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Il femminismo è morto?

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Il femminismo è morto?

«Sono passati vent’anni da quando femministe arrabbiate bruciavano reggipetti gridando "tremate, tremate le streghe sono tornate" e "l’utero è mio e me lo gestisco io".
Erano tutti eccessi di zitelle racchie e inacidite, che sfogavano il loro personale veleno verso la razza maschile?…»

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Si, erano proprio eccessi di zitelle racchie e inacidite, o meglio, di misere donne senza carattere incapaci di reagire con intelligenza e astuzia, le stesse doti che in passato le loro "antenate" hanno usato per ottenere dall’uomo quello che volevano ottenere, le uniche doti che potessero contrapporsi all’indiscutibile supremazia fisica dell’uomo e vincere a tutto campo (se usate nel modo opportuno) come è successo in molte realtà familiari e sociali dei tempi andati.
Personalmente (perché pur sempre di opinione trattasi) ritengo che il femminismo sia una naturale reazione che prima o poi, con il maturare della società, sarebbe dovuta succedere alla pressione esercitata dal vecchio "regime maschilista". Quello che però è importante sottolineare, è che il femminismo inteso come "l’utero è mio e me lo gestisco io" è chiaramente una reazione infantile e distorta, un comportamento che denota debolezza e inferiorità e che quindi può solamente far sorridere di compassione l’uomo sicuro di sé.
Sono perfettamente d’accordo sull’impossibilità di stabilire il "sottile confine che separa gli istinti spontanei dei due sessi dai comportamenti dettati dall’educazione", ma sono fermamente convinto che l’"educazione", come si intende in questo ambito, non sia altro che un abito, una copertura, un’apparenza che non ha nulla a che fare con la realtà che si nasconde dietro a tutto questo.
Che importa se nella società maschilista del passato doveva essere l’uomo a "far vedere" di comandare tutta la famiglia, se in realtà in casa chi dettava legge era la madre austera e prepotente? Quello che ogni persona mostrava fuori di sé era semplicemente l’etichetta, quella stessa etichetta dettata dal sistema economico e politico e indispensabile, in quella precisa fase della crescita della società, per un buon funzionamento della vita sociale.
Qualcuno pensa forse che in una società maschilista di questo tipo l’etichetta sia così favorevole per l’uomo? NO, non lo è affatto, o almeno non lo è per tutti, perché ogni benché minimo conformismo che ci portiamo addosso ci priva di un po’ di libertà, non importa se il nostro ruolo è quello del capo o del subordinato, siamo vincolati a rispettare una serie di regole. Il motivo per cui molte donne a questa mia obiezione risponderebbero "allora facciamo cambio" è semplicemente che queste donne non sono abbastanza grandi, caratterialmente parlando, da capire che essere il comandante non significa essere assolutamente migliori, anche se questa è la mentalità più diffusa.
Il grosso problema è che nella società contemporanea l’alienazione è molto più subdola e diffusa di quanto non lo fosse in passato; ormai anche le donne, proprio perché la parità è potenzialmente molto vicina, sono vittime del carattere mercantile dettato dal sistema economico capitalistico e sono risucchiate da quel vortice senza fine che viene chiamato "successo", lo stesso idolo che ormai ha preso il posto del crocefisso nel cuore di troppe persone, il "vitello d’oro" dei paesi moderni.
Questo è il punto più amaro del femminismo: non è per la reale parità umana (che non ha motivo di esistere per forza di cose) che le donne bruciano i reggipetti in pazza, ma solo perché voglio essere anche loro vuoti ingranaggi commerciali che si aggirano come automi per le strade delle grandi metropoli americane; vogliono rinunciare a quell’emotività e quella sensibilità che ha sempre contraddistinto l’universo femminile nei tempi passati gridando idiozie con la rabbia e la violenza di un bambino che urla perché si trova nell’impossibilità di uscire dal disagio della sua scarsa autosufficienza.

La soluzione non è ribaltare le parti, anche perché questo rallenterebbe ancora di più lo sviluppo: visto che la società maschilista ha dimostrato i suoi difetti (tra cui il maggiore è non aver tratto vantaggio dalle potenzialità femminili), vogliamo sbagliare ancora? La soluzione giusta è quella di abbattere il più possibile le barriere dell’educazione, ed adottare una religione che non "opprima" la personalità dell’individuo con lo scopo, stupido e antiquato, di amalgamarlo alla massa.
Che cosa cambia dalla donna desiderabile del passato, con passo leggiadro e gonne lunghe che strusciano sul terreno, e la bomba sexy del presente? Solo l’etichetta, che è di un colore diverso e scritta in maniera diversa, ma sempre tale è. Come può una donna sostenere di essere pari all’uomo quando continua a conformarsi agli standard del passato anche se con veste nuova? Quando per conquistare un maschilista si gonfia le labbra, passa metà vita in palestra, si rompe le ginocchia a forza di aerobica, si appiattisce il seno a forza di diete e poi mette il silicone per rimediare solo perché gli "ometti" ammirano le dive plastiche della TV?
Questa è debolezza, non forza. Chi ha forza non scende a compromessi e non accetta di adattarsi ai canoni dettati dalla "moda", dal "adesso va così", dalla televisione… questa è la cosa più ridicola di tutte: le femministe continuano a fare i salti mortali per conquistare un uomo che tutto sommato è l’uomo del passato, il maschilista, quello che torna a casa la sera ubriaco fradicio, sfonda il cranio alla moglie con il ferro da stiro e nonostante tutto, considerando che sono state loro a scegliere, si lamentano. Una donna deve innanzitutto avere personalità per poter essere alla pari dell’uomo, e avere personalità significa semplicemente andare dritti per la propria strada, indipendentemente dagli altri. Se una donna si adatta e rinuncia a ciò in cui crede veramente solo per piacere ad un uomo che con tutta probabilità è quello sbagliato, annullando in questo modo il suo carattere e la sua vera natura, si ritroverà ad essere la sua schiava solo qualche tempo dopo, e si incontrerà con le amiche come una stupida, perché di tale si tratta, a dire "questi uomini maschilisti, che schifo che fanno!", sempre se non scenderà in piazza a dire "l’utero è mio e me lo gestisco io!".
"Perché lui non è tenuto a mantenere l’interesse di lei?", penso che la risposta sia ovvia: perché dovrebbe? Tanto ne trova un’altra quando vuole, un’altra che ripeterà anch’essa "maschilisti bastardi", si dichiarerà femminista ma si sdraierà per terra come uno zerbino per lasciar pulire le scarpe del proprio "uomo vero"…
Forse non mi conviene neanche tanto difendere le donne su questo punto, visto che tutto sommato sono all’altra parte, ma la realtà è che il concetto "la segreta aspirazione di ogni uomo è di avere accanto a sé una creatura dolce, prevedibile e sottomessa" è solo un punto di vista, un punto di vista attuale, diffuso e maschilista ma che personalmente non condivido, e come me molti altri uomini (lo spero).
Non facciamo di tutta l’erba un fascio quindi, perché questo è un errore in ogni caso.

Concludendo, mi basta dire che il femminismo è inutile. Sono d’accordo con Lorenza Ceriati su quasi tutto, ma mi permetto di obiettare con decisione alla soluzione della solidarietà fra donne e della complicità: non è in gruppo che si dimostra all’uomo di valere, non serve a nulla fare le arpìe in gruppo se poi si trema come delle foglie quando ci si trova da sole in ascensore con uno sconosciuto.
La soluzione è l’individualità, cioé comportarsi da individuo, non da donna, da anima asessuata che vive la propria vita e le proprie aspirazioni con coraggio e determinazione, senza mai attaccare direttamente con inutile violenza ma con "rispetto per sé stesse, per i propri bisogni e desideri, autonomi e staccati" da quelli degli altri.
E’ importante capire che la società del futuro deve necessariamente essere improntata sulla personalità e sul carattere: non importa se, per fare un esempio banale ma semplice, un grafico pubblicitario è uomo o donna, perché si tratta di un artista che esprime le proprie idee e concetti (anche se a fini di lucro, ma bisogna pur mangiare in qualche modo no?) in un modo tutto suo: la parità in questo senso non esiste, ma non deve esistere, perché è molto più produttivo saper sfruttare i mezzi che ognuno dei due sessi è in grado di offrire, piuttosto che perdersi in inutili diatribe di parte… un grafico uomo sarà più adatto ad un certo tipo di comunicazione, un grafico donna sarà più adatto per forme espressive diverse e complementari a quelle maschili. Perché costringere una donna a lavorare da uomo? Si perderebbe quello che la donna è in grado di offrire!
Il rispetto dell’uomo si ottiene in questo modo: facendogli capire che le donne sanno fare cose che l’uomo non sa fare, così come ci sono cose per cui l’uomo è più predisposto: se l’uomo non accetta di perdere in una lotta alla pari, vuol dire che non ha carattere, e in questo caso non vedo quale interesse possa ancora catturare in una donna…o almeno in una donna che si possa definire tale, quindi non certo una femminista…
E’ indubbio che finché le donne continueranno ad accettare inconsciamente il maschilismo, non potranno fare altro che dimostrare di essere esseri inferiori… ma d’altronde si sa:


can che abbaia, non morde.




Fabrizio Cerfogli

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P.S. Vorrei semplicemente fare presente ai lettori che lo scopo principale che mi ha spinto a scrivere questo articolo è stato quello di fornire un punto di vista maschile sul tema del femminismo, ringraziare Lorenza Ceriati per aver affrontato con coscienza e maturità un tema sempre attuale e di non facile trattazione (soprattutto, troppo trattato solo da donne), e invitare anche altri a fare sentire la propria voce su questo argomento o magari aprire un nuovo dibattito su altri temi altrettanto scottanti.
Grazie.


«E’ difficile prendere posizione sulla questione se sia migliore un sistema matriarcale o patriarcale. In effetti ritengo che il problema sia mal posto. Si può affermare che il sistema matriarcale esalta i vincoli naturali, la naturale uguaglianza di diritti e l’amore, mentre il sistema patriarcale […] dà maggiore importanza alla civilizzazione, al pensiero, allo Stato, alle invenzioni, all’industria e a tutto ciò che serve al progresso.
Scopo dell’umanità dev’essere quello di liberarsi da ogni gerarchia, matriarcale o patriarcale che sia. Dobbiamo raggiungere una situazione in cui i sessi nel loro reciproco rapporto evitino di prevaricarsi. Solo in questo modo possono sviluppare le loro autentiche differenze, le loro reali polarità.
[…]
Il principio maschile e quello femminile nel mondo, nell’universo e in ciascuno di noi, costituiscono due poli che devono mantenere la loro differenza, la loro polarità, per produrre il fecondo dinamismo, la forza creativa che scaturisce proprio da questa polarità.»

Erich Fromm, Uomo e donna, p.397

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