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Stranieri al voto… e Costituzione…

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[1]

 Pensare non è essere d’accordo o in disaccordo:
questo è votare.
Robert Lee Frost

 …Costituzione che non può essere sempre presa come modello sacro e inviolabile solo per i principi che di volta in volta fanno più comodo e manipolata nell’interpretazione, o peggio ignorata, riguardo quelli più “faticosi” da rispettare nella realizzazione di finalità politico-ideologiche di parte.

E´ evidente, nella nostra società civile, la forte importanza assunta dal problema della migliore integrazione di persone, che, soprattutto a scopo di lavoro, giungono in Italia da Paesi esterni all´Unione Europea[2]. Di conseguenza da più parti si levano periodicamente voci e si dispiegano iniziative affinché ad esse siano assicurati diritti civili e politici di maggior spessore, in particolare il riconoscimento ai soggetti residenti, ancora privi di cittadinanza europea, del diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali, o almeno in quelle circoscrizionali.

Tuttavia, a prescindere dalle convenienze delle forze politiche in campo, occorre affermare chiaramente che il diritto di voto per gli stranieri extracomunitari nelle elezioni amministrative (anche solo a livello circoscrizionale), non può essere disciplinato a livello locale[3].

La capacità elettorale e il conseguente diritto di voto, come “diritto fondamentale” è prerogativa dei soli cittadini italiani[4], e qualora si volesse attribuire il diritto di voto anche a cittadini stranieri extracomunitari[5] (limitatamente, per altro, alle sole elezioni amministrative degli enti locali, con esclusione delle elezioni regionali e soprattutto politiche), bisognerebbe modificare la Costituzione.

Le elezioni politiche (o “legislative”) sono, infatti, espressione della sovranità ex articolo 1 della Costituzione, il cui esercizio spetta al popolo, ovvero a una figura soggettiva composta dai cittadini italiani strictu sensu.

Il diritto di voto in favore degli stranieri può andare a incidere, semmai, sulla rappresentanza in organi che non sono titolari della potestà legislativa: province (non autonome), comuni, circoscrizioni e città metropolitane, a condizione che venga previsto in Costituzione.

A questo punto cosa si intende per “elezioni amministrative[6]“? Oggi appare del tutto semplicistico affermare che sono quelle riguardanti “organi che non hanno potestà legislative”, come anche dire che sono quelle in cui gli elettori votano per il vertice degli esecutivi comunali e provinciali. Col nuovo Titolo V della Costituzione[7], è paradossale, poi, definire come amministrative le elezioni regionali, in quanto i consigli regionali sono oggi organi di produzione legislativa al pari di quelli statali.

Dunque, una volta introdotto il principio con legge costituzionale sarà poi il legislatore nazionale a individuare i criteri particolari (periodo minimo di residenza, grado e criteri di integrazione, ecc.), per attribuire praticamente il diritto allo straniero.

Altrimenti l’unica altra modalità per integrare lo straniero e attribuirgli il diritto di voto rimane quella di agevolare ulteriormente il procedimento di attribuzione della cittadinanza italiana, argomento del quale pure si discute approfonditamente, nell’ottica di una riforma legislativa già all’esame del Parlamento. Certo è una soluzione che avrebbe il vantaggio di non richiedere la modifica della Costituzione, ma tutto ciò è altra cosa rispetto al diritto di voto agli stranieri.

 

Niente è più pericoloso di un’idea quando si ha un’idea sola

E.A. Chartier Alain



[1] Cfr. “Necessario modificare la Carta costituzionale” di Tommaso Edoardo Frosini, “Il sole 24 ore” – 20/09/2004, pag.23.

 

[2] Cfr. Parere del Consiglio di Stato – Adunanza 6 luglio 2005 Sezioni I e II; il Consiglio di Stato (con sede unica in Roma), è il massimo organo giurisdizionale amministrativo del nostro sistema, di secondo grado dopo l’istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali. Ha funzioni anche consultive, per cui esprime pareri in materia giuridico-amministrativa, che la legge può stabilire siano obbligatori o facoltativi per la Pubblica Amministrazione (es.il Governo stesso), e ancora “vincolanti” o “non vincolanti” per la conclusione dell’iter legislativo o decisionale.

 

[3] E in questo senso, oltre alla citata giurisprudenza costante del C.d.S. e alla pure concorde dottrina, sono ormai innumerevoli i provvedimenti governativi di annullamento delle delibere dei Consigli Comunali e Provinciali (Torino, Genova, Ancona, Jesi, provincia di Pisa, ecc.), tese a modificare i rispettivi statuti in materia di elettorato attivo e passivo per le elezioni amministrative e circoscrizionali, estendendolo agli stranieri non comunitari.

 

[4] “E´ appena il caso di sottolineare che non solo manca, nell´ordinamento, la necessaria disciplina relativa alla concessione e conformazione del diritto di voto dei cittadini di Stati esterni all´Unione Europea ma sono presenti nell´ordinamento stesso, norme che consentono di escludere che, a tutt´oggi, siffatto diritto sia stato riconosciuto nei sensi e nei modi costituzionalmente dovuti”, parere C.d.S. citato supra.

 

[5] I cittadini “comunitari” residenti sono già equiparati ai cittadini italiani, e dunque abilitati a votare per gli organi rappresentativi locali (e per i rappresentanti italiani al Parlamento Europeo), in forza di normative comunitarie, dunque già “coperte”, cioè riconosciute, a livello costituzionale come derivanti dai Trattati UE e CE.

 

[6] L’art.48 della Costituzione non prevede specifiche distinzioni definendo unitariamente il diritto di voto:

Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.

Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.

La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tal fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.

Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.

 

[7] Vedi Kult n.81-DICEMBRE 2001, rubrica DIRITTO.

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