Giuseppe Cirigliano è professore di Lettere e Filosofia a Novara. Ha una passione antica e profonda per Fabrizio De André, il sublime cantore degli esclusi, degli emarginati, degli oppressi: ovvero delle “vittime di questo mondo”. Proprio su De André, fin dal 1991 (anno della sua immissione in ruolo) tiene corsi specifici nelle scuole, e nel 2002 ha inaugurato un sito molto curato, composto al suo interno da altri siti, ciascuno dedicato all’opera di alcuni grandi: oltre all’amato De André, troviamo infatti Arthur Rimbaud, Luigi Tenco, Francesco Guccini, Totò, il poeta Albino Pierro ed altro ancora (filosofia per tutti, aforismi e citazioni, poesia per tutti), fino ai siti dedicati alla Havana Football Club e alla Giuseppe Cirigliano Band, una valida cover band “deandreana” con la quale Giuseppe (alla voce e chitarra) ripropone appunto le canzoni del grande cantautore genovese.
Davide
Hai detto e condivido: “Ormai da anni le canzoni di De André hanno trovato spazio nelle antologie scolastiche di letteratura del Novecento, accanto ai componimenti di “mostri sacri” come Pascoli e Gozzano, Ungaretti e Montale. La cosa, da un lato, ha fatto storcere il naso a tanti puristi, ma dall’altro ha riscosso entusiastici consensi fra coloro (anche uomini di lettere, come ad esempio il critico Lorenzo Renzi) che colgono più “poesia” nei nostri cantautori (i migliori, ovviamente) che non fra tanti sedicenti poeti (i peggiori, soprattutto)”. Credo che la gente cosiddetta comune colga perfettamente questa verità. E’ ciò che più conta. Come si svolgono e come vengono accolti i tuoi corsi su De André nelle scuole?
Giuseppe
La tentazione di svolgere ulteriori considerazioni sul ricorrente dilemma “poesia / non-poesia” nella canzone d’autore, e di De André in particolare, è davvero grande, ma mi atterrò alla tua inoppugnabile considerazione: ciò che più conta, al di là di tanti discorsi, è quel che pensa la gente comune, perché in certi casi la “verità” non si dimostra ma semplicemente si mostra… Capisco che se la gente comune, tanto per dire, considerasse la “Divina Commedia” come un’emerita baggianata, il discorso si farebbe molto più problematico. Tuttavia non mi vergogno a sostenere che, se fossi un poeta (o un cantautore) e potessi scegliere, personalmente preferirei mille volte essere misconosciuto dalla critica ma ascoltato e apprezzato dalla gente, piuttosto che essere insignito del premio Nobel per la letteratura ed accorgermi che le mie poesie (o le mie canzoni) suscitano l’interesse esclusivo di una ristretta cerchia di intellettuali. Prima comunicare, secondo me; poi…
Ma vengo alla tua domanda effettiva, cercando di controllare l’entusiasmo. Perché in effetti, senza mezzi termini, non posso che dirmi entusiasta dell’accoglienza riservata ai miei corsi su De André! Corsi che generalmente si rivolgono a ragazzi e ragazze di terza superiore, quindi di 16-17 anni, anche si mi è capitato in più occasioni di proporli (con qualche adattamento) sia in classi del biennio che nelle classi terminali…
Il percorso (salvo la scelta di un nucleo di canzoni per me irrinunciabili) è abbastanza elastico, ma si articola sostanzialmente in due fasi: l’ascolto delle canzoni, che eseguo personalmente col solo ausilio di chitarra e voce, e poi un’analisi tematica e stilistica più o meno approfondita. Se i ragazzi sono miei alunni, infatti, conoscono già varie nozioni di metrica e di retorica e quindi posso permettermi di ampliare il discorso; altrimenti mi limito ad evidenziare gli aspetti più caratteristici dei singoli brani e magari cerco di spiegare qualche figura retorica, nuova per i ragazzi che ho di fronte, quando essa risulti facilmente comprensibile. A tale proposito uno degli esempi più clamorosi, che spesso colpisce i ragazzi, è la notissima immagine dell'”amore che strappa i capelli”, in cui convergono magistralmente metafora, personificazione e iperbole; e ti giuro che i ragazzi comprendono subito…
Lo so: mi sto dilungando un po’ nella risposta ma vorrei ancora aggiungere che l’elasticità a cui mi riferivo, oltre che il tipo di analisi, riguarda anche (fermo restando il nucleo irrinunciabile di cui ti dicevo) la scelta delle canzoni, che mi piace variare in rapporto al livello di conoscenza che i ragazzi già possiedono delle canzoni di De André: ed ormai so che, a quell’età, si va da chi De André lo conosce già a fondo, magari (come è successo ai miei figli) per via dei genitori “fanatici”, e chi invece l’ha sentito a malapena nominare per via di quell’orrida versione di “Geordie” che furoreggiava qualche tempo fa…
Premetto che non è per eccesso di modestia che attribuisco il successo dei miei corsi non alla loro impostazione o alle mie interpretazioni, ma bensì al valore intrinseco delle canzoni di Fabrizio, che finiscono per coinvolgere spesso anche i soggetti più scettici poiché impregnati di altre dimensioni e suggestioni musicali. Potrei addurre centinaia di testimonianze a conferma di quanto asserisco, ma mi limito a riferire un fatto che chiunque può verificare e che va oltre le mura scolastiche. Il 26 ottobre scorso [2007] ho tenuto un concerto a Romagnano Sesia; ebbene, alcuni giorni dopo, nello spazio che la mia piccola band ha su MySpace, ho ricevuto questo breve commento: “Grande Giuseppe!!!! Anche i punk rocker’s apprezzano l’arte di De André!”. Vedi bene che in realtà il vero complimento, e direi giustamente, non è rivolto al “grande Giuseppe” ma al grandissimo De André… Bene: moltissimi alunni, dal 1991 ad oggi, reagiscono più o meno così di fronte alle canzoni di Fabrizio. L’esempio che per primo mi viene in mente, perché si collega alla reazione più frequente in assoluto (e non solo nelle mie classi), riguarda il distico conclusivo di “Via del campo”: alla fine dell’esecuzione scatta quasi sempre un applauso scrosciante; qualche voce urla “Grande, prof!” o “Bravo, prof!” e, quando il clamore si sta affievolendo, ma prima che svanisca del tutto, c’è sempre qualcuno che sussurra: “Ma questa è poesia, prof!”.
Immagino che sia tempo di concludere su questa prima domanda, visto che me ne attendono altre, ed anche per non tediare ulteriormente i gentili lettori… Lo farò dicendo che so per certo di aver contribuito per tale via all’acquisto di molti cd di Fabrizio. Se dovessi percepire eque provvigioni dalla Bmg-Ricordi e dalle altre etichette che detengono i diritti d’autore sulle sue canzoni, arrotonderei il mio stipendio da umile insegnante…
Davide
Indubbiamente te lo meriteresti… Da qualche parte hai detto che avevi un naturale desiderio, coltivato per anni, di conoscere Fabrizio personalmente ma – com’è accaduto allo stesso Fabrizio per l’amato Brassens – temevi sempre di restare deluso dall’uomo: temevi, cioè, che l’immagine che di lui ti eri fatta si ridimensionasse o dissolvesse. E’ perché ne avresti avuta l’occasione, ma poi non hai voluto? Inoltre, non è un po’ in contraddizione con quanto di umanamente fragile Fabrizio rappresentava e invitava ad amare?
Giuseppe
Sei ovviamente scusato per la dimenticanza, visto che in quest’istante nemmeno a me viene in mente la sede in cui ho detto o scritto una cosa del genere: che del resto confermo senza ripensamenti, proprio per quel “timore”. Se poi esso sia in sé riprovevole poiché in contraddizione con una certa concezione o mentalità, non saprei dire né, onestamente, mi preoccupa più di tanto; perché, se anche lo fosse, mi consolerei pensando di essere in buona compagnia. Non sto pensando esclusivamente allo stesso De André, ma anche ad alcune conoscenze telematiche [ah, ora mi viene in mente dove ho scritto quella cosa: in qualche pagina del mio sito…]… alcuni amici telematici che mi hanno scritto di condividere – non solo come presa di posizione, ma proprio per esperienza diretta – il mio atteggiamento.
Ti dirò una cosa che non mi è mai capitato di raccontare a nessuno… Molti… ma no!, non molti… diciamo alcuni miei amici, in anni ormai lontani, conobbero Fabrizio nell’ormai celeberrimo negozio dell’indimenticabile Gianni Tassio, che all’epoca non si trovava nel punto dove si trova attualmente ma bensì all’inizio di Via del Campo; imboccando la stessa da Porta dei Vacca, cioè venendo da ponente, era il primo negozio sul lato sinistro… Quei miei amici si recavano spesso nel negozio di Tassio proprio perché girava voce (ed era una voce fondata) che fosse facile incontrarvi Fabrizio. Io, che a quei tempi ero completamente “miscio” (cioè senza soldi), frequentavo raramente qualsiasi tipo di negozio, e fra le pochissime volte che mi è capitato di entrare in quello di Tassio una sola volta ho incrociato… anzi, avrei potuto incrociare Fabrizio: ma, mentre stavo per entrare, due o tre ragazzi che stavano uscendo mi dissero che lui era dentro ed io, non so perché, me ne andai senza nemmeno entrare… Forse, se ci penso ora, perché non avrei saputo cosa dirgli… Ovviamente non ero obbligato a dire nulla, ma credo che qualcosa avrei voluto dirgli e, appunto, non sapevo cosa. E così me ne andai…
Dovessi dire ora se sono pentito di quella mia decisione, potrei forse dire di sì. Ma fino a un certo punto: perché allora non ero come sono oggi. E quindi, nessun rimpianto…
Davide
Da quanto ho potuto ascoltare finora, a parte la bella commistione tra “Levate a cammesella” e “Il gorilla”, le tue versioni non si discostano molto dagli originali. La tua band è formata da musicisti (come tu stesso hai detto) tutti diplomati al Conservatorio… Questo non ti incoraggia a riarrangiare le canzoni di Fabrizio in modo nuovo, inedito? Voglio dire, c’è una scelta “umile” e “di rispetto” alla base di questa scelta? Suonandole, conoscendole ormai così bene, ti viene mai il desiderio di farne degli arrangiamenti del tutto personali?
Giuseppe
Quel che hai potuto ascoltare finora (anzi, permettimi di ringraziarti per l’attenzione, che desumo facilmente dalle tue osservazioni) corrisponde al mio atteggiamento consueto. Nonostante le potenzialità della mia band (me escluso ovviamente), cerco di attenermi il più possibile agli originali – come hai detto tu – per una scelta di umiltà e una volontà di rispetto. So bene che, col contributo della PFM, lo stesso Fabrizio ha provveduto a dotare di una nuova veste musicale alcune delle sue più belle canzoni, ma ti confesso che, personalmente, quell’operazione mi sembra riuscita in pochi casi rispetto agli originali: per esempio con “La canzone di Marinella” e “Bocca di rosa” il discorso regge, ma già per “Il pescatore” e “Un giudice” (ne nomino soltanto due per par condicio, ma l’elenco sarebbe assai più esteso) l’esito mi sembra disastroso o quasi. Mi rendo perfettamente conto che ci stiamo avventurando… anzi, mi sto avventurando in un discorso altamente opinabile, perché oltre che di estetica si parla soprattutto di gusto: ed io non pretendo di imporre a nessuno né le mie convinzioni estetiche né i miei gusti personali. La penso così, ma senza dire, come spesso si fa: punto e basta! La penso così, ma sono disposto a discuterne… Dopodiché, ammetto tranquillamente che mi piacerebbe produrre “arrangiamenti del tutto personali”, ma solo se fossi convinto (ed è tale convinzione che mi manca) di poter migliorare in qualche modo il brano o i brani in questione: altrimenti, che motivazione potrei darne?
Davide
Suonare Fabrizio e altri cantautori ti ha mai stimolato a creare pezzi tuoi? Se ve ne sono, dove si possono ascoltare? Se sì, come descriveresti la formazione ricevuta da Fabrizio e altri cantautori alla scrittura musicale e dei testi cantati?
Giuseppe
E’ proprio ascoltando (o direi meglio suonando e cantando) Fabrizio che ho ricevuto stimoli a “creare” pezzi miei. Si parla però di tanti, di troppi anni fa… Ed è per questo che quei pezzi, fortunatamente, non si possono ascoltare: un po’ perché cancellati in tutto o in parte dalla memoria, e un po’ perché mi vergognerei a tirarli fuori adesso. Lo so… lo so e l’ho già detto poco fa parlando del mio mancato incontro con Fabrizio: allora (cioè quando componevo qualcosa) non ero come adesso; quell’io non è più il mio. E quindi non dovrei vergognarmi di farli ascoltare. Ma se riuscissi a comportarmi sempre in modo razionale, potrei forse risultare ammirevole agli occhi di qualcuno: non certo ai miei, perché preferisco comportarmi spontaneamente anziché razionalmente. Come direbbe, anzi come ha detto Foscolo: “cauta mi parla la ragion; ma il core / ricco di vizi e di virtù, delira”…
Quanto alle influenze musicali di quei brani, mi sento di dire che accanto a De André, e forse ancor più di lui, abbiano agito anche Lolli e Guccini, forse per il fatto che nel periodo in cui componevo qualcosa De André lo conoscevo già piuttosto bene e quindi ascoltavo ancor di più gli altri due, e soprattutto Lolli, perché lo conoscevo da meno tempo… Riguardo ai testi, invece, potrà sembrare strano ma oserei dire che – più dei cantautori – agivano, almeno a livello di intenti e non certo di esiti, poeti come Rimbaud, Montale, Eliot, Saint-John Perse… L’ho sparata grossa, eh? E dunque meno male che quei pezzi non si possono ascoltare da nessuna parte!
Davide
Nel corso della tua attività di tributo a Faber, quali sono state le più belle soddisfazioni?
Giuseppe
Ah, che bella domanda! Bella perché mi costringe a rievocare addirittura “le più belle soddisfazioni” all’interno di una situazione che già di per sé è sempre soddisfacente. Infatti, almeno per me, a parte la tensione di trovarsi di fronte ad altre persone e il conseguente imbarazzo nel sentirsi al centro dell’attenzione generale, suonare e cantare è sempre un’esperienza emozionante; e quindi non è facile scegliere quale sia stata la gioia più grande. Comunque, in questo momento, mi vengono in mente due esperienze, che riferirò in ordine cronologicamente inverso…
Forse la gratificazione più grande in assoluto, da un punto di vista “artistico”, l’ho avuta nell’agosto 2006 a Reggio Calabria. Intanto il posto era incredibile: abbiamo suonato infatti all’Arena dello Stretto, col mare e Messina alle spalle, sotto un cielo stellato di kantiana memoria… In più, un impianto simile non ci era mai e non ci è più capitato: abbiamo poi scoperto che nei giorni successivi avrebbero suonato lì Mango e la Nannini, e quindi abbiamo usufruito dello stesso service. Ci sentivamo divinamente sul palco, e questo fatto [lo so, non dovrei dirlo, ma lo dico perché è vero] ci ha permesso di suonare veramente bene, ed io ho cantato come poche altre volte mi è riuscito di fare. Non so: l’incanto del luogo, il livello ottimale dei suoni, la suggestione di un pubblico foltissimo ed entusiasta fin dal primo brano… Ogni tanto mi ritrovo a parlarne spontaneamente coi ragazzi della band, ed è per tutti – per loro ancor più che per me – un ricordo indimenticabile! Loro poi sono musicisti sul serio, non come il sottoscritto: e quindi puoi immaginare che soddisfazione nel sentirsi così apprezzati! Vabbe’, perdonami il trasporto: quando si è contemporaneamente sinceri e felici è difficile non essere un po’ enfatici…
Cercherò di ricompormi per narrarti l’altra esperienza, per la quale però non so bene come cominciare… Intanto ti dirò che la faccenda non riguarda la band ma me soltanto, e nemmeno in veste di “protagonista”, se così posso dire… Insomma, il fatto è questo. Trascurando le mie esperienze da giovincello imberbe, una delle mie prime esibizioni in assoluto (un trio acustico, con chitarra, flauto e violino), l’ho tenuta al Teatro Comunale di Sasso Marconi nel gennaio 2005. A parte che anche in quell’occasione l’emozione è stata pazzesca (non so perché ma il pubblico era davvero contento, tanto che solo di bis ho sostenuto quasi da solo un altro mezzo concerto), non è di quella sera che volevo parlare. Mi serviva però il riferimento a quella sera per dire che vari mesi dopo (forse anche un anno o più) l’organizzatore di quella serata, ovvero Danilo Malferrari. che è ormai diventato un mio caro amico, invitò gentilmente me e la mia consorte ad uno spettacolo dei Kinnara [un’ottima cover band deandreana, che vorrei salutare con calore e simpatia, visto che ne conosco alcuni componenti: in particolare i fratelli Sergio e Paolo Pardini, e Valeria, la simpaticissima figlia di Sergio]. Bene: mi sono gustato il concerto e poi, a fine serata, sono uscito per fumare una sigaretta. Appena fuori ho incontrato Romano Giuffrida (gli estimatori di De André lo conosceranno sicuramente per i suoi preziosissimi libri), al quale mi sono presentato e col quale mi stavo intrattenendo quando si è avvicinata timidamente una giovane donna con una grossa cartella sotto il braccio. Stava lì immobile e mi guardava di sottecchi. Io l’ho salutata e lei mi ha fatto un rapido cenno di risposta col capo. Proprio in quel momento stava sopraggiungendo Danilo, che evidentemente sapeva qualcosa… Infatti le si è avvicinato e le ha detto: “Coraggio, glieli faccia vedere”, o qualcosa del genere. Allora la donna mi si accostò e, mentre apriva la cartella, mi disse sottovoce: “Queste cose le ho fatte appena tornata a casa, dopo quel suo concerto… E’ lei che quella sera, con la sua voce, mi ha dato l’ispirazione…”, più o meno. Iniziò quindi a sfogliare la cartella e mi mostrò dei disegni incredibilmente belli, ispirati ad alcune canzoni di Fabrizio: in particolare mi colpirono due disegni dedicati a “Sally” (che dopo la mia esecuzione – pensa un po’! – era diventata la sua canzone preferita): un bosco dai colori incredibili e il famoso pesciolino d’oro, d’una bellezza che mi ha ricordato Klimt… Non voglio di nuovo cadere nell’enfasi, e quindi non tenterò nemmeno di descrivere ciò che ho provato nel sentirmi dire che quella dolce creatura aveva tratto ispirazione da me (cioè dalla mia esecuzione delle canzoni di Fabrizio) per fare quelle cose?! Purtroppo svanì così come era comparsa, in un attimo. E ancora oggi, ogni tanto, ripenso a lei e a quanto (alla faccia dei maliziosi…) mi piacerebbe incontrarla di nuovo. Chissà! Magari lì a Sasso Marconi, alla fine di un altro concerto…
Davide
E a seguito dei tuoi diversi tuoi tributi e contributi?
Giuseppe
Sui tributi a De André – che sono poi gli unici che porto in giro, anche se mi piacerebbe moltissimo dedicarne uno a Luigi Tenco – ho già detto più del necessario, temo… Quanto ai miei contributi, se intendo bene la domanda, devo distinguere.
Senza falsa modestia, credo di aver dato il meglio delle mie capacità (dopodiché poco mi importa se il loro livello potrà apparire trascurabile) sia nel sito da me realizzato, sia nel piccolo libro che ho dedicato al “primo” De André. Ma mentre il sito continua a darmi soddisfazioni quotidianamente, grazie a numerosi messaggi e persino telefonate, e soprattutto al fatto che da tali contatti siano addirittura nate profonde e stabili amicizie, per quanto riguarda il libro non voglio certo parlare di delusione, ma non posso nemmeno esultare per le reazioni che esso ha suscitato. Non posso negare di aver ricevuto anche per esso numerosi apprezzamenti, ma il fatto che dopo due anni non sia nemmeno esaurita una tiratura di mille copie è indicativo – se non del suo valore – della relativa indifferenza con cui è stato accolto. Fortunatamente la cosa non mi deprime, come non mi avrebbe esaltato un esito contrario: perché so perfettamente che fra il valore di una cosa e il suo successo non c’è sempre (per non dire che c’è raramente) una correlazione…
Davide
Hai dedicato tra l’altro un sito al gruppo Havana Football Club (ci sono diversi bei brani scaricabili), finalmente una formazione musicale attenta alle tematiche di impegno politico e sociale (davvero cosa molto rara oggi). Il gruppo annovera per altro musicisti che hanno suonato con Giorgio Gaber e hanno accompagnato gli spettacoli di Claudio Bisio. Perché, secondo te, è venuto quasi completamente meno l’impegno politico e sociale nella musica italiana di oggi? C’è stata una rivincita lungamente insinuata e riuscita di un qualche “controllo sociale”?
Giuseppe
Non è facile rispondere a questa tua domanda, che trovo tanto ben articolata quanto impegnativa… Sono però contentissimo che tu me l’abbia posta perché mi permetti di parlare del mio carissimo amico Roberto Leoncino, che è poi il fondatore e l’anima (spero non se l’abbiano gli altri bravissimi musicisti) degli Havana Football Club. Conosco Roberto da una vita, e con lui ho condiviso non solo alcuni giovanili sogni di gloria proprio in ambito musicale: il duo Cirigliano-Leoncino ebbe fra l’altro, ormai molti anni fa, l’onore di suonare a Sanremo (no, non al Festival, per carità!) come spalla di Roberto Vecchioni, il quale, in apertura della propria esibizione, formulò un elogio pubblico corrispondente di fatto alla nostra (o almeno alla mia) agitazione, ma anche (oserei dire) al consenso manifestatoci dal pubblico…
Per varie ragioni, io e Roberto abbiamo poi seguito strade diverse. Io, infatti, ho abbandonato ogni attesa o pretesa di carattere musicale, mentre Roberto ha continuato imperterrito a seguire la sua ispirazione: e ha fatto bene secondo me, perché non credo di farmi influenzare dalla nostra amicizia nel dire che oggigiorno, nell’ambito della canzone d’autore, non vedo in giro molta gente che riesca a comporre brani del valore di quelli proposti dagli Havana Football Club. Roberto è veramente un grande, ed io sono fiero della nostra amicizia…
Perché è rimasto uno dei pochi ad occuparsi di “impegno politico e sociale” tramite le canzoni? Intanto fra quei pochi, ma premettendo che non sono un grande conoscitore dell’argomento, vorrei fare i nomi di Max Manfredi e Alessio Lega: ai quali, proprio come per gli HFC, gli spazi istituzionali sembrano del tutto preclusi. Il che significa che in qualche modo più o meno subdolo un “controllo sociale” viene indubbiamente esercitato. Per fare un esempio, banale quanto significativo, l’ostracismo tacitamente proclamato per la canzone impegnata dalle TV pubbliche e private è, insieme, causa ed effetto di un generale disimpegno civile e politico, che ovviamente fa molto comodo a chi detiene il potere (politico, economico, mediatico, sociale…), perché l’impegno è necessariamente critica…
Davide
Hai ascoltato il remake dell’intero album “Non non al denaro, non all’amore né al cielo” (resta per me forse il capolavoro assoluto di Fabrizio insieme a “Creuza de mä”… oddio, ma anche “Anime salve”). fatto da Morgan? Che ne pensi? Secondo te, quali sono gli album capolavoro di Faber e quali le più belle reinterpretazioni delle sue canzoni?
Giuseppe
Penso dell’impresa di Morgan ciò che penso del tentativo di Pagani riguardo a “Creuza de mä”: e cioè che i capolavori, a qualunque ambito appartengano, sia meglio lasciarli stare… Più che un giudizio di valore sui loro dischi sto esprimento un’opinione personale e specifica, fondata sulla convinzione (che ovviamente può anche essere sbagliata) che – per quanto se ne possa migliorare l’impianto strumentale – ciò che nelle canzoni di Fabrizio non è replicabile, e quindi è irrinunciabile, è certamente la sua voce… Il che significa che nessuna reinterpretazione può essere all’altezza dell’originale. Posso comunque dire che trovo davvero pregevoli “Ho visto Nina volare”, “Hotel Supramonte” e “Amico fragile” nelle esecuzioni, rispettivamente, di Zucchero, Roberto Vecchioni e Vasco Rossi… Dello scempio compiuto da altri, in modo particolare a Cagliari nell’estate del 2005, preferisco attenermi al noto aforisma di Wittgenstein: “di ciò di cui non si può parlare, è meglio tacere”…
Per quanto riguarda l’album-capolavoro di De André, direi che semplicemente non esiste, secondo me; ma per una questione strettamente personale. Non esiste perché, a mio parere, un album senza “Via del campo” non può essere un capolavoro; ma “Volume I”, che la contiene, un capolavoro non è…
Davide
Chi sono, secondo te, i migliori cantautori di questo momento?
Giuseppe
I tre che ho nominato prima: Roberto Leoncino, Max Manfredi e Alessio Lega…
Davide
Stai preparando qualche novità?
Giuseppe
Ebbene sì, qualcosa sto preparando, ma con tutta calma e senza la volontà di portarlo a termini a tutti i costi: sia riguardo a De André che ad altro… Ma non chiedermi di rivelarti nulla: altrimenti che novità sarebbero? Se questa, come mi pare di arguire, è l’ultima domanda, permettimi di ringraziarti e di salutare tutti coloro che avranno la bontà e la costanza di seguire i miei sproloqui…
Davide
Grazie a te e… à suivre.