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La musica meccanica – Insolita Musica

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A poca distanza da Ravenna c’era una volta e c’è ancora il Museo Marini, aperto al pubblico dal 1972 al 1999. Nel 1999 il museo fu chiuso, ma lo si può ugualmente visitare prendendo un appuntamento con le figlie del signor Marini, che continuano a dedicarsi all’opera e alle collezioni lasciate loro dal padre. Marino Marini, grande scultore italiano,  raccolse negli anni piani a cilindro e altri strumenti meccanici, per passione personale e per il ricordo di infanzia che ne aveva, senza pensare che un giorno ne avrebbe avuti così tanti e di valore da farne un museo di strumenti musicali meccanici. Nel museo si trovano strumenti meccanici di molti tipi: serinette, organi da fiera, orchestrion, piani a cilindro, automi del 700 fino ai fonografi, ai grammofoni, alle “macchine parlanti” e ai più recenti “organi” automatici usati e prodotti ancora oggi per le sale da ballo del Nord Europa.
E c’è una Associazione che si occupa di antichi strumenti meccanici: è la AMMI (Associazione Musica Meccanica Italiana) con sede a Cesena. Il sito ufficiale è alla pagina http://www.ammi-italia.com/index.html
 
La musica meccanicamente riproducibile non è nata tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del ‘900 con l’invenzione dei fonografi, ma sicuramente nel ‘700 (e forse anche prima) con l’organetto di Barberia e con il carillon, costruito dall’orologiaio svizzero Antoine Favre. Si chiamava Boite-a-musique o scatola musicale ed era costituito da un cilindro ruotante munito di punte sporgenti che mettevano in vibrazione le lamelle diversamente intonate. Ma di strumenti meccanici pare ne siano esistiti da più tempo. Ctesibio, meccanico della scuola di Alessandria vissuto nel I secolo a.c., si tramanda che sia stato l’inventore dell’organo idraulico, strumento in grado di suonare da solo grazie all’uso dell’acqua in modo simile agli strumenti eolici. Nel corso del ‘700 e dell’800 furono di gran moda gli strumenti eolici (le cui origini sono molto più antiche), specialmente le arpe eolie, suonate dal vento. Ma questa, dopo tutto, era musica casuale, mentre quella suonata dal  carillon no.
 
 
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Nell’Ottocento vennero i piani a cilindro, quelli trainati con un carretto di paese in paese, di aia in aia, di festa in festa, dai suonatori ambulanti.  Più tardi apparvero anche le pianole o autopiani (Treter in tedesco o Phonola), il cui sistema meccanico veniva montato in un normale pianoforte. Le corde venivano suonate tramite i martelletti azionati pneumaticamente. I brani musicali erano preparati su strisce di carta perforata con apposito sistema durante l’esecuzione. Modelli sempre più perfezionati erano in grado di leggere anche le dinamiche delle note, le variazioni di tempo e di timbro. Pianini e autopiani furono senz’altro i precursori della registrazione su matrice.  Oggi possiamo conoscere il modo di suonare di musicisti come Debussy, Ravel e Stravinsky grazie a rulli e autopiani a noi pervenuti. Alcuni grandi compositori dell’epoca, specialmente durante gli anni del Futurismo,  scrissero pagine musicali per autopiani, come Igor Stravinsky, George Antheil (Ballet mécanique) e Alfredo Casella. Conlon Nancarrow scrisse quasi esclusivamente musica per pianoforte meccanico.
Gli autopiani ebbero grandissima diffusione fino all’avvento del meno costoso e ingombrante grammofono, e cioè negli anni ’30 del ‘900.
 
Simile nel funzionamento era il ben più antico organo a rullo o cartone, altrimenti detto Organetto di Barberia dal suo inventore, l’italiano Giovanni Barbieri che lo elaborò nel 1702. Una serie di canne e un mantice a soffietto suonavano meccanicamente grazie a un cilindro detto barile, aste e leverismi vari. La rotazione del cilindro avveniva attraverso una vite senza fine e una ruota dentata. Il cilindro, ruotando, toccava delle leve che sollevavano o meno dei pistoncini atti ad aprire  delle valvole per permettere all’aria soffiata dal mantice di entrare o meno nelle canne delle diverse note musicali. Il mantice, a sua volta, veniva azionato da un albero a gomiti. Il suonatore di organetto doveva solo azionare il tutto girando una manovella. I più esotici lo facevano fare a una scimmietta. La coreografia di qualche saltimbanco faceva il resto. Alcuni organi a rullo di dimensioni più imponenti venivano utilizzati nelle chiese o nei teatri.
 
Infine c’è tutto un capitolo perfino più affascinante: quello degli automi musicali (ma certi erano anche in grado di scrivere frasi meccanicamente programmate, di giocare agli scacchi o di disegnare un soggetto prestabilito), veri e propri androidi con sembianze umane o animali costruiti a partire dal ‘700 da maestri orologiai come Jacquet-Droz e Vaucanson. Famosi furono “La suonatrice di timpano” e “Il suonatore di flauto” di Jacques Vaucanson. Aveva le sembianze e le dimensioni di un uomo e con la sua sola meccanica programmata suonava undici arie su flauto muovendo le dita e modulando l’aria dalla bocca. Oggi sono conservati ed esposti al Conservatoire des Arts et Metiers di Parigi.
 
Per chi voglia saperne di più, consiglio dunque il sito http://www.ammi-italia.com/ Tra le molte sue pagine vi consiglio di sbirciare nel “negozio”, dove sono in vendita (con possibilità di farsi spedire a casa la merce prescelta) alcune chicche tra le quali il “sonetto”, un carillon a 20 note funzionante a cartoni forati. La cosa più interessante è che si possono comprare cartoni forati con diverse note melodie (ascoltabili in anteprima in formato .mp3), ma anche cartoni ancora da forare con una apposita pinza fornita insieme allo strumento per chi voglia quindi comporre una personale musica per carillon.

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