Negli ultimi tempi gli strumenti giocattolo hanno guadagnato un posto nella musica, talvolta con esiti sorprendenti (è il caso del pianoforte giocattolo, utilizzato anche da maestri della musica come Yann Tiersen; bellissima la sua versione di Life on Mars? di David Bowie, suonata appunto con un toy piano). Le sonorità vintage degli strumenti giocattolo sono oggi ricercate da numerosi artisti e gruppi musicali. Si tratta di vecchi giocattoli difficilmente sopravvissuti. Quelli così recuperati si può dire che siano stati in qualche modo fortunatamente e inaspettatamente valutati per quel che erano e sono e innalzati a rango di autentici strumenti musicali, suonando spesso insieme a veri strumenti di ben altra classe e qualità. Altri, sebbene siano sopravvissuti anche in questo caso, hanno invece avuto un destino forse un po’ meno fortunato, quanto meno da un punto di vista del mantenimento delle loro caratteristiche originarie, invece stravolte in una sorta di maltrattamento elettrico ed elettronico, divenendo fonti di una musica cacofonica e disarmonica (e talvolta non poco disturbante) tutto sommato difficile da proporre a chi non abbia certi gusti o certe idee. Il circuit bending è un’arte o una pratica sotterranea di libera modificazione elettronica e quasi dadaista che consiste nel trasformare strumenti giocattolo o vari altri oggetti elettronici sonori alimentati a pile in nuovi strumenti o generatori di suono, riassemblando e cortocircuitando a basso voltaggio i componenti al loro interno, generando tra loro nuove interazioni randomiche. Creatore e guru della circuit bending art è considerato Reed Ghazala, che inventò il circuit bending nel 1960. Il “circuit bender”, figura paragonabile a un hacker musicista, trasforma dunque vecchi strumenti elettronici come giocattoli sonori, batterie elettroniche, effetti per chitarre, ampliandone e stravolgendone le caratteristiche attraverso interventi sui loro componenti. Il processo consente di ottenere nuove sonorità caratterizzate da aleatorietà e si associa alla musica elettronica noise. Il circuit bending, diffuso negli Usa e in Giappone, si è sviluppato anche in Europa e in Italia soprattutto negli ultimi dieci anni con la riscoperta dei vecchi strumenti giocattolo come le tastiere Casio, Bontempi, Yamaha ecc. arrivando a interessare qualsiasi cosa possieda circuiti per produrre suoni, inclusi vecchi lettori cd portatili, giochi sonori come il Texas Instruments Speak and Spell e il suo cugino italiano, il Grillo Parlante di Clementoni. Nella circuit bending art vi sono anche soluzioni creative che talvolta esulano dalla strumentazione in senso stretto. Per esempio il maltrattamento dei nastri delle musicassette (che tuttavia rimandano alla vecchia tape-music) o i body-contacts, semplici oggetti di metallo che si collegano a singoli punti del circuito, montati sul case dello strumento, che quando vengono toccati con le dita, che fungono da resistenze variabili, modificano il suono: abbassamento o innalzamento del pitch, distorsioni o modulazioni. Il contatto, quindi, con tali punti del circuito, trasforma il nostro corpo in una sorta di potenziometro. Il circuit bender possiede quindi nozioni tecniche di base per poter intervenire sull’elettronica e così creare i “glitch”, ovvero degli errori all’interno del circuito che creino un temporaneo malfunzionamento del giocattolo o dello strumento, mandando la corrente da una parte all’altra del circuito, sconvolgendo il legame originario tra i componenti elettronici e creando nuovi “bends” o “bend points”, punti del circuito che collegati generino un certo effetto, producendo infine suoni, parole, fonemi, rumori inediti e inauditi. Qualche giocattolo può essere considerato ancora meno fortunato, se viene pure sottoposto al “rehousing”, un metodo artistico che consiste nel riadattare il circuito in un nuovo contenitore. Naturalmente ho scherzato sul concetto di maltrattamento e manomissione o trattamento estremo e di relative sorti meno o ancor meno fortunate, ma non me la sento di dire che scherzo se il maltrattamento può riguardare senz’altro le orecchie dei fruitori. Non c’è del giudizio negativo, poiché a taluni piace sottoporsi a simili, se non peggiori, maltrattamenti acustici. Ciò è sufficiente a dare dignità anche a quest’arte (in ogni caso interessante), che ogni anno raccoglie seguaci e sostenitori da tutto il mondo nel Bent festival promosso dal collettivo newyorchese The Tank. E’ un workshop e una vetrina di importanza internazionale, che si svolge in diverse tappe tra New York, Los Angeles e Minneapolis. www.bentfestival.org Per ascoltare degli esempi (o samples, parola che dopo tutto deriva da examples da cui samples) vi consiglio il sito F7sound http://www.f7sound.com/circuitbend.htm da cui si possono scaricare esperimenti su Casio CZ101, MT240 ED SK1, batteria elettronica Roland TR707, Speak and Spell, una batteria giocattolo a pads e altro ancora. Se avete superato questo primo impatto desiderando di studiare meglio la faccenda, vi mando allora al sito italiano http://www.circuitbend.it/index.php E’ un sito interamente dedicato all’arte del circuit bending allo scopo (così promulgato) di fornire le conoscenze necessarie per poter far crescere in Italia e nel mondo tale fenomeno. Si propone di creare un archivio di news, tutorials, giocattoli e strumenti musicali, materiale audio e video che possano in qualche modo svelare ogni mistero sul circuit bending, dando suggerimenti e trucchi a chi si avvicina per la prima volta a questo mondo. Da poco è stato attivato anche il Forum dove gli utenti possono fare domande tecniche, condividere i propri progetti e i propri dubbi. Il sito è ideato e gestito da EraSer (circuit bender. musician, DIYer).
A’ suivre…