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Psicofantaossessioni- Faraòn Meteosès

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LietoColle – 2007 – 10,00 Euro

Nell’ormai vasto catalogo della LietoColle, nonostante l’inevitabile incorrere in qualche cronicizzata velleità artistica, sussistono ancora validi spunti. E’ il caso di Faraòn Meteosès, che non è una delle tante redivive mummie del sottobosco della valle dei templi bensì novello giullare nell’anagramma di Stefano Amorese. Saltimbanco e cantore dei tempi a noi più prossimi e schizoidi, quelli di un post sperimentalismo privo di canoni e riferimenti. Radici e dotte asserzioni non mancano e mai languiscono, scaturiscono, tutt’al più, nelle caotiche simmetrie semantiche: un magma fluido, decomposto e mai putrido, dove la poesia interpreta la disperata ilarità del guitto e la forma non viene mai meno, anzi funge da contenitore per disinibite pulsioni. Un poeta che andrebbe ascoltato (oltre che letto) per cogliere quell’ “armonia espressiva” che domina “disegni e strategie”, come rilevato da Walter Mauro. Forte è il messaggio pubblicitario evocato e profanato nella sublimazione surrealista, penetrante cadenza il suo ritmo percorrendo l’asfittico, adrenalinico e agnostico vivere contemporaneo. Teatralizzante il suo istrionico incedere in salse variopinte, persino iperrealiste, traboccante del carico e delle caricature dell’odierna farsa cui si è sottoposti esistendo. Analogie ed allitterazioni, provocatori retaggi di avanguardie, persino il turpiloquio tra i possibili ingredienti di questo “frappè linguistico più analogico che logico”, come giocosamente lo chiosa Claudio Comandini. Un uso della lingua a tutto campo, infarcito di citazioni latine ma anche di francese, di spagnolo e di gergo autoctono. Saltellando e sillabando non si rinuncia neppure ai cartoon tra qualche Mumble-mumble e le invettive di Bambini & sciacalli. Visionario allucinato, prossimo alle tematiche dell’assurdo e ben cementato nel Novecento. Lunga è la sfilza dei personaggi citati, un gossip senza precedenti e distinzioni, da Shiva ai fratelli Marx passando per Giulio Andreotti che, senza esitazioni, davvero lo apprezzerebbe. Contiene persino un versetto satanico, quello “in cui Maometto finisce di digerire l’arista di maiale” e, a seguire, in meno di tre righe c’è spazio per Buscetta, il Canaro, Rauti, Cossutta, Stalin e Hitler. Più nitido, divenendo a tratti persino lineare ed uniforme, emerge il rammarico struggente per quegli anni autenticamente impegnati e perduti in KM1999. Scontato il confronto col Palazzeschi più “giocoso e divertito” per Comandini che, nella sua “pirotecnica invettiva”, intravede come meno approssimativo un accostamento a Zanzotto e la sua “sfrenatezza plurilinguistica”. Preciserei ascendenze nel dadaismo più sincretico e performativo ma poi, vedendolo operare dal vivo, il poeta inevitabilmente si personifica nel personaggio, piuttosto che indagarlo e dissacrarlo. Resta la provocazione, onnipresente, tra trombette, tamburelli e campanellini, ma a prevalere, in questo caso, è lo stereotipo del menestrello. “Strisci a ridosso del fosso/come cobra zebrato con gli occhiali da sole” è l’incipit di Serpentario dove “la catarsi del muco” ci conduce alla “Fattoria globale”, “eroina filosofica” prodotta dai “maiali di Orwell”: “un’altra guerra di TROIA”, la “lotta fra i Titani e gli dèi del mio Tartaro”, il “cancro del Tropico”. Incipit  è anche titolo nonché testo d’apertura della plaquette, implosivo nelle sue “erezioni sottocute”, “svilito virilmente” in un “congiuntivo che è congiuntivite”. Bluff  (forse non è un caso) è apparso anche in televisione oltre ad essere già presente su diverse antologiche, come nel caso di gran parte del materiale qui riprodotto. Psicofantaossessioni denota inventiva e ricerca in un lungo e opportuno percorso d’incubazione. E’ un libro che racchiude lavoro, sintesi di una feconda evoluzione forgiata tra grovigli di eredità eterogenee, per questo “senza calchi di modelli immediati”, come ribadisce Comandini constatando una buona ragione per consigliarne la lettura.

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