Il Future Film Festival 2008 ha confermato la bontà delle edizioni degli ultimi anni, con un programma vario in tutti gli aspetti dell’animazione, nonché la proposta di una cinematografia classica dai grandi contenuti di effetti speciali, confermando l’aggettivo “Future” nell’esplorare “la tecnologia” del cinema ed il progresso digitale registrato in questo campo. Proprio per queste sue caratteristiche intrinseche, questa manifestazione possiede la capacità di attrarre partners non legati necessariamente al mondo del cinema, e quindi di assicurarsi comunque una presenza e una continuità ormai decennale. È sicuramente legata più al mondo televisivo che non a quello cinematografico, e questo rappresenta la sua forza, ma anche il suo limite. Limite non cercato, non voluto, ma inevitabilmente legato allo scarso interesse che la nostra distribuzione cinematografica mostra nei confronti dell’animazione, a parte le grandi produzioni mondiali, che però non sono poi supportate dalle ottime opere provenienti anche da altre realtà non necessariamente americane, Giappone in testa. Miopia che inevitabilmente si riflette sul mondo dell’animazione italiana, totalmente inesistente in ambito cinematografico. Anche nel caso “Winx”, unico dei pochi prodotti di animazione italiana degli ultimi anni, il successo nasce dalla televisione, solo dopo lo troviamo al cinema. È un tormentone che ogni anno si denuncia, ma che esiste e che deprime maggiormente se confrontato non con l’irraggiungibile America, ma con la più vicina Europa, dove molte nazioni, paesi scandinavi e francofoni in testa, propongono lavori interessanti con cadenze abituali. Tornando al Future Film Festival, se si può fare un appunto a questa manifestazione, negli ultimi anni, è stata la mancanza di un evento di grande richiamo che catalizzasse l’interesse di un pubblico più vasto al di là dello zoccolo duro degli appassionati di settore. Perché rimane sempre il rischio che possa restare un Festival di nicchia, e che un giorno i partners possano anche non aver più tanta voglia di sponsorizzarlo… Comunque il Future Film Festival 2008, oltre al ricco programma, ha offerto numerose sezioni, diversi eventi speciali, i soliti importanti incontri con gli autori dell’animazione mondiale, ospiti illustri, molte prime visioni ed eventi. 30.000 presenze e 250 giornalisti accreditati rappresentano numeri lusinghieri per un Festival dalle caratteristiche di grande specificità. La parola d’ordine rimane sempre il tentativo di dare una più ampia visione possibile degli aspetti legati a questo genere, dall’analisi del lavoro e della tecnologia che vi sta dietro, fino al confronto costruttivo che può derivare dalle varie esperienze. È ad esempio interessante costatare come cinematografie differenti, pur utilizzando tecniche dissimili, possano toccare gli stessi temi, anche partendo da tradizioni culturali apparentemente inconciliabili. Il recupero della propria storia, che sia fatta dalla tradizione delle canzoni popolari giapponesi, all’epopea “mitica” del baseball americano, è una prerogativa comune, per non parlare dei “mostri” che popolano i nostri incubi, siano essi un “Gamera giapponese” od un “Aliens americano”. Per terminare, lascio un elenco di pellicole da me visionate, senza suddivisioni di genere, così come proposte dal Future Film Festival 2008, con i miei giudizi ed apprezzamenti, per chi ha voglia di segnarsi qualche pellicola da recuperare eventualmente in futuro.
“Ben X” di Nic Balthazar, Belgio, 2007 (90 min., 35 mm, V.O. con s/t in italiano) – Film in concorso.
Un adolescente, con problemi di inserimento, devastato dalla crudeltà del mondo che lo circonda, si rifugia nel mondo dei giochi virtuali dove può esternare la propria forza e trovare forse una via di uscita anche per la realtà. Questa pellicola mi è sinceramente piaciuta, anche se non nascondo che potrebbe non essere apprezzata da tutti per il tema, già esplorato in diversi film, dell’isolamento e della cattiveria che colpisce alcuni individui considerati più deboli, e dalla visione morale piuttosto scontata che il film vuole trasmettere.
“Nocturna” di Victor Maldonado e Adriá García, Spagna, 2007 (80 min., 35 mm, V.O. con s/t in Italiano) – Film fuori concorso.
La pellicola è carina, nel senso scontato della parola, è l’emozionante avventura che un bambino orfano, timoroso del buio, deve attraversare nel mondo parallelo di Nocturna, la città che spunta nel momento in cui ci addormentiamo, dove tutte le caratteristiche della notte, le stelle, i sogni, i rumori, qualsiasi cosa legata al mondo onirico, è frutto di un attento lavoro delle creature che la abitano… Ben disegnato, film anche per adulti, ma soprattutto per bambini.
“Tekkonkinkreet – Soli contro tutti” di Michael Arias, Giappone, 2007 (111 min., 35 mm, V.O. con s/t in inglese e italiano) – Film in concorso.
Il miglior film da me visionato a questa decima edizione del FFF, nuovo grande lavoro dello Studio 4°C, produttori di pellicole già di culto come ” Mind Game” (presentato qui a Bologna nel 2006) , tratto dal manga omonimo dell’autore giapponese Taiyou Matsumoto. Era considerato fra gli eventi di questo Festival, ed ha rispettato le previsioni. C’è poco da commentare, è solo da vedere.
“Byousoku 5 Centimeters (5 Centimeters per second)” di Makoto Shinkai, Giappone, 2007 (63 min., 35 mm, V.O. con s/t in inglese e italiano) – Film in concorso.
Era l’altro evento di questo Festival, insieme a Tekkonkinkreet, e non a caso è risultato essere il vincitore del premio come miglior lungometraggio. Il nome di Makoto Shinkai è già conosciuto nell’ambiente dell’animazione mondiale, non ai livelli di maestri riconosciuti come Hayao Miyazaki o Satoshi Kon, ma comunque importante soprattutto per il suo stile riconoscibile estremamente seducente. Le sue pellicole, e questo film ne è la conferma, contengono una malinconia di fondo e nostalgie di rapporti umani che non riescono spesso a consolidarsi, ma che vengono vissuti a distanza nello spazio e nel tempo. La pellicola mi è piaciuta, così come le precedenti sue opere, anche se personalmente ho preferito Tekkonkinkreet. In ogni caso consigliata anche quest’ultima.
” Wood & Stock: Sexo, Orègano e Rock’n Roll” di Otto Guerra, Brasile, 2006 (81 min., 35 mm, V.O. con s/t in inglese e italiano) – Omaggio all’animazione brasiliana.
Quando due hippy veterani, Wood e Stock, incapaci di adattarsi alla vita contemporanea, decidono che è il momento di rinverdire i fasti della loro età giovanile, si può assistere a momenti di vera follia. Questa divertente commedia di animazione brasiliana, ci consegna una satira al vetriolo sul mondo della famiglia. Film originale, che offre un’ulteriore e differente visione di un’animazione fuori dagli schemi.
“De Profundis” di Miguelanxo Prado, Spagna-Portogallo, 2006 (80 min., 35 mm, senza dialoghi) – Film in concorso.
Ci troviamo di fronte ad un prodotto più vicino all’arte che non alla cinematografia pura d’animazione. È una fiaba svolta per quadri successivi, acquerelli che si susseguono dove il dialogo scompare, in cui è la musica a sottolineare le scene. Prodotto alto, incantevole, ma di non semplicissima visione.
“Ge Ge Ge No Kitaro (Kitaro – The Movie)” di Katsuhide Motoki, Giappone, 2007 (103 min., 35 mm, V.O. con s/t in inglese e italiano) – Film in concorso.
Anche questa pellicola tocca un tema classico della tradizione giapponese, il modo degli Yokai, gli spiriti giapponesi della natura. Non è la prima pellicola giapponese che utilizza questo soggetto, di cui si fa spesso ricorso anche nei manga e negli anime. È recente il film di Miike Takashi presentato a Venezia e qui a Bologna due anni fa, la cui traccia non si discostava troppo da questa. Al di là della simpatia per il genere e per le situazioni grottesche, questo tipo di film sono catalogabili nei B-movie, e non meritano più di un giudizio superficiale.
“Furusato Japan (Japan, Our Homeland)” di Akio Nishizawa, Giappone, 2007 (96 min., 35 mm, V.O. con s/t in inglese e italiano) – Film fuori concorso.
Questa pellicola di animazione classica giapponese, è ambientata nella Tokyo del primo dopoguerra, nell’epoca della ricostruzione di una nuova società che deve trasmettere nuovi valori ai bambini che saranno il futuro del Giappone. Il regista focalizza la storia, nel recupero della tradizione giapponese attraverso le canzoni classiche che la rievocano: la musica e la tradizione ancora protagonista come nel precedente “Nitaboh” dello stesso regista, visto proprio qui al FFF due anni fa. Se la precedente pellicola, pur non essendo un capolavoro, era abbastanza gradevole, questa è francamente insopportabile, a mia memoria il peggior film visto in queste ultime edizioni del FFF, retorico, eccessivamente buonista, noiosamente lungo.
“La Reine soleil” di Philippe Leclerc, Francia-Belgio-Ungheria, 2007 (77 min., 35 mm, V.O. con s/t in inglese e italiano) – Film in concorso.
Il film in questione, di animazione tradizionale, la cui trama si ispira ai libri di Christian Jacq, ci riporta alle atmosfere dell’antico Egitto dei faraoni, fra intrighi di palazzo, lotte per il potere, superstizioni e religione. Film leggero, non particolarmente innovativo, può ricordare una versione minore delle classiche pellicole di Asterix, ma senza la loro comicità.
“Film Noir” di Jud Jones e Risto Topaloski USA-Serbia, 2007, (90 min., 35 mm, V.O. con s/t in italiano) – Film fuori concorso.
La pellicola è una trasposizione, in chiave animata, dei classici film noir americani (il titolo sintetizza tutto), con tutte le caratteristiche del genere: il detective privato, il potente corrotto, la dark lady, il killer. Nonostante un genere già ampiamente esplorato, la trasposizione animata rende decisamente le atmosfere e la storia, il film è piacevole e si lascia vedere con soddisfazione.
“Piano No Mori (Piano Forest: The Perfect World of Kai)” di Masayuki Kojima, Giappone, 2007 (99 min., 35 mm, V.O. con s/t in italiano) – Film fuori concorso.
Ci troviamo di fronte, come spesso succede, ad un classico bel film di animazione giapponese, targato MadHouse, uno dei più importanti studi nipponici del genere. In questa pellicola c’è la grande capacità di utilizzare valori universali, in questo caso la musica, quella dei grandi autori, la classica, filtrandola attraverso gli occhi dei bambini, per riconsegnarcela magicamente nella sua essenza più pura ed accattivante. Il mondo magico che vorremmo vivere quotidianamente.
“Black Sheep” di Jonathan King, Nuova Zelanda, 2006 (87 min., 35 mm, V.O. con s/t in italiano) – Film in concorso.
Ogni mostra del cinema che si rispetti, e soprattutto un Festival del cinema di questo genere, in cui gli effetti speciali sono presi seriamente in considerazione, anche al di là delle trame delle pellicole proposte, non può prescindere dal mostrare fra le sue file il classico film horror, questo in particolare collocabile più nel genere splatter divertente, piuttosto che nel seriamente pauroso. Ambientato nelle immense distese dei pascoli della Nuova Zelanda, ci mostra, in una chiave differente, come anche la pacifica ed innocua figura di una pecora, possa trasformarsi nel peggior incubo in circolazione. Assolutamente divertente e consigliato anche ai non amanti, come il sottoscritto, del genere.
” The Water Horse – Legend of the Deep” di Jay Russell, USA, 2007 (112 min., 35 mm, V.O. con s/t in italiano) – Film fuori concorso.
Utilizzando le atmosfere e le tematiche dei film fantasy, questo lungometraggio ci vuole svelare i misteri di una delle più famose leggende scozzesi, il mostro di Loch Ness. La storia si colloca all’epoca della seconda guerra mondiale (quando fu scattata una delle più famose foto di Nessie), raccontata dall’allora giovane Angus MacMorrow, di cui è il protagonista principale. Rifacendosi alle leggende ed al folklore scozzese, la morale finale ci consegna un ennesimo “mostro” buono contro gli uomini sempre dalla parte dei cattivi. La pellicola non è proprio imperdibile, due ore di svago leggero, di cui si possono segnalare i buoni effetti speciali ed il cast che comprende attori di buona fama.
“Everyone’s Hero” di Christopher Reeve, Daniel St.Pierre, Colin Brady, Canada-USA, 2007 (88 min., 35 mm, V.O. con s/t in italiano) – Film fuori concorso.
Questa pellicola di animazione, si rifà ad uno dei pezzi della storia tradizionale americana, con protagonista lo sport nazionale per eccellenza, il baseball, nell’america degli anni 30′, dove i ragazzini sognavano i mitici New York Yankees del grande Babe Ruth. Piccolo grande eroe è proprio un ragazzino che, con l’aiuto di una palla e di una mazza da baseball parlanti, aiuta la sua squadra a vincere il campionato mondiale del 1932.
Pellicola di classica animazione 3d, non particolarmente originale e mediamente divertente. È un prodotto standard, senza infamia e senza lode.
“Max & Co.” di Samuel Guillaume, Frédérick Guillaume, Svizzera-Belgio-Francia-UK, 2007 (76 min., 35 mm, V.O. con s/t in inglese e in italiano) – Film fuori concorso.
Questa pellicola “francofona”, sviluppata con tecniche di animazioni miste e tradizionali, dove si assapora ancora quel gusto artigianale dei personaggi creati a mano, segue la classica via dei film animati, utilizzando come protagonisti animali “umanizzati” nei loro comportamenti, vizi e virtù, una storia di business e loschi affari che coinvolgono il giovane Max, un ragazzo in giro per il modo alla ricerca del padre. Il film è gradevole, e conferma come la cinematografia d’animazione nord europea, sia molto viva e in grado di proporre sempre, con forme differenti, lavori interessanti, rivolti indistintamente ad un pubblico di piccoli ed adulti.