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Seta

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Locandina Seta
 
Quando ormai  le molteplici traversie lo avevano reso solo un progetto avvolto in una nebulosa, il maestro Francois Girard, che  aveva precedentemente curato la riduzione teatrale di “Novecento”, decide di mettersi alla guida di questo film, esponendosi a tutti i rischi connessi alla trasposizione cinematografica di un romanzo “difficile” come quello con cui Baricco ha raggiunto l’affermazione internazionale.
Le pagine di Baricco hanno la stessa consistenza della seta, scivolano via tra le mani del lettore impalpabili e forti, proprio come l’esistenza di Hervè Joncour scivola via  tra frammenti di un sogno fatto  durante quei viaggi che lo conducono dall’Europa alla fine del mondo, alla ricerca di preziosi bachi da seta.
Il tesoro più prezioso non  è racchiuso nei bozzoli, ma in un kimono di seta blu: una donna, i suoi occhi silenziosi, la grazia della sue movenze, un messaggio d’amore, l’acqua che, come la seta giapponese, è impossibile da trattenere tra  le mani.
L’immagine della donna immersa tra i vapori di un laghetto di acqua calda, incastonato tra le nevi del Giappone, sconvolgono la mente di Joncour , al punto da assumere le proporzioni di un’ ossessione ricorrente che rende la vita domestica , insieme alla moglie europea molto amata, infelice ed inquieta. L’assurda necessità di compiere un ultimo viaggio alla fine del mondo nasconde il disperato tentativo di rendere reale quell’amore che rimane, invece, in silenzio, proprio come le parole che, per l’evidente incomunicabilità tra le lingue, non possono dare voce ai sensi.
Girard sembra cogliere pienamente l’essenza della storia : l’erotismo tra Joncour e la donna giapponese rimane muto, sospeso tra una  comunicazione non verbale e tocco lieve. Non si può ignorare, tuttavia, che il film difetta di spessore introspettivo, perdendosi nella ricerca di un’estetica di altissimo livello  e nella lungaggine di alcune immagini visitate troppe volte.
La narrazione, in perfetto accordo con la colonna sonora,  si sofferma molto sulla bellezza di alcuni particolari, come  panorami di una natura così diversa ed aspra nel  passaggio da occidente ad oriente, come  riti minuziosi e sensuali sconosciuti agli occidentali.  Queste scelte stilistiche si riflettono negativamente sulla solidità interiore dei personaggi principali: Joncour, che  dovrebbe consumarsi nel rincorrere il sogno impossibile, la donna lontana, che lancia un disperato appello all’amato, la moglie europea, esclusa dalle gioie della maternità  e dai pensieri  che il marito non riesce a condividere.
Il cast annovera nomi di tutto rispetto, talenti emergenti e fuoriclasse,  ma è proprio Michael Pitt (straordinario in “Last Days”) a deludere in una interpretazione fuori parte, rigida, assente, lontana dall’intensità che un personaggio così sfaccettato avrebbe meritato.
L’innovazione del film rispetto al libro è il maggiore rilevo che viene dato alla  figura di Helene,  rappresentazione dell’amore europeo e concreto, artefice di uno straordinario colpo di scena finale che svela quanto sia facile perdersi nella struggente promessa di perfezione regalata dai  rapporti lontani e  quanto il tempo e lo spazio siano in grado di amplificare le emozioni.
Nelle fantasie è possibile sovrapporre un amore ad un altro, ma lo squarcio attraverso la seta è in grado di  mostrare che l’immagine in un lago potrebbe non essere la   stessa che appare nel sogno.

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