotta per la Deutschlandradio Kultur di Berlino. Cos’altro hai fatto, oltre a “L’agguato, l’abbandono, il mutamento” in questi ultimi tre anni da “Il giardino disincantato”?
 
Stefano
Ho terminato BÜROTIFULCRAZY nel 2014, una grande fatica, ma anche una bella soddisfazione; l’opera parte da un’analisi della burocrazia e la trasforma in strutture musicali (http://stefanogiannotti.com/it/radio_art/buerotifulcrazy/).
Ho portato in giro VIAGGIO NELL’ISTANTE (http://stefanogiannotti.com/it/performance/viaggio-nell-istante/), insieme ad Alessandro Certini e Charlotte Zerbey, di Company Blu,  una performance di teatro-danza per i bambini, interamente basata su un danzatore ed un rumorista.
Ho composto le musiche per lo splendido documentario di Ullabritt Horn A MAN CAN MAKE THE DIFFERENCE, sulla vita di Benjamin Ferenc, il pubblico ministero in uno dei processi di Norimberga, (http://www.wfilm.de/a-man-can-make-a-difference/)
Ho lavorato ai nuovi brani (gli strumentali) per L’AGGUATO, L’ABBANDONO, IL MUTAMENTO; realizzato una nuova opera radiofonica in residenza a Rotterdam,  intitolata IMPURE WAVES, per il programma radiofonico olandese Concertzender (http://stefanogiannotti.com/it/radio_art/impure-waves/), e creato diversi nuovi video per lo spettacolo ETHER OR SOMETHING SIMILAR, portato in tournee in Olanda e Belgio a novembre 2015 (http://stefanogiannotti.com/it/performance/ether-or-something-similar/).
Ho anche collaborato al bellissimo UKIYOE di Claudio Milano, un gran lavoro di collage di fonti sonore suonate e registrate da molti musicisti da diverse parti d’Italia; contemporaneamente ho arrangiato alcuni brani per il prossimo CD dei Maisie, in cui ho coinvolto anche i fiati di OTEME.
Infine è in atto una collaborazione con Salvo Lazzara, per un CD di prossima uscita.
Ma il progetto più grosso è un Western radiofonico per la SWR, a cui lavoro ormai dal 2013, ma le cui idee risalgono al 2005. Un’opera impegnativa, in quanto ne realizzo storia, libretto, musica e regia. Credo che il prossimo anno potrebbe andare in produzione, si intitola HIN UND ZURÜCK, in Italiano ANDATA E RITORNO.
Ho anche formato e sviluppato un progetto cameristico con i miei allievi, ragazzi fra i 15 e 22 anni, più un paio di adulti. Abbiamo un laboratorio-orchestrale (16 musicisti) all’interno dei corsi di musica moderna della Scuola di Musica Sinfonia di Lucca, che in attesa del nome definitivo abbiamo chiamato Laboratorio OTEME, e con cui sperimento arrangiamenti di King Crimson, Pink Floyd, Penguin Cafe Orchestra, Battiato (prima maniera), Talking Heads, Jean Baptiste Lully, John Cage, Terry Riley, Steve Reich, Beatles, Peter Gabriel… recentemente ho anche composto un brano per loro intitolato COLLETTIVA, a cui hanno partecipato Riccardo Ienna alla batteria, Bruno Romani al sax e Andrea Selenio Pecchia all’elettronica.
(Stefano Giannotti – COLLETTIVA: https://youtu.be/gHJ8lRNZzjw)
(Pink Floyd – ECHOES: https://youtu.be/QzzhFjkDUSA)
 
Davide
Simon Jeffes è stato l’inventore di un’utopia musicale chiamata “Penguin Cafè Orchestra”. C’è oggi  un’utopia musicale di nome invece Oteme? Come l’utopia, la musica rappresenta una zona franca, libera dai vincoli della materia, in cui il tempo e lo spirito umano si incontrano e passato e presente sono illuminati dallo sguardo lanciato sul futuro. Così pensava Ernst Bloch. Esiste per te un rapporto tra musica e utopia?
 
Stefano
Questa domanda mi commuove, da tanto che è bella, forse perché i Penguin sono stati uno dei gruppi che maggiormente mi hanno influenzato, soprattutto quelli del primo disco.
Dal mio punto di vista, sì, esiste un’utopia OTEME, ma forse è più interessante che sia la gente a pensarlo. È quasi ovvio che un artista veda il suo lavoro come un faro capace di illuminare il percorso di tutti, con originalità e unicità. Il tempo lo deciderà. Se tu sostieni che OTEME è un’utopia come i PENGUIN (cosa che mi lusinga moltissimo) e mi chiedi se ne sono cosciente, allora, a costo di apparire presuntuoso ti rispondo di sì; ne sono cosciente e ne sono coscienti anche gli altri membri del gruppo. Sappiamo di star percorrendo una strada che in qualche modo è unica. Sappiamo anche che il tragitto non è facile, che si può e si deve aggiustare il tiro di volta in volta, ma in ognuno di noi c’è la coscienza di far parte di un progetto prezioso; e questa preziosità dipende appunto da ciò che prima chiamavamo purezza, ovvero, andare avanti a sperimentare senza chiedersi il perché, giocare senza scendere a compromessi con il mercato, andare in fondo alla volontà senza avere paura. Tanto i soldi non ci sono comunque, non abbiamo niente da perdere.
Di questo se ne accorgono finalmente anche discografici illuminati come Orlandini, il quale mi dice “Stefano, dobbiamo fare un bel progetto”. E, cosa importante, ve ne rendete conto voi critici, che state accogliendo il nostro lavoro molto positivamente. D’altra parte, c’è bisogno oggi di progetti che spingano la gente a pensare, ad ascoltare, ad andare un po’ più giù.
I grandi artsti hanno sempre avuto un ideale utopico; pensa a Cage, che vede la musica come una rappresentazione della sua società ideale, in cui ognuno si governa da sé. Pensa a Stravinski con la Sagra, la cui premiere si trasformò in rissa. Pensa al gioiello Manafon di Sylvian, a Barry Lyndon e l’Odissea nello Spazio, ai concerti per sirene di navi di Curran, ai paesaggi opachi di Feldman, agli uccelli di Messiaen, ai 18 musicisti di Reich, all’Ulisse di Joyce…
 
Davide
Cosa seguirà? Vi si potrà incontrare anche dal vivo?
 
Stefano
Comincio a pensare ad un nuovo CD che potrebbe/dovrebbe essere pronto in autunno 2017. Vorrei esplorare anche altri territori musicali, sempre con OTEME, in combinazione con vecchi brani da camera che ho fermi da molti anni e che per l’ensemble si presterebbero benissimo.
Saremo dal vivo al centro per le arti performative a SPAM (Porcari, Lucca), l’11 di giugno; seguiranno forse un paio di date in estate fuori Lucca, ma siamo ora in trattativa, dunque non so ancora dirti esattamente.
Ho poi da terminare il Western radiofonico…
 
Davide
Grazie e à suivre…

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