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Zodiac

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Il nuovo lavoro di David Fincher è una ricerca dettagliata e ossessionata di un assassino. Attraverso incartamenti e indagini, ricostruzioni e intuizioni, il regista cerca di svelare, a molti anni di distanza, l’identità di Zodiac, un uomo che terrorizzò (soprattutto dal punto di vista mediatico) la San Francisco della fine degli anni sessanta e dei primi anni settanta.

La prima parte del film è frammentaria e fluida allo stesso tempo. Fincher presenta i personaggi, ci mostra gli omicidi creando la giusta tensione, facendo colpire l’assassino nel momento più inaspettato, giocando con le dissolvenze ci immerge in un buio carico di ansia. Costruisce atmosfere cupe e inquietanti. La violenza e il sangue non sono elementi primari ma dettagli narrativi, quello che conta è l’incastro degli indizi, il loro amalgamarsi fino a formare una possibile verità. E la struttura del film inizia ad assomigliare sempre di più a quella di un’inchiesta vera e propria, il regista non usa le informazioni che possiede come un puzzle da fare ricostruire allo spettatore, ma come un enigma che deve risolvere prima di tutti egli stesso. Si sfalda quindi la canonica tensione del thriller, visto che sappiamo già chi sono le vittime e chi il carnefice e ci si addentra nei territori del cinema d’inchiesta, non politica o sociale, quanto poliziesca.

Nella seconda parte del film la narrazione diventa pura cronaca informativa, si cristallizza nella forma investigativa, la regia purtroppo si appiattisce, Fincher sembra solo interessato allo sviluppo cronologico delle indagini, rialza la tensione solo verso il finale, per poi lasciarsi andare a tutte le sue supposizioni, che servono da possibile soluzione per un caso che è rimasto senza colpevoli.

Zodiac è un film  imperfetto e non convenzionale (e questo potrebbe essere il suo fascino), che allunga i suoi tempi, soprattutto nella seconda parte, in maniera inadeguata, trasformandosi in una serie di indizi e deduzioni che sfiorano l’ossessione narrativa. Con questo però il cinema non ha nulla a che fare, soprattutto se le immagini non riescono più a trasmettere allo stesso modo angoscia e ossessione. Rimane un bel lavoro su atmosfere e personaggi, perfetti nei loro ruoli Mark Ruffalo, Robert Downey Jr e Jack Gyllenhaal, ma quella capacità di costruire narrazioni sorprendenti attraverso le immagini stesse (si pensi a Seven e Fight Club) sembra essersi smarrita nei meandri di una scrittura labirintica che alla fine rischia di perdersi dentro se stessa.
A Zodiac si erano ispirati anche per il criminale (Scorpio) del primo film dell’Ispettore Callaghan, ma lì Dirty Harry, come al solito, se la sbrigava a modo suo.


Trailer su YouTube.com

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